Alejandro Elissagaray

Poeta argentino

ALEJANDRO   ELISSAGARAY è nato a Buenos Aires, nel 1954. Ha pubblicato, tra gli altri, i seguenti libri di poesia: Poemas ígneos (1976) e La piel de la hoguera (1979); i volumi Itinerarios (conversaciones con Luis Benítez, tomo I e II, rispettivamente nel 1995 e 1997), Diálogos de Atilio Jorge Castelpoggi con Alejandro Elissagaray e Intramundos (conversaciones con Elizabeth Azcona Cranwell); il saggio Los Universos de Castelpoggi (1997) e l’antologia La poesía de los ´80.  È collaboratore permanente della rivista Proa.

Le poesie di Alejandro Elissagaray

Los cánones y los silbos

Allí el oleaje,

La bahía soñada.

Su vehemencia espera a los castigados.      

Bebamos las espumas del diluvio

Como el eco ardiente del mar.

Allí el nudo de la sombra.

La luna que une a los culpables,

Allí la ignorada heroína de nieblas,

El soldado con llamas,

El soldado con nubes,

El soldado, el mar de los lechos enterrando sus rodillas

Y la noche.


I canoni e i fischi

Lì l’ondosità.

La baia sognata.

La sua veemenza aspetta i castigati.

Beviamo le schiume del diluvio

Come l’eco ardente del mare.

Lì il nodo dell’ombra.

La luna che unisce i colpevoli,

Lì l’ignorata eroina delle nebbie,

Il soldato con le fiamme,

Il soldato con le nubi,

Il soldato, il mare dei letti che seppelliscono le sue ginocchia

E la notte.

Laberintos

                      “Todo fluye” (Heráclito)

Nos abandonan,

Como pájaros subterráneos,

Arrojados en este perpetuo crujir

De alas.

Estallan y sucumben

Con la ternura y la soledad

De las piedras intactas,

Como oráculos roídos

Por las aguas del devenir.

¡Oh anfibio reino!

Todavía brotan esos cuerpos de asfalto

Y sacuden a la tierra con ecos desnudos.

No me agrada este mundo que apenas me contiene,

Esta nube errante que me ilumina y me engendra,

Esta insensata penumbra del hastío.

Temblar y abismar,

Casi lejos del tiempo,

Sobre esta cosmogonía exhumada

En las brumas.

Hay diluvios que anuncian el exilio

Entre las  esfinges.

Pero no hay ningún enigma:

Sólo la orilla del mundo.

Labirinti

               “Tutto scorre  (Eraclito)

Ci abbandonano,

Come uccelli sotterranei,

Scagliati in questo perpetuo scricchiolare

Di ali.

Esplodono e soccombono

Con la tenerezza e la solitudine

Delle pietre intatte,

Come oracoli rosi

Dalle acque del divenire.

Oh anfibio regno!

Ancora spuntano quei corpi di asfalto

E scuotono la terra con echi nudi.

Non mi piace questo mondo che appena mi contiene,

Questa nuvola errante che m’illumina e mi genera,

Quest’insensata penombra della noia.

Tremare e sprofondare.

Quasi lontano dal tempo,

Su questa cosmogonia riesumata

Nelle brume.

Ci sono diluvi che annunciano l’esilio

Tra le sfingi.

Ma non c’è nessun enigma:

Solo la riva del mondo.

Humanidad

               “¿Me conozco? Basta de palabras.

               Sepulto a los muertos en mi vientre

                                 Jean Arthur Rimbaud

Cada hombre en el fondo es un laberinto

Donde se exhuma el dolor,

Donde naufraga la sombra  sobre la orilla abierta

Del devenir.

Castigado por la distancia o el abandono,

El hombre, con su ilusión de estiércol,

Imagina el ocaso, el silencio de las

Lápidas, los engaños de la muerte,

Aunque un solo eco desesperado

Ilumine la lluvia o el cielo.

¿Quién puede olvidar este efímero trayecto?

¿Acaso es comprensible este destino que tiembla?

¿Por qué el tiempo arranca fulgores de plata a la noche?

¿Quién eres tú que sueñas bajo altos mundos?

Se deja oír el canto de la ciudad estival

Que clama entre lechos florecientes.

La muralla del gran planeta cerró sus ventanas

Al insomnio de la luna.

Hay un estertor de oscuros sonidos que ascienden

Desnudando el límite de la vida.

El dolor es un mito compartido.


Umanità

           “Mi conosco? Basta con le parole.

          Seppellisco i morti nel mio ventre…

                            Jean Arthur Rimbaud

Ogni uomo in fondo è un labirinto

Dove si esuma il dolore,

Dove naufraga l’ombra sulla riva aperta

Del divenire.

Punito dalla distanza o dall’abbandono,

L’uomo, con la sua illusione di sterco,

Immagina il tramonto, il silenzio delle

Lapidi, gl’inganni della morte,

Anche se una sola eco disperata

Illumina la pioggia o il cielo.

Chi può dimenticare quest’effimero tragitto?

È forse comprensibile questo destino che trema?

Perché il tempo strappa fulgori d’argento alla notte?

Chi sei tu che sogni sotto alti mondi?

Si lascia udire il canto della città estiva

Che implora tra letti fiorenti.

La muraglia del grande pianeta chiuse le sue finestre

All’insonnia della luna.

C’è un rantolo di suoni scuri che ascendono

Spogliando il limite della vita.

Il dolore è un mito condiviso.

La palabra amor

                                A  S. A.

 

La palabra amor fulgura

                 Con su respirar de auroras.

Tu mirada se abre como un huracán sediento.

La palabra deseo vierte

                                  La púrpura reluciente de penumbras.

 

Tus cabellos se irisan sobre la nieve alucinada

De la noche.

No hay ecos que no respiren tu nombre.

Los pliegues del abismo eternizan

Tu áureo cuerpo de medusa.

 

El delirio crece como la sensual iluminación

De los astros,

El delirio de amarte con su majestuoso

Rito que embriaga la sangre,

De navegar por tus costas

O en las milenarias colinas de tus ojos.

 

La parola amore

 

                     A  S. A.

 

La parola amore risplende

               Col suo respirare di aurore.

Il tuo sguardo si apre come un uragano assetato.

La parola desiderio versa

                                    La porpora lucente di penombre.

 

I tuoi capelli si iridano sulla neve allucinata

Della notte.

Non ci sono echi che non respirino il tuo nome.

Le pieghe dell’abisso perpetuano

Il tuo aureo corpo di medusa.

 

Il delirio cresce come la sensuale illuminazione

Degli astri,

Il delirio di amarti con il suo maestoso

Rito che inebria il sangue,

Di navigare lungo le tue coste,

O tra le millenarie colline dei tuoi occhi.