Marcello Marciani, nato a Lanciano dove vive, ha pubblicato cinque libri di poesia: Silenzio e frenesia (Lanciano, Quaderni di “Rivista Abruzzese”, 1974), L’aria al confino (Siena-Roma, Messapo, 1983), Body movements (Stony Brook-New York, Gradiva Publications, 1988, con traduzione a fronte di Amelia Rosselli), Caccia alla lepre (Faenza, Mobydick, 1995), Per sensi e tempi (Castelmaggiore, Book editore, 2003).
Ha partecipato come autore e attore a due spettacoli allestiti dal Centro di ricerca teatrale e musicale “Il teatro di Tatua”: Mar’addó’, nel 1988 (interamente basato su testi poetici in dialetto frentano) e Santa Oliva della Passione, nel 2000, opera di scrittura collettiva.
Le poesie che seguono sono tratte dalla sua ultima raccolta Nel mare della Stanza (Faloppio CO, LietoColle, 2006) di cui è possibile leggere anche una recensione di Achille Serrao.
Le poesie di Marcello Marciani
Eri diventata una bambina supplice
bisognosa di baci, farmaci, coccole.
La saldezza di un tempo secretata a briciole
di smarrita dolcezza, smaniose idee.
Sei ritornata la mia regina complice
per attentare al tempo e alle sue trappole.
Per allietare i risvegli stracchi e i sandali
a passi lievi, scalpiccianti ipogei…
E aleggia stanotte il gâteau di mandorle
la sua fragranza di burro e limone
la cascatella di molliche soffici
carezzevoli su faccia e lenzuolo.
Spande impudenze di lievitazione
a mezza via fra delizie e domande:
sei tu? mi prendi per la gola? soffochi
con trapassato aroma il mio star solo?
Quando ho comprato l’auto nuova hai scosso il capo:
quanto mi dispiace non farti compagnia
non posso nemmeno affaciarmi per mirarmela
andrà a finire che non la ingegnerò mai.
Bando e lancio l’auto se t’avverto daccapo:
non posso nemmeno la cintura allentartela
farà patire ma non mollerò mai
tanto mi piace scarrozzarti in altra via.
Perché diventa un’altra l’auto che ti porta
domando dove vado? e giri indietro il capo
cerco un’area di sospta e arranco e inchiodo al centro
di un labirinto che si ramifica in capo
perché a ritroso ingrano le tue marce e in cento
specchietti d’auto ti moltiplichi scomposta.
Ti sogno all’alba e dici: ma che scrivi
in che porti segreti te ne vai
perché alludi e ti perdi in una calca
di accordi risciacquati lungo il verso.
Ma capiscimi è tutto il tuo sommerso
che mi scianna nel sonno di una barca
è questo maremadre che non fai
ballare così a fondo finché vivi.
Barcollo su risucchi di parole
attracco fra le boe che mi hai lasciato
la tua corrente all’alba pare gelida
e tento di scaldarmela col fiato
nuotarci dentro fino a che il tuo sale
mi impasti come un tuo reperto sapido.