Presto da sempre molta attenzione all’aspetto esterno di un libro, perché, se realizzato bene, dalla copertina e dalle bandelle, quando ci sono, si evince il messaggio che autore ed editore, in estrema sintesi, vogliono inviare al potenziale lettore, per stimolarlo e convincerlo a proseguire nella lettura.
Per quanto riguarda Storia di Margherita di Graziella Tonon (La Vita Felice, 2023) la poesia riportata in quarta di copertina con la sua levità, la sua capacità immaginifica di proiettarci, con poche ed esatte parole, in un felice, irripetibile istante di una storia amorosa, ci avvince e conduce a proseguire nella sua lettura. Ed ecco la poesia: “A sollevarla in volo / come un soffione in turbinio a primavera / fu l’impermeabile // bianco nel vento / identico a quello di Humphrey Bogart / in Casablanca”.
Un’ulteriore spinta alla lettura, nel primo risvolto, ci viene dalla sintesi, tratta dall’ottima postfazione di Antonio Prete: «Un dire che è evocare, un evocare che è fissare un’immagine – con il suo color seppia che sa d’antico – non in una cornice dorata, ma sulle pareti di un tempo che manda ancora lampi dalle sue ceneri. E chiama a un rammemorare che salva volti, sorrisi, toni di voce, colori di abiti, forme di oggetti, per disporli dinanzi a sé, e dinanzi al lettore, come figure di un’epoca trascorsa e insieme di un’affezione che resiste al fuggitivo. La storia di Margherita è una biografia per flash poetici, nei quali le parole si cercano tra di loro per ricomporsi in un ritratto, in un ricordo, in un gesto perduto e allo stesso tempo sospeso ancora nell’aria». Giudizio che, a lettura terminata, confermo e sottoscrivo.
Nel secondo risvolto infine da una breve biobibliografia apprendiamo che: Graziella Tonon è nata a Milano dove abita. Ha pubblicato cinque raccolte di poesia: Irma, All’insegna del Pesce d’oro di Vanni Scheiwiller,1996; Diva, Manni 2000; Traslochi, Manni 2008, Nino e gli altri, La Vita Felice, 2016, La casa col tiglio, La Vita Felice 2021. Sue poesie sono apparse in antologie, riviste e in diverse plaquette delle Edizioni Pulcinoelefante.
Nell’architettura del libro la storia della protagonista si articola nelle sezioni: Dopoguerra, Turbamenti, Il grande amore, Verso il confine.
La scelta dell’autrice di non apporre nessun titolo alle poesie, è una callida iunctura (una combinazione di parole particolarmente accurata che si avverte scorrendo nell’indice il primo verso dei componimenti) e, al tempo stesso, non offre nessun indizio allo scopo di mantenere viva e far crescere l’attenzione alla storia e condurci spesso verso un sorprendente (e a volte stupefacente) finale.
Leggendo il libro notiamo l’ingannevole e avvincente semplicità dei testi, il non abbondare in aggettivi ed avverbi, l’evitare ogni superfluità, in controtendenza con la verbosità e l’oscurità di tanti poeti contemporanei.
Ed ecco una mia spigolatura nelle singole sezioni della raccolta.
Già in DOPOGUERRA, emerge, e si confermerà anche nelle altre sezioni, la capacità della Tonon di racchiudere decenni di storia in un’immagine, in un fatto, in un gesto, in un oggetto: il latte della nonna, che arrivava “quasi sempre cagliato” (a p. 9); “la prima notte / dentro a una grande valigia di pelle” (p. 10); il primo anno nella vecchia casa: “niente riscaldamento / niente acqua corrente / e per bagno / uno sgabuzzino buio sul terrazzo” (p. 10); la nonna che nelle scarne parole “nascondeva la dolcezza nel dialetto. / Lo stesso delle vecchie filastrocche / ritmate lente / a bassa voce” (p. 12); il nonno descritto attraverso il suo vestiario (p. 13); il ritratto di bimba sul trono di scale con sfilatino e uva regina (p. 21); la critica degli adulti sul cambiamento, ieri televisione (oggi smartphone) che non impedisce anzi può favorire – com’è accaduto a Margherita – l’amore per la letteratura (p. 27); il gioco delle targhe con il quale un tempo si ingannava la noia (p. 30), un fotoromanzo uscito da una pagina strappata da “un vecchio rotocalco per adulti” (p. 34); il sogno infranto di una mancata attrice di prosa (p. 37).
In I TURBAMENTI: le calze di nailon a segnare “come un rito di iniziazione / il passaggio ai primi innamoramenti” (p. 41); lo sboccio di “un seno senza reggipetto” (42); i turbamenti adolescenziali che “si accendevano e duravano un niente” (p. 43); l’innamoramento descritto attraverso il mutare del colore dei capelli (p. 44); l’estate della maturità (p. 54); quel “piccolo bar con tocchi di peccato” con “confidenze, corteggiamenti, primi baci” (p. 55); il padre “uccellino appollaiato” che assiste alla tesi di laurea della figlia (p. 56).
In IL GRANDE AMORE: l’amore che “è cresciuto silenzioso” (p. 59); l’uomo di Margherita in cui “si celava / l’animo poeta di un bambino” (p. 60); il coup de foudre (la poesia, già prima citata, nella copertina del libro, p. 63); la convivenza silenziosa e il quotidiano scambio alimentare “sempre in silenzio” (p. 68); l’amore fatto di piccoli affettuosi scambi di tenerezza, perché “basta poco per tenere in caldo l’amore” (p. 69); quell’amore che può durare se c’è “l’allegria dei cuori” (p. 72).
In VERSO IL CONFINE: L’irrimediabile cambiamento, Il “Nail art” dove c’era il negozio Mani di fata (p. 75); il ritorno della preghiera recitata da bambina (p. 80); i vestiti dismessi che “sono le parole di una vita” (82); lo spostarsi dalle spiagge del Levante al Ponente ligure “ogni volta di più / come il sole al tramonto” (p. 86); il nuovo innamoramento dopo la morte di tanti amici e conoscenti (p. 89); e infine il magistrale dissolversi di una storia nella quale il corpo disfatto si trasforma in fiore e guarda il mare (p. 90)
Nel concludere questa recensione restano impressi in chi legge lo sguardo fanciullo di Graziella Tonon e l’ammirazione della maestria dei suoi incipit (“Quando è morto Nemecseck / solo il libro / si è accorto che piangeva”, a p. 36) e delle sue chiuse: “il primo amore è stato un baco” (p. 14), “trovava sempre il piede / della sorella più grande” (p. 19). Per citarne solo due tra i tanti.
Da quanto sopra forse si sarà compreso che a me il libro è piaciuto, molto, e che i 13 euro per acquistarlo sono ben spesi.