[OTTOBRE 2022] La ruota di Duchamp di Maurizio Rossi, Edizioni Cofine, pp. 166, ISBN 9788898370924, euro 15,00
Recensione di Francesco Sirleto >>>>>
Recensione di Maurizio Rossi >>>>>>
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IL LIBRO
Ciascuno dei due protagonisti del romanzo (Umberto e Valeria), scrive Sandro Montanari nella prefazione, «custodisce un silenzio fremente, uno strappo doloroso, una sconvolgente verità, un’immagine celata in cui l’altro inconsapevolmente si rispecchia.
La famosa opera di Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta, da cui il romanzo trae il titolo, è la metafora perfetta di questa “stabile disarmonia”: una ruota scura di bicicletta applicata al contrario su uno sgabello chiaro di legno. Una compresenza di polarità opposte, di luce e di ombra, di forma circolare e di forma quadrata, di movimento e di immobilità, di prodotto in serie anonimo e di prodotto artigianale personalizzato.
Ed è tra due oggetti comuni, come la ruota e lo sgabello, in questa infinitesimale fessura tra due storie di vita apparentemente scontate, che si innesta la trama, il gomitolo narrativo che si svolge fino a collegare le vite dei protagonisti. Da questo incontro, a poco a poco, la parola intraprenderà un cammino sotterraneo verso la luce, il dolore inizierà a scavare un passaggio per fluire, le ferite troveranno lenimento».
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NEL LIBRO
La Prefazione di Sandro Montanari
Dopo le prime pagine, ormai adagiato sulla poltrona con la certezza in tasca di sapere cosa accadrà nelle righe successive, proprio in quel momento, il lettore scopre di trovarsi in una foresta di vetri, in un groviglio di rimandi che lo disorientano e lo trascinano nelle sabbie mobili dell’inconscio.
È qui che prendono forma gli impulsi, i pensieri indicibili, i sogni, i conflitti e le contraddizioni dei due protagonisti, ovvero le parti in ombra, le aree cieche non accettate e scisse della personalità che entrambi tendono a proiettare all’esterno, a reificare nelle relazioni.
Non è un caso che l’uomo e la donna abitino l’uno di fronte all’altra. Come in un quadro di Hopper si affacciano dai rispettivi balconi, si osservano in un gioco di sguardi che somiglia a una danza vicina al fuoco, nel corso della quale – a tratti – viene illuminata la parte oscura di sé. Ciascuno dei due custodisce un silenzio fremente, uno strappo doloroso, una sconvolgente verità, un’immagine celata, in cui l’altro inconsapevolmente si rispecchia.
La famosa opera di Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta, da cui questo romanzo trae il titolo, è la metafora perfetta di questa “stabile disarmonia”: una ruota scura di bicicletta applicata al contrario su uno sgabello chiaro di legno. Una compresenza di polarità opposte, di luce e di ombra, di forma circolare e di forma quadrata, di movimento e di immobilità, di prodotto in serie anonimo e di prodotto artigianale personalizzato.
Ed è tra due oggetti comuni, come la ruota e lo sgabello, in questa infinitesimale fessura tra due storie di vita apparentemente scontate, che si innesta la trama, il gomitolo narrativo che si svolge fino a collegare le vite dei protagonisti. Da questo incontro, a poco a poco, la parola intraprenderà un cammino sotterraneo verso la luce, il dolore inizierà a scavare un passaggio per fluire, le ferite troveranno lenimento.
Il romanzo è, pertanto, la rappresentazione di un processo dialogico tra parti diverse del sé, un processo che porterà al disvelamento di segreti, all’apertura di spiragli di senso nel buio nel quale l’uomo e la donna hanno da sempre vissuto, alla trasformazione della fessura in un prezioso canale di comunicazione.
Con la malattia che improvvisamente lo colpirà, l’uomo sembra incarnare questo desiderio: una parte del suo corpo rimane offesa, statica, l’altra conserva la forza, il movimento. E da qui partirà un lavoro di riabilitazione, di ascolto, di sintonizzazione, di dialogo con la memoria, di cucitura del pensiero con il gesto.
La donna appare e scompare nella scena, si muove nel tempo e nello spazio e, al di fuori del suo rassicurante rifugio, nella dimensione simbolica del ritorno che le farà visita, si lascerà cadere nell’abisso che per tanto tempo l’ha separata dal padre, incontrerà il suo fantasma e si riconcilierà con lui.
L’Autore trasfigura poeticamente i movimenti interiori dei due protagonisti: Umberto e Valeria, due funamboli che ridisegnano il filo del destino con la punta della matita, con la delicatezza della passione, con la fragilità del silenzio dal quale sboccerà la parola nuova.
La stessa architettura del romanzo è isomorfica con i suoi contenuti. Nel testo, infatti, abitano due anime.
Nella prima il tempo è lineare, i nessi causali sono chiari, accadono piccole cose che, per stratificazioni successive, si trasformano lentamente.
Nella seconda il tempo è a mosaico, appaiono ellissi narrative, slittamenti di contesto e di scena, salti temporali, succedono fatti molto importanti, anche drammatici, irrompono domande, c’è movimento rapido.
Ecco la Ruota di Duchamp… nascosta nella stessa struttura diegetica, a volte statica e persino prevedibile, altre dinamica e aperta all’inatteso. E tutte assumono peculiare significato solo se in relazione le une con le altre.
È questa la straordinaria abilità dell’Autore: saper intrecciare al telaio i fili dell’ordito, sempre uguali a se stessi, con quelli della trama, differenti per sfumatura e spessore.
L’effetto è una morbida trapunta a riquadri che – come ci insegna Bateson – non è la storia dei vari pezzi di stoffa di cui è fatta. È la loro combinazione in un nuovo tessuto che dà calore e colore.
Sandro Montanari
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L’AUTORE
Maurizio Rossi, medico specialista attualmente in pensione, scrive in lingua e in dialetto romanesco.
Nel 2008 ha pubblicato la prima raccolta poetica Dal pozzo al cielo a cui sono seguite: Tempo di tulipani, 2009; Sono aratro le parole, 2011 (Lietocolle); Che resta da fare, 2014 (Lietocolle); Cercanno leggerezza, 2015, in dialetto romanesco; La veglia e il sogno, 2019 (Ed. Cofine, Collana Aperilibri).
Collabora con scritti e recensioni al sito web “Poeti del Parco”; è nella redazione della rivista “Periferie”, diretta da Vincenzo Luciani e Manuel Cohen.
È socio di “La Primula”, associazione tra volontari e famiglie di disabili, nella quale partecipa al laboratorio teatrale integrato e agli spettacoli messi in scena. È tra i promotori dell’Associazione “Casa delle Poesie Centocelle” nel territorio del V Municipio.
La ruota di Duchamp è la sua prima opera in prosa.