Una suggestiva lettura de “La ruota di Duchamp” romanzo di Maurizio Rossi

Lettura di Massimo Gargiulo*

Per parlare del libro di Maurizio Rossi partirò da molto lontano. Manzoni nel suo periodo parigino era entrato in contatto con gli idéologues, i quali sostenevano la natura della storia come scienza esatta. Ciò influenzò molto la concezione della letteratura che avrebbe poi maturato lo scrittore. Se essa, da un lato, doveva rispondere a fini etici e civili, dall’altro doveva ispirarsi al vero, alla storia appunto, ma facendo emergere anche il ruolo svolto dalle masse anonime. In una fase importante della sua produzione Manzoni fece ricorso alle due idee del “vero storico” e del “vero poetico”: quest’ultimo doveva rappresentare la verità soggettiva dei personaggi e le vicende e la vita degli umili, cui la storia ufficiale non presta attenzione. Così egli espresse tali idee nella famosa lettera a Chauvet: “Perché, in sostanza, cosa ci dà la storia? avvenimenti noti, per così dire, solo esteriormente; ciò che gli uomini hanno fatto; ma ciò che hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro deliberazioni e i loro progetti, i loro successi e insuccessi, i discorsi con i quali hanno fatto e cercato di far prevalere le loro passioni e le loro volontà su altre passioni e altre volontà, con i quali hanno espresso la loro collera, effuso la loro tristezza, con i quali, in una parola, hanno manifestato la loro individualità, tutto ciò, tranne pochissimo, è passato sotto silenzio dalla storia, e tutto ciò forma il dominio della poesia”.

Il riferimento a Manzoni non è finalizzato chiaramente a istituire alcun parallelo con il libro che stiamo presentando, ma a illustrarne una macro-caratteristica che mi sembra rilevante. Maurizio Rossi ha per così dire poggiato la vicenda narrata, quella del protagonista Umberto e degli altri che formano la sua trama di relazioni, su di un tessuto più ampio, e le due dimensioni sono destinate a incontrarsi e intrecciarsi. Quel tessuto più ampio si compone a mio avviso di due trame principali: la storia generale e una domanda, forse implicita, di senso.

La vicenda si svolge infatti al margine del secondo lockdown, di cui segue le tappe di uscita progressiva. Il lettore è indotto a ritornare con la memoria a quel sentimento diffuso e collettivo. Questo macro-contesto è lo sfondo, ma non solo. Il paradosso del romanzo è proprio che quel periodo di sospensione delle relazioni a livello mondiale, diviene per il protagonista l’innesco per vivere per la prima volta le sue proprie relazioni in forma piena. Umberto passa dalla incomunicabilità del tempo delle relazioni permesse, alla comunicazione del periodo dei decreti di chiusura. Risuonano le statistiche della sera, le conferenze stampa del Presidente del Consiglio e in questa grande storia si inserisce quella personale, altrimenti anonima, del protagonista. Su questa verità storica, per rimanere nel linguaggio manzoniano, si innesta un’altra dimensione realistica minore, quella dei quartieri di Roma, che viene restituita con la dettagliata indicazione delle vie, dei mezzi di trasporto, dei cassonetti ricolmi e le strade malmesse. Nella confidenza con cui il protagonista vi si aggira è riconoscibile un chiaro elemento autobiografico dell’autore.

L’altra trama complessiva a cui facevo riferimento è appunto quella della ricerca di senso. Tutti i personaggi hanno qualcosa di profondamente irrisolto, che viene sapientemente svelato dall’autore un po’ alla volta, fino alla scena finale del libro. La loro personale vicenda assume un carattere che li trascende nel momento in cui si trovano a confrontarsi con tematiche che non sono solo personali: la reale possibilità per gli esseri umani di comunicare tra di loro, di parlarsi e ascoltarsi, di entrare veramente in relazione; la capacità della religione, o di un ambiente religioso, di divenire uno dei due termini della comunicazione, in grado apparentemente di ascoltare e rivolgersi agli uomini nel loro profondo; il ruolo dell’arte, una delle rare forme di sublimazione indiscusse nel libro. I rapporti tra le persone divengono, nella incapacità di comprendersi che le caratterizza, una sorta di figura della insondabilità del significato complessivo dell’esistenza. Ne emerge un quadro venato di pessimismo. L’autore, tuttavia, sembra lasciare una speranza, una finestra aperta – uso una delle immagini più frequenti del libro. Si tratta della disponibilità degli esseri umani a un’attesa paziente, lenta, che con la sua calma permette lo scioglimento dei nodi più duri. È questo il punto a cui conducono le lente rivelazioni che avvengono nei personaggi. Tale soluzione, tuttavia, assume i connotati di un compromesso, in cui si sa che tutto non si può avere, che una zona d’ombra rimane necessariamente. La saggezza raggiunta si configura come la serena accettazione dell’imperfezione. Essa passa inoltre per un fallimento proprio, o della propria famiglia, o di entrambi, che può determinare la condanna definitiva o l’assoluzione propedeutica a un nuovo inizio. Non a caso utilizzo termini come condanna e assoluzione, altra spia di una religiosità che di continuo si affaccia in controluce nel testo.

In questa dinamica la storia fa da sfondo a una dimensione intima. Più che dare voce alle masse, il romanzo è espressione di un mondo piccolo borghese colto, amante dei concerti, degli incontri all’aperitivo, delle case al mare, ma anche delle passeggiate nelle zone periferiche di Roma, degli sguardi da un balcone all’altro. È all’interno di questo mondo che si dipanano i percorsi di formazione di cui dicevo.

In sostanza,  La ruota di Duchamp è un romanzo di formazione, seppur con un paradosso: tale formazione riguarda persone che sono in una fase avanzata della loro vita, in età da pensione. Anche questo è segno di quel filo di attesa paziente che è una delle chiavi dell’opera.

Resta un’ultima annotazione sulla scrittura e l’organizzazione della materia. Il romanzo procede in maniera tale che, al progredire della vicenda, facciano riscontro sezioni di ricordo, il non detto sul passato necessario perché personaggi e lettori comprendano il presente. La scrittura è per lo più attenta e controllata. Si nota una tendenza all’esattezza delle descrizioni e ai particolari, ad esempio per quanto riguarda gli interni.

Il livello lessicale e lo stile ben si adattano all’ambiente sociale rappresentato e sono un riflesso confacente al cadenzato risolversi della vicenda.


 *professore di lettere classiche nei licei e di lingua e letteratura ebraica presso l’Università Gregoriana di Roma