Nella “Bianca” di Einaudi in agosto è apparsa l’ultima raccolta di Giancarlo Consonni, un poeta sopraffino che ha regalato – e noi gli siamo grati – al nostro sito una scelta autoantologica di poesie tratte dalle sue precedenti raccolte in lingua e in dialetto (https://poetidelparco.it/giancarlo-consonni-poesie-scelte/) ed essenziali note biobibliografiche. Queste che seguono: Giancarlo Consonni è nato a Merate, in Brianza, nel 1943. È professore emerito di Urbanistica al Politecnico di Milano. Ha pubblicato raccolte di poesie sia nel dialetto di Verderio (LC) – Lumbardia (i Dispari 1983), Viridarium (Scheiwiller 1987) e Vûs (Einaudi 1997) – sia in italiano: In breve volo (Scheiwiller 1994), Luì (Einaudi 2003), Filovia (Einaudi 2016) e, con lo pseudonimo di Jean-Charles d’Avec Sommeil, Oblò (LietoColle 2009). Da ultimo la raccolta Pinoli (Einaudi 2021). Sulle origini della sua poesia ha scritto Da grande voglio fare il poeta (La Vita Felice 2013).
In questa raccolta Consonni si conferma come un indiscutibile maestro (anche se lui “non se la tira”) delle forme brevi e lievi come quella di invito, in copertina, e che misura il “Peso” di un bombo, di una farfalla e di un’ape che i consapevoli fiori apprezzano ed accolgono.
Il libro (96 pagine di testi) si “beve” tutto di un fiato, con poesie che sorprendono e avvincono per la loro scorrevolezza (frutto di duro “labor limae”) senza le astruserie e forzature oggi molto in uso, con poesie che nascondono tuttavia, sensi e pensieri profondi nella loro apparente semplicità e che richiedono quindi una più approfondita seconda lettura. E Consonni soccorre il lettore più attento, e da lui più ricercato, con brevi note d’autore.
Non sfuggirà al lettore attento il duplice talento, immaginifico e musicale, racchiuso nella raccolta che, non a caso, nella intitolazione delle prime due parti: “Les petites heures” e “Les grandes heures” esalta le immagini (nella prima traendo ispirazione da “luoghi e paesaggi” di Laigueglia, nel savonese, in Liguria, e nella seconda con il rimando all’opera del Duc de Berry, “per la sintonia con i mesi restituiti nelle miniature”). Nelle altre tre parti è evidente e palese invece il richiamo musicale: “Sonatina”, “Interludio” ed infine “Oratorio”.
Nella sezione “Les petites heures” segnalo le poesie, oltre alla già citata “Peso”, “Parola” (Porgere la parola / al silenzio / come all’amata / un fiore), “Respiro”, “Pugni” (Si chiudono / le belle di notte. / Pugni / rinserrano / il buio), “Preghiera”, “Cecità” (…La parola è buio e luce).
Nella seconda parte, trovo straordinaria “Frumento” per la fusione di colore e musica: “Intona il Gloria in excelsis / il papavero / e sale sommesso / il controcanto del fiordaliso. // Rosso, blu e giallo oro / non è il paradiso / è solo un campo di grano”. E non è da meno la magistrale “Uva”: “Si fa ronzio / il dolce dell’uva” in cui non è nominata l’ape ronzante attratta dalla soavità del grappolo maturo. Una poesia che non sfigura a fronte di famosissimi distici della nostra letteratura.
Nella sezione “Sonatina” spicca la poesia “Pinoli” che dà il titolo all’intera raccolta, sotto forma di dialogo – si intuisce con una donna amata: “Si decide / ad aprire i pinoli. / «Incredibile / dopo un anno / sono ancora teneri», // Mi guarda / come si guarda un sordo: / «Sono ancora teneri!» // Penso alle ore / tenere e senza guscio”. Molto profonda, e con scelta di pochi esatti vocaboli, è pure “Le parole” (Resistono / le parole tra noi / come le erbe errabonde / nelle insenature dei coppi).
Nella sezione “Interludio”, il modo migliore di ricordare un amico poeta è dare forma e sostanza ad una nuova poesia “L’ascolto” (attitudine rara anche tra poeti), rimemorando e incastonando due versi, in questo caso del poeta (sognante e leggero) in romagnolo Tolmino Baldassari (1927-2010): “Già l’ascolto / si fa volo / respiro da una pioppa all’altra. / E canto sommesso / quello stare tra noi / nel silenzio della finestra”. Dedicata al compianto Franco Loi, e in cui figurano altri amici eccellenti poeti, è la poesia “Convivio”.
Nella parte finale, “Oratorio”, confluiscono le poesie dedicate agli affetti più intimi e familiari come ad esempio in “Scarpe” (Per chilometri / le scarpe a tracolla / da mettere intatte / all’ingresso della chiesa. / L’educazione cominciava / dalla pianta dei piedi) nella quale si misura la differenza tra una generazione che mirava alla durabilità degli oggetti all’insensatezza dei tempi odierni dell’usa e getta. Senza tanti sproloqui sulla… transizione ecologica, abbondante di parole quanto avara di esempi di rieducazione quotidiana. Sentite quanta delicatezza e pudore aleggia in “Carezze” (Le carezze in amore? / Sconosciute. / Supplivano scialletti / sulle spalle ossute, / già ai primi freddi).
Il poeta urbanista si coglie nella nostalgica e ironica poesia “Via Archimede 26 su un cambio di destinazione di un’antica autorimessa trasformata in uno spazio in cui “Rimossi muffe, olî e limature / vi sfilano ora incrociando i passi / modelle dalle mamme acerbe e crude”. (in corsivo una citazione da Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata, IV, 31).
Concludo questo invito all’acquisto (solo euri 10,50, molto ben spesi) e alla lettura con la poesia “L’ultima farfalla”, da lirico greco (e non haiku, come si lascia intendere, fuorviando, nella quarta di copertina): “L’ultima farfalla / sull’ultimo fiore. / Così l’amore dei vecchi”.