ROBERTO PAGAN
(Dialetto triestino)
ISCHITELLA DEI MIRACOLI
Pena che lo go visto ’sto paese
rampigà su pei monti come i altri
né più bel né più bruto me ga parso
dei altri, un nido de cocai che qua i se smola
zo in pichiata sui laghi de bisati
che xe do speci a far più lustro el mar.
Ma co’ i me ga mostrà l’albero strano
strucà tra una ceseta e un benzinaio
col tronco come piera de basalto e un urlo
de rami spiritai, pian – me son dito – pian
che qua le volte nassi anca miracoli.
El santo – i disi – ga piantà el baston in tera
e la matina za fioriva un cipresso: ma el diavolo de note
ghe lo s’ciantava per dispeto. E tira e mola
xe andà ìvanti la storia, se capissi,
tra el ben e el mal, tra el santo e quel cavron
che no sa far coverci. Infin chi che ga vinto
no savemo, pur l’albero xe là che te lo vedi
in pie da setezento ani nero de legno imbalsamà.
Xe logo de miracoli, credème. No per gnente
[in un giorno
me son fato de colpo vinti amici. Xe tera de poeti
e un albero che cressi xe quel de le parole,
ogni foia una silaba, un verso in ogni ramo.
Oto ani ga adesso l’albero dialetale:
ognidun ne la su’ lingua, una babele? Invezi
qua tuti se capissi.
(2012)
ISCHITELLA DEI MIRACOLI – Appena l’ho visto, questo paese / arrampicato sui monti come gli altri / né più bello né più brutto mi è sembrato / degli altri, un nido di gabbiani che di qua si lanciano / giù in picchiata verso i laghi delle anguille / che sono due specchi a fare il mare più lucente. // Ma quando mi hanno mostrato l’albero strano / chiuso tra una chiesetta e un benzinaio / col tronco come pietra di basalto e un urlo / di rami spiritati, piano – mi sono detto – piano: / che qui alle volte possono nascere anche miracoli. // Il santo – dicono – piantò in terra il suo bastone da pellegrino / e la mattina già germogliava un cipresso: ma il diavolo di notte / glielo schiantava per dispetto. E tira e molla / andò avanti, si capisce, la lite / tra il bene e il male, tra il santo e quel caprone / che non sa fare i coperchi. Alla fine chi ha vinto / non lo sappiamo: eppure l’albero è là come lo puoi vedere / in piedi da settecento anni, nero, di legno imbalsamato. // È un luogo di miracoli, credetemi. Non per niente in un giorno solo / io mi son fatto di colpo venti amici. È terra di poeti // e un albero che cresce è quello delle parole / ogni foglia una sillaba, un verso in ogni ramo. Otto anni ha adesso l’albero dialettale: / ognuno nella sua lingua, una babele? Invece / qua tutti si capiscono.
ROBERTO PAGAN è nato nel 1934 a Trieste, dove si è formato nella scia degli ultimi rappresentanti di quella grande stagione giuliana della cultura mitteleuropea: Saba, Giotti, Stuparich, Marin. Dal 1969 vive tra Roma e la Maremma toscana. Scrittore, critico e poeta, la sua opera in versi è compresa in: Sillabe, 1983; Genealogie con ritratti, 1985; Il velen dell’argomento, 1992, Per linee interne, 1999; Miniature di bosco – 101 haiku, 2002; Vizio d’aria, 2003, Il sale sulla coda, 2005, Archivi dell’occhio, 2008, Alighe, 2011 (vincitore del premio “Città di Ischitella-Pietro Giannone” 2011); Le belle ore del Duca, 2012 Robe de no creder (Cose da non credere). Versi in dialetto triestino, 2014, Una finestra sul mondo. Antologia, Là dove il periplo si chiude. Poesie 1963-2016 (2017). Nel 2015 ha raccolto nel volume Un mare d’inchiostro. Pagine su ‘pagine’ e altri cabotaggi la sua produzione critica degli ultimi quindici anni (Edizioni Cofine, Roma).
Nel 2011 con la raccolta Alighe è stato vincitore del premio “Città di Ischitella-Pietro Giannone”
Ecco la scheda con alcuni testi
https://poetidelparco.it/alighe/
VIDEO
ALTRE LINGUE – Achille Serrao 2020
da 43 Poeti per ischitella, a cura di Vincenzo Luciani, Introduzione di Rino Caputo, pp. 72, illustrazioni, euro 15,00
Info sul libro: