Walter Cremonte

Respingimenti. L'esilio e il naufragio

Il poeta Walter Cremonte, nato a Novi Ligure nel 1947, vive a Perugia, dove è stato insegnante di Liceo e dove, tra il 1979 e il 1993, ha pubblicato alcune raccolte poetiche, i cui testi sono in buona parte confluiti nella raccolta Contro la dispersione (Guerra Edizioni, Perugia 1999). È del 2005 A margine (Crace, Perugia) che contiene riflessioni critiche sulla poesia apparse su "Micropolis", il supplemento umbro del quotidiano Il Manifesto. Presso la Casa Editrice Era Nuova di Perugia nel 2007 ha pubblicato Perché ti sei voltato, nel 2009 Anniversario  e nel 2010 Autori, una plaquette con traduzioni di brani di poeti latini. 

 

Respingimenti di Walter Cremonte. L’esilio e il naufragio
 
Nelle Odissee del nostro tempo tanti sono i corpi abbandonati sulle spiagge e per chi sfugge ai gorghi delle onde spesso non restano che la precarietà di una vita sradicata e le insidie di nuovi Nettuni o del Guardiano / che chiude la porta e costringe al ritorno nel nulla / dove non siamo mai stati. Così recita un verso di Frontiere, una lirica di Respingimenti,lultima raccolta di Walter Cremonte, pubblicata qualche mese fa per i tipi della Casa editrice LietoColle.
 
Nuovi e drammatici tasselli si aggiungono al lungo respiro della storia dei popoli migranti e l’Autore li raccoglie, perché la poesia muove dalle circostanze del nostro esistere. Ma se legassimo le liriche di questa silloge ai fatti di cronaca e al rumore xenofobo che li accompagna, leggeremmo soltanto la superficie di un canto, ricco di immagini forti e drammatiche che colpiscono l’emozione, ma che scava in profondità e va ben oltre l’apparenza fenomenica, perché l’Autore si alza al disopra della cronaca e i respingimenti divengono una condizione dell’esistere, che si fa immagine nella pregnanza di una realtà in cui i versi di Primo Levi, citati nella lirica Considerate, tornano a proporsi nel loro valore universale: Considerate se questo / anche questo / è un uomo.
 
L’uomo che Cremonte rappresenta in Respingimenti è un esule,non solo per una contingente condizione sociale e politica, ma perché questo è il suo essere nel tempo e nella storia. È un uomo destinato al naufragio, all’esilio, all’espulsione, a cui solo talvolta è dato il sollievo del canto, come nella lirica Allegria: Ci sono momenti di allegria / qualcuno canta una vecchia canzone / ma sottovoce, per non disturbare / l’andamento tranquillo del vento / la quieta superficie del mare / gli sguardi sono fermi, guardano appena, / qualcuno, in silenzio, spera / Mai più sarà tutto così asciutto e calmo com’è.
 
Ci perdiamo nelle contingenze del tempo assediati da interpretazioni sociologiche, da diatribe politiche; ma in nostro aiuto viene la poesia che coglie nella realtà le associazioni sottili, che penetra nelle pieghe della storia. Da un lato gli eventi, nella loro imperfetta, multiforme e incombente presenza, dall’altro il pensiero, che tenta di rispecchiarli, di distillarli. Poesia, come poiesis, cioè produzione, atto creativo, capace di disvelare il senso degli accadimenti; poesia che diviene quasi profezia del destino. E ciò anche nei limiti della parola poetica; Carmina nulla canam è l’esergo alla lirica Esuli, che apre la raccolta; una citazione dalla prima egloga di Virgilio, in cui il pastore Melibeo, costretto all’esilio, piange il forzato abbandono dei campi. Cremonte così rimodula le parole di Virgilio: Non canterò nessuna canzone / non c’è fuoco che scalda. Perché allora la scelta della poesia per raccontare l’ennesima tragedia della storia? Perché se da un lato c’è la consapevolezza dei limiti della parola poetica, a volte fraintesa e incapace di raccontare gli orrori, dall’altro c’è la necessità ineludibile di sciogliere nei versi la propria pena.
 
E giunge in aiuto il canto di altri poeti (Levi, Ungaretti, Dante) che l’Autore in modo discreto chiama accanto a sé, in una coralità capace di superare i limiti della parola.Cremonte sviluppa il suo racconto con toni sommessi, colloquiali, carichi di interrogativi che scuotono nel profondo la coscienza, con dignitosa ‘compassione’ – nel senso latino di cum patior – per quelli che il silenzio schiaccia (F. Kafka), nel cui destino c’è il nulla e il ‘non-dove’. A varcare le frontiere li porta la fame / la rabbia, ma una volta respinti il loro sarà un ritorno nel nulla; essi sono senza documenti / non sono nientevuoti gli occhi, vuote le mani / senza mai nulla sperare in un vivere in cui a dominare è l’assenza: ci manca la terra sotto i piedi / tutto ci manca, tutto.
 
Dopo il naufragio, nei quattro elementi vitali – aria, acqua, terra, fuoco, che danno il titolo alle ultime liriche della raccolta – si esprime con immagini cariche di epica drammaticità il tema dell’assenza e del nulla. L’assenza di aria per l’uomo-esule che morde la melma nel profondo degli abissi, l’assenza della sorgente d’acqua per chi vive l’affanno salato del mare, l’assenza della terra che fugge sotto i piedi, lassenza di un punto a cui tenersi stretti e, infine, nell’ossimoro fuoco-ghiaccio, l’assenza dei ricordi in un inferno che tutto cancella: Non ci sono ricordi / né sogni / l’assassinio è compiuto / e non c’è altro.
 
Ombretta Ciurnelli
 
 
 

 

Le poesie di Walter Cremonte

Esuli

           Carmina nulla canam
                                   (Virgilio)

Non canterò nessuna canzone
non c’è fuoco che scalda
solo fuoco che brucia
stanze gelate incendiate
e scappare, scappare
tutto lasciare

lasciare le scarpe le stringhe
il bicchiere
lasciare anche l’anima
cosa ci faccio

Respingimenti

 Però il mare è sempre bello, oh, sì
e l’occhio può vagare
e il ricordo tornare
le mani afferrare il luccichio
prendere a manciate le olive
e lo sguardo precede il riandare
dove le acque si chiudono

Barconi

Rivedo il barcone spiaggiato
scendevano ad uno ad uno
la bottiglietta dell’acqua in mano
scendeva il bambino
l’accompagnava una mano guantata
e una divisa, uno sguardo
una piccola spinta leggera
quasi una breve carezza
lì c’era il mare
c’era la luce
c’era il buon Dio anche se Dio non c’è
 

Impronte

Prenderanno le impronte digitali
anche ai bambini
ma come ̶ tecnicamente ̶ si fa
con quelle manine, con quei ditini
poi magari li mettono in bocca
così piccini dovranno assaggiare
che sapore cattivo ha il male

 

Documenti

 Ma come fanno
tutto il tempo sbattuti dalle onde
aggrappati l’uno all’altro a ondeggiare
come fanno le ragazze a lavarsi
del loro sangue e non vergognarsi
(sono senza documenti
non sono niente)

Rovina

Di qua di là di su di giù
li batte il mare
e non c’è pace mai
se il mare tace
e un po’ meno di male
li assale
si apprestano alla prossima rovina
 

Naufragio

Cosa possiamo dire di un naufragio
più della stessa parola: naufragio.
Forse aggiungere: lasciare le piane dorate
le vie del cielo e le care stelle
l’olivo, il fico, il mandorlo, il limone
tutto confuso e perduto in un vortice
d’acqua e di terra. Moltiplica questo
per duecentottantatré vite umane
e poi per uno, uno per uno