Vince la luce per Joseph Tusiani

Scheda di Cosma Siani sulla nuova raccolta di poesie latine

Grazie all’Editore Levante di Bari, a gennaio 2018 è uscita una nuova collezione di poesie latine di Joseph Tusiani, Lux Vicit (“Ha vinto la luce”). Si aggiunge a Carmina latina I e II (1994 e 1998) e In nobis caelum (2007); e come queste, viene curata – cioè raccolta, introdotta e tradotta – da Emilio Bandiera. Su questo nuova opera abbiamo chiesto una scheda a Cosma Siani.
Ricordiamo che su Tusiani le Edizioni Cofine hanno pubblicato, per mano o per cura dello stesso Siani,
L’io diviso. Joseph Tusiani fra emigrazione e letteratura (1999), In quattro lingue. Antologia di Joseph Tusiani (2001), Le lingue dell’altrove. Storia testi e bibliogafia di Joseph Tusiani (2004), L’arte della traduzione poetica. Antologia e due saggi (2014). Per un profilo critico di Tusiani, una bibliografia essenziale, e vari aspetti della sua opera creativa e saggistica si veda il volume di Siani Baretti a Londra e altri saggi su Joseph Tusiani (Firenze, Pagliai, 2013).

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Da quattro anni Joseph Tusiani, prossimo ai suoi diciannove lustri, scrive un De senectute tutto suo, in forma di poesie brevi o brevissime, a getto continuo, giorno dopo giorno. A tutt’oggi esse superano il migliaio. La maggior parte sono in italiano (ripresa vigorosa della lingua d’origine), per buona parte in inglese, in parte in latino, e qualcuna nel proprio dialetto garganico, cioè le lingue che ha sempre usato nella sua scrittura creativa.

Quelle in latino vengono destinate in primo luogo al suo interlocutore privilegiato per questo idioma, Emilio Bandiera, curatore di tutta la precedente opera latina. Questi ha raccolto le composizioni disponibili, in numero di ottantatre, le ha ordinate cronologicamente, tradotte e indicizzate per titolo, metro e verso iniziale, corredandole di una bibliografia breve sul Tusiani latino, e incorniciandole con una introduzione in cui espone vedute proprie intorno all’opera complessiva dell’autore che ha sotto mano. Ne è risultato questo Lux vicit, “Ha vinto la luce”, come dice il piede iniziale di un esametro della composizione 14.

Nell’introduzione il curatore si riallaccia ad alcune altre parti della poliedrica scrittura di Tusiani, e così facendo corregge un difetto di base negli interventi specialistici sul Tusiani latino, che è quello di restringere l’ottica alla sola produzione latina, trascurando o ignorando sia il resto della sua opera, sia ciò che è stato scritto su di essa (esempio: nessuno ricorda o sa che il primo studioso del Tusiani latino è stato nel 1976 il suo conterraneo Michele Coco, traduttore di classici e preside di liceo nel paese d’origine di entrambi, San Marco in Lamis, nel Gargano).

Il presente volume è il secondo ricavato dal profluvio multilingue dell’ultimo quadriennio di Tusiani. Il primo, A Clarion Call, uno “Squillo di tromba” figurato perché rivolto alla luce del sole, è apparso a New York per la Bordighera Press nel 2016, ad opera dei colleghi e amici Paolo Giordano e Anthony Julian Tamburri. Riunisce sessantotto brani inglesi composti fra l’aprile 2014 e l’ottobre 2015, con scritti introduttivi dei due curatori, e una finale “Select bibliography” che andrebbe emendata di alcune sviste.

Il curatore latino fa lo stesso, includendo ogni poesia a sua disposizione in un arco di tempo che va dal marzo 2014 all’ultima prima di andare in stampa, giugno 2017. E se si astiene dal fare espliciti apprezzamenti, molto utilmente indugia su aspetti tecnici (campo suo, poiché è stato docente di metrica latina all’Università di Lecce), attribuendo a ciascuna poesia il modello metrico seguito dall’autore.
Andando nel merito, ritroviamo in questi versi alcuni temi dominanti di Tusiani: l’evocazione della terra d’origine, l’interrogarsi sulla propria identità, la meditazione sul passare del tempo, l’appressarsi della morte. Ma più che i temi, è la forma a caratterizzare il registro poetico latino di Tusiani, cominciando dalla lunghezza delle composizioni. In inglese, italiano e dialetto Tusiani scrive brani estesi o interi poemetti. In latino l’estensione è molto contenuta; l’osservazione e la meditazione prendono forma concisa e dichiarativa più che snodarsi in lunghe argomentazioni o in storie allegoriche.

Se la misura è strettamente classica, la poesia neolatina di Tusiani potrebbe “scandalizzare” i sostenitori della tradizione quantitativa, perché contamina i metri classici con quelli moderni. In precedenza ci siamo imbattuti in un sonetto, un’ottava, una terza rima, una composizione monorima, dei settenari sdruccioli, degli ottonari in rima; qui c’è l’aggiunta di composizioni haiku, haicua in latino, secondo l’innovazione introdotta da Heinrich Reinhardt.

Lo studioso belga che ha portato in piena luce la poesia latina di Tusiani, Dirk Sacré, così riassume questa sua caratteristica: “per Tusiani i versi della tradizione classica sono una sorta di intelaiatura in cui immettere idee, immagini, linguaggio nuovi; dallo scontro fra vecchio e nuovo emerge una rinnovata freschezza, che costituisce la singolarità di Tusiani nella scena neolatina contemporanea”.

E qui sembrerebbe profilarsi un paradosso. Ciò che Tusiani rifiuta nella poesia italiana, inglese, e anche dialettale (altrui e propria) – e cioè l’esperimento che rovesci i moduli tradizionali – egli compie invece in quella latina, innovando rispetto alla tradizione ricevuta.

L’aspetto seducente della poesia latina di Tusiani sembra però giacere in qualcosa che va oltre esperimenti e tecniche. Al di là degli aspetti specialistici, il lettore di poesia sarà attratto dal sapiente intrecciarsi di ritmo metrico (qui nettamente privilegiati gli esametri dattilici) e timbro vocalico, tonalità e musicalità: quell’amor sensuoso della parola che in Tusiani sembra quasi innesto dannunziano sulla tradizione classica, e che non è esclusivo della produzione latina, ma investe il suo verseggiare in tutte le lingue che usa.

Lo vediamo fino in una composizione recentissima, qui di seguito. La sensuosità della parola è negli effetti derivanti dalle studiate ripetizioni (Possumus, possum; sol, est sol; me mentemque), dalle rime, parcamente giocate (cognovi/novi, notis/ignotis, profundi/mundi), dall’andamento ritmico a tre accenti. È quest’ultimo che abbiamo cercato di mantenere nella traduzione proposta, di fronte all’impossibilità di rendere gli altri aspetti.

In caecitate noctium

Multas cerno gemmas
in caecitate noctis.
Possumus, possum flores
in tenebris videre
dum tota nox abscondit
omnia quae cognovi
solis in terra novi?
Sol, est sol mihi datus
qui me mentemque fovet
in rebus notis atque
ignotis, in profundi
transitu mundi.

New York, 31 gennaio 2018

Nel buio delle notti

Molte gemme scorgo
dentro la notte cieca.
Possibile mai che io veda
in mezzo alle tenebre fiori
mentre la notte occulta
tutto ciò che sapevo
al nuovo sole del mondo?
È il sole, il dono del sole
che a me riscalda la mente
fra cose note ed ignote,
passando in questo mondo
tanto profondo.

Roma, 23 aprile 2018