Verso l’Altrove

Una corale liricità nella nuova silloge di Livia Naccarato

Nel nuovo volume di versi Verso l’Altrove Livia Naccarato riprende alcuni temi già trattati in altre sillogi ma con una più marcata intensità lirica e con un lessico che denota maturità poetica formale e visionaria.

In questa monodia, perché tale si deve ritenere la raccolta per la corale liricità espressa con potenza incisiva e patica nella sua tracimante nostalgia evocativa, la poetessa trova unità di ispirazione e il trait d-union sentimentale tra passato e presente nella rimembranza.

L’opera bene si inserisce nel filone trenodico della letteratura meridionale che ha il suo archetipo nella tradizione della lirica magno-greca e in modo particolare di quella tragica. La poesia sebbene limitata alla vicenda autobiografica nondimeno accentua la percezione della sofferenza universale di ogni essere umano.

Nella tragedia, Alcesti, di Euripide questo assioma è liricamente espresso nelle parole consolatorie del corifeo: “Admeto, ora ti è forza sopportarla/ la tua sventura. …Fatti ragione che il morire è cosa/ che da ognuno è dovuta in questo mondo.”

Nell’architettura del testo il flusso di intense emozioni o di rimpianti, si scioglie in un climax elegiaco di contemplazione nostalgica e di momenti particolarmente felici in luoghi e tempi rallentati dal ricordo.

L’unione affettiva tra esseri offre il senso di un legame e di un amore che trascende ogni parvenza di razionalità nella consapevolezza della parabola di ogni creatura per approdare attraverso la rimembranza a rivivere i momenti più belli e più intensi con le persone care: ma io/ le voci vorrei sentire/ nella casa bella/ le voci di noi giovinetti.

Il viaggio attraverso il tempo passato offre uno scenario naturalistico di suggestiva bellezza descrittiva degli elementi naturali. L’autrice non ha mai reciso il cordone ombelicale con la Calabria, la sua terra natale, e le descrizioni si susseguono nel ricordo collocando ogni incontro in ambienti naturalistici: le apriche campagne, il fruscio di spighe, il vento, la pioggia e non manca quel tocco di puro e sano romanticismo che ricorre in alcune poesie nella descrizione della Luna, compagna e amica nelle ore liete. E’ un percorso umano e poetico che dipanandosi con estrema sensibilità muliebre approda ad una visione foscoliana della vita dove solo il ricordo crea una liaison “ di amorosi sensi.” Il dettato poetico sale dall’io psichico e si sublima nelle immagini di rara bellezza che hanno radici profonde nel mito della fanciullezza, della propria terra, delle tradizioni arcaiche, degli indissolubili legami parentali con la rappresentazione del reale a cui Livia Naccarato attinge incidendo la materia e dispiegando il suo canto in versi commossi e di alto sentire.

La Nostra in tale itinerario memoriale attraversa il deserto della solitudine interiore e allora trova laicamente il farmaco che offre refrigerio all’animo nel ùpnos: “…l’animo dell’uomo/ ha bisogno di credere nel sogno/ di credere nell’utopia/ per non morire/ di noia/ di tristezza/ di rabbia.” Si fa strada la visione metafisica verso l’Altrove in cui la poesia nella sua universale capacità di ripercorrere il mondo iperuranio supera il limite temporale e della storia contingente alle azioni umane e smarrisce ogni connotazione di tempo e di spazio per diventare universale.

La poesia della Naccarato sale dal profondo dell’anima, diventa pathos in un altalenante oscillare del pensiero poetante tra la sua esistenza calata nell’oggi e l’eden di un tempo felice. Il sentimento prevalente nella temperie dell’animo è l’Amore, che viene cantato in modo struggente su livelli diversi non tanto nell’intensità affettiva quanto verso chi lo riversa. L’amore calandosi in una cornice di realismo di vita diventa Eros che infiamma, obnubila, travolge come una forza inarrestabile l’animo. Sono poesie queste in cui un io segreto si manifesta con una sincerità di sentimenti che lasciano il lettore senza fiato. 

Traspare dai versi, anche se non esplicitamente sottolineata, conoscendo il percorso formativo della poetessa, una religiosità che diviene fondamento nella speranza dell’incontro nel “Dopo”.

Nelle ultime liriche la poetessa nel mutare registro poetico non dimentica la lezione gramsciana dell’impegno civile, che è prioritario nella sua formazione culturale e nel suo impegno di solidarietà e i versi risuonano di momenti storici di grande mutamento politico-sociale.

In ultima analisi Livia Naccarato si rivela una poetessa di notevole sensibilità nell’esplorare territori interiori e nell’innalzare con voce poetica e con leggerezza tradizioni, fatti, persone dal punto di vista biografico in una consapevole interazione tra l’io e l’altro da sé. Esprime le sue visioni con un linguaggio chiaro e corposo evitando ogni tentazione della ricerca del lemma raro, di frondosità e ridondanze lessicali, attenta a tradurre il pensiero in uno stile di contenuta compostezza linguistica.

Il testo si fa apprezzare e leggere per la rappresentazione di realtà liricamente trasfigurate che inducono a riflettere sul limite umano tra l’alfa e l’omega, ma pure sui sentimenti tra le creature e soprattutto sul più grande di tutti: l’Amore.

Dell’Apa Francesco