La voce degli scomparsi (anonimi o “di etnia”: curdi, armeni, soldati e popolazioni di ogni dove e tempo, inabissati nel Baltico gelato, africani, palestinesi, italiani impegnati nell’Ottocento a fare l’Italia, ex iugoslavi delle guerre fratricide, i milioni nei campi nazisti, i singoli per volontà di imperatori e capi, i centomila di Hiroshima e Nagasaki, …; nominati nella vicenda del terrorismo in Italia negli anni Settanta-Ottanta del secolo passato, finiti nelle carceri speciali, ecc.) e la voce poetica di chi, pur scomparso, vive (Pasolini, Baldini, Guerra, Caproni, Loi, Insana, Nadiani, Luzi, Volponi, Fortini, Mandel’stam, …) o, vivente, non tace: Bettarini, Zuccato, Franzin, Lo Russo, …
Come dirle queste voci?
Le prime non vogliono la retorica, il “sopra le righe”. Non amano il megafono commemorante. Tanto meno la risonanza massmediale. Si pongono come dato di fatto della crudeltà e del potere, del caso, dei mostri della ragione, della politica rovesciata rispetto al suo compito, o della mala gestione di essa.
sotto la cenere
di Hiroshima o Tsunami
sotto la polvere
di piazza della Loggia
le voci
sotto le macerie
alla stazione di Bologna
nel tunnel dell’Italicus
nel non detto di Ustica
alle fosse Ardeatine
nelle stragi cecene
nelle democrazie ballerine
Le seconde danno la necessità di esserci: a funzione della memoria e della spinta alla diversità del vivere e dell’esistenza, delle sue possibilità, lasciando la morte al destino che le è proprio ma, appunto, dopo l’intervento della vita, non prima e, spesso, in modo proditorio, violento.
La voce estraniata di Caproni
La voce stralunata di Baldini
La voce di Rosselli più eversiva
La voce di Scataglini impercepita
La voce d’oltrelingua di Loi di Giacomini
La voce d’altralingua d’Insana Bettarini
La voce d’introlingua di Lorusso Malfaiera
La voce d’interlingua di Zuccato di Nadiani
La voce di translingua di Sovente di Sanguineti
………….
Scotellaro Pagnanelli Vit Giacomini
La voce laterale di Noventa Neri Sereni
…………..
Manuel Cohen in Tutte le voci le prende una ad una queste voci. Le fa parlare in versi, lessicalmente molto ricchi e ricchi di pensiero metaforico o aperto, quasi sempre nominali. Gioca sulla verbo-visività, sul carattere corsivo, gli alinea e le rientranze: isola, così, chiarità, sottolineatura, richiamo realistico, giudizio soggettivo del soggetto indicato (vittime le vittime / agite agitate agapate ora e sempre).
Le prime sono vive, nonostante tutto. Le seconde sono vive in sé. L’enormità della scomparsa e la scomparsa stessa sarà la poesia a riportarle in vita, a dar loro il fiato del vissuto. E non con l’inclinazione del “non più” (Spoon River è lontana), ma proprio con il porsi a fianco degli scomparsi o dentro quelle “voci” poetiche differenti per timbro (e vita, spesso). Tacito e sotterraneo questo porsi-essere emerge per e alla consapevolezza. Lascia al lettore la pietas o l’indignazione, l’umanità stupita o il desiderio che non accada di nuovo. E la coscienza che la poesia – secondo il suo etimo – produce figure, sposta le caselle, può aprire altro pensiero.
Se è lecito – lo è, oggi, in cui scrivere e pubblicare hanno argini larghi, anzi non argini ma vasti fiumi e alvei – chiedersi che cosa sia la poesia e dove la si trovi, ecco: mi sembra di poter riconoscere in Tutte le voci di Manuel Cohen una risposta. Come e più che nei suoi Winterreise del 2012 e L’orlo del 2014, nei quali avevo individuato la personale ricerca di Manuel Cohen, poeta sui generis, affidata ai traslochi dalla cronaca e dalla storia alla poesia che, pur impregiudicata, si fa gradino per una voce sociale, civile, in Tutte le voci elencazione ed accumulo diventano evento incisivo, corpo eclatante, pronuncia di un accaduto, iterato e disperso. Che la voce poetica, quella di Manuel Cohen, quella dei poeti menzionati, raccoglie e chiama. La risonanza, la reiterazione varrà – volente il lettore – a spreco di vite; a denuncia, inusitata, la voce dei poeti, Cohen compreso.
Manuel Cohen, Tutte le voci, Prefazione di Salvatore Ritrovato, Osimo, Arcipelago Itaca 2016, pp. 52, € 8.00
Maria Lenti
pubblicato 24 febbraio 2017