Con il lapis* #50: Trasmutazioni. Alchimie in Caoslandia di Adam Vaccaro

a cura di Anna Maria Curci

 

Con il lapis* #50: Adam Vaccaro, Trasmutazioni. Alchimie in Caoslandia. Prefazione di John Picchione. Postfazione di Gabriella Galzio, puntoacapo 2024

Frantumi

Sta cambiando la terra sotto i piedi 

Fratello. E tu che pensi sia io il nemico – 

che ho in mano questa lancia di follia che

buca il tabù dell’ignoto del noto. Ma

siamo entrambi vittime fino a quando

saremo tifosi di paure diverse.

9 novembre 2021

(p. 52)

Tratta dalla seconda (Pietre senza luna – Nel macero della storia) delle quattro sezioni in cui è articolato il volume Trasmutazioni di Adam Vaccaro, Frantumi, in sei versi e un’unica strofa, è una poesia nella quale compaiono in misura significativa temi e stilemi della scrittura del poeta: la denuncia del ricatto delle diverse paure, manovrate ad arte per un controllo sempre più pervasivo e subdolo di ogni singolo individuo così come della collettività; l’individuazione dei processi di trasmutazione in atto, già presagiti da tempo; intuizione e prefigurazione come frutti di uno sguardo diverso dal ‘sentire comune, sguardo senz’altro più lucido e capace di elaborare immagini e visioni che spaziano su passato, presente e futuro; lo sguardo diverso è quello di chi sa seguire percorsi di conoscenza alternativi alla versione unica dei ‘fatti’; frutto di una «lancia di follia», aguzza, acuta, audace e anticipatoria, la parola poetica «buca il tabù dell’ignoto nel noto» e tende la mano all’altro da sé, riconosciuto come vittima dello stesso meccanismo che induce paure per manovrarle; l’andamento del verso unisce precisione metrica (ricorre per esempio qui la misura dell’endecasillabo nei primi due versi) a toni narrativi e dialogici; l’uso dell’enjambement (che in altri testi del volume separa e accosta lemmi, avvalendosi della tmesi) esalta sapientemente il concatenarsi di pensieri e argomentazioni; la lontananza siderale da qualsiasi fumosità è corroborata nel dettato poetico da una lingua chiara che non dà adito a equivoci e fraintendimenti, pur accogliendo e percorrendo la dimensione polisemica del linguaggio; questa lingua chiara ha della pietra (concetto e presenza ricorrenti, nei titoli delle sezioni – Frane quotidiane – cose senza nome; Pietre senza luna – Nel macero della storia; Sassi volanti – Davide senza Golia; Pietre miliari – Memorie e visioni – e nei singoli testi) la solidità e la sintesi, succosa e ‘lapidaria’, di espressione e di comunicazione. 

Il ruolo centrale della pietra in Trasmutazioni è anticipato anche dal terzo degli esergo alla seconda sezione. Ai primi due esergo, rispettivamente di Borges e di Einstein, segue un passaggio dall’opera di Goethe Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (Wilhelm Meisters Wanderjahre), che lo scrittore tedesco pubblicò nel 1821 e nel cui diciottesimo capitolo si legge: «Steine sind stumme Lehrer. Sie machen den Beobachter stumm, und das Beste, was man von ihnen lernt, ist, nicht mitzuteilen.». Il brano è solitamente tradotto così: «Le pietre sono maestri muti. Esse rendono muto l’osservatore, e la cosa migliore che da esse si apprende non si può comunicare.», ma l’apprendimento potrebbe essere letto come invito al silenzio («… e la cosa migliore che da esse si apprende è non comunicare». 

Accanto alla pietra e al suo stato solido, ci si imbatte in altre presenze, cariche di significati e in altri stati: lo stato liquido dell’acqua, che si fa «luminosa» in Acqua di Luce (p. 83), che rievoca «un giorno abbacinato degli anni cinquanta» e diventa, simbolo della poesia, blu «tra riflessi di cielo/ e terra di latte di anime accese» in Fiume (p. 93); lo stato aeriforme del profumo dell’origano «che trascolora» in Origano molisano (p. 87). 

Alla varietà nella lunghezza dei testi, nell’articolazione in strofe, nella disposizione che spesso richiama volutamente la poesia visiva, corrisponde una grande ampiezza di motivi, di presenze e di richiami, accomunati, tuttavia, dallo slancio del gesto poetico, segno concreto di impegno e di coinvolgimento che nel tempo si sviluppano e si rinnovano, con autenticità e dinamismo. 

Anna Maria Curci

Con il lapis raccoglie annotazioni a margine su volumi di versi e invita alla lettura della raccolta a partire da un testo individuato come particolarmente significativo.


Adam Vaccaro, poeta e critico nato a Bonefro, in Molise. nel 1940, vive a Milano da oltre 60 anni. Ha pubblicato oltre 20 testi, di saggi e poesie. Tra le ultime raccolte: Seeds, Semi, New York, 2014; Google – il nome di Dio, Alessandria, 2021; In respiratia zilei, Nel Respiro del giorno, Bacau, Romania, 2023), Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia, puntoacapo Ed., 2024- Tradotto in spagnolo, in inglese e in Rumeno ed è inserito nell’Atlante dei Poeti Italiani Contemporanei, dell’Università di Bologna. Varie pubblicazioni d’arte: Spazi e tempi del fare, con acrilici di Romolo Calciati, Studio Karon, Novara 2002; Sontuosi accessi – superbo sole, con disegni di Ibrahim Kodra, Signum edizioni d’arte, Milano 2003; Labirinti e capricci della passione, con acrilici di Romolo Calciati, Milanocosa, Milano 2005; I tempi dell’orsa (2000) e Questo vento (2009) con opere di Salvatore Carbone, Edizioni PulcinoElefante. Con Giuliano Zosi e altri musicisti, ha realizzato concerti di musica e poesia. Come critico ha pubblicato: Ricerche e forme di Adiacenza, Asefi, Milano 2001. È tra i saggisti di Sotto la superficie – quaderno di approfondimento sulla poesia contemporanea de “La Mosca di Milano”, Bocca Ed. Milano 2004; e de La poesia e la carne, Ed. La Vita Felice, Milano 2009. Collabora a siti, blog, riviste e giornali. Ha fondato Milanocosa (www.milanocosa.it), dal 2000, Associazione con cui ha curato molte iniziative e pubblicazioni, tra le quali Adiacenze, materiali online di ricerca e informazione culturale.