Risme Private di Andrea Giampietro

Lettura e scelta di poesie di Maurizio Rossi

Il termine risma, dall’arabo rizma o rezmah, che oggi descrive pacchi di carta generalmente da 500 fogli, stava ad indicare, in antichità, il fascio dei panni. Poiché la carta veniva prodotta partendo da stracci di cotone, venne creata l’associazione del termine risma alla carta. Indica anche insieme omogeneo di cose e di persone.

Ma perché l’autore usa questo titolo? E perché private? “Risme private in fondo ad un cassetto/ dove non entra luce che riverberi/ le chiose poste a margine del foglio,/ quasi un presagio di letture postume.”

Leggendo la composizione poetica che dà il titolo alla raccolta, mi sovviene Emily Dickinson con le sue poesie, conservate in un cassetto e scoperte e pubblicate postume: non so se l’autore si riferisca a lei o piuttosto a sé, a sue future pubblicazioni o anche a quanto già scritto e destinato a “farsi muffa o polvere”. Certo, ne “le chiose poste a margine del foglio/ quasi un presagio di letture postume” sembra esprimere il desiderio di un ascolto in cui risuoni l’animo del lettore, desiderio di ogni poeta nel momento in cui rende pubblico il suo scritto; ma quel “postume” richiama ad un significato preciso, post-mortem.

Del resto se l’uomo Giampietro vuol rimanere fedele “all’uomo che sono nato”, agendo “in libertà di uomo”, non può far altro che portare a spasso la sua ombra, questa sagoma, scherzo del sole, così come il riflesso che può ingannare: sembra ancora un riferimento all’opera dello scrittore – di volta in volta ombra e riflesso – “sbaglio” o scarabocchi o temini che resteranno solo come carta per i posteri. E intanto che rimanda il compimento della rivoluzione, gli può accadere che “Il sangue nelle vene si fa inchiostro/ per un pennino secco di parole”, con il vissuto che stenta a farsi parola, nonostante il sangue ne sia denso come inchiostro.“A ognuno la sua ombra, a chi in disparte/ lotta con il riflesso e col suo sbaglio.” Forse che la poesia è l’ombra dell’uomo poeta? O piuttosto i poeti appaiono come ombre di sé stessi?

Secondo Andrea Giampietro, i poeti, questi strani oggetti – straniti, estraniati – vivono di uno stupore effimero e meritano gli allori solo da morti: colpa o no degli editori, insinua con ironia, nella sua visione della poesia la cui grandezza sta in sé stessa, nel suo distaccarsi dall’autore per godere di vita propria: l’autore che “si tace per timore/ di travisare il rigo musicale, / di non portare a compimento l’eco.” Eco, ombra, riflesso; ma anche significato.

E se la “poesia onesta” – che secondo il triestino Saba “resta da fare ai poeti” – non è semplicemente “essere sinceri”, si può perdonare allo scrittore l’autoritratto de “Il buon poeta di pessimo gusto” “quel coso strano – un torsolo – /chiamato andreagiampietro”: se si sminuisce, non lo fa certo per umiltà pelosa, ma per autoscienza dei propri limiti, che ne “La terra avara” sono i limiti di “figlio che non trova/ il gusto della terra avara e sua”; ne “Lo strazio del mattino” è il tempo che sfinisce nel trascorrere tra il canto dell’allodola e quello dell’usignolo; nella “Soltanto un girasole” è la ragione che si decompone o la scaltrezza che si smarrisce nel “leggere i segni”; in “Di luce e catalessi” la difficoltà della comunicazione tra suono, senso e tono e codici di linguaggio.

Molti i temi della raccolta, declinati con musicalità, ritmo e immagini: sia personali che sociali.

Nella sezione “Zero in condotta” – voto destinato a chi “punta il dito/ contro chi rende vita all’innocenza/d’un patto stipulato con lo sputo”endecasillabi, settenari e quinari, a comporre immagini dense di corpi, sguardi, gesti, adombrano, in composizioni sincere e dense, le più diverse forme d’amore: eros, filìa, himeros, potos, charis, manìa, tra le tante descritte nella cultura e mitologia greca. Cito dalla prefazione di Silvio Ramat: “Esiste una linea illustre, europea e italiana (con vertici da noi in Penna e, splendidi, nel Saba di Epigrafe), che canta e magari sublima esempi di omofilia”. Giampietro integra in questa linea il proprio fanciullo, ricciuta “grazia di Dio” e quasi “angelo”…”

È “l’età sincera / la vita scapezzata” che supera ogni limite di mortalità e finitezza, riflessa nello sguardo rapito di chi osserva e desidera.

Risme private

Risme private in fondo ad un cassetto

dove non entra luce che riverberi

le chiose poste a margine del foglio,

quasi un presagio di letture postume.

L’autore sconosciuto avrà provato

a dargli un senso, un mal compiuto ordine

fermandole con piccole graffette

che annunciano l’attesa della ruggine.

Un ritmo basilare sembra annesso

alle parole, ai bianchi spazi, al dattilo

di sillabe scandite in improperi;

un canto adatto a farsi muffa o polvere.

 

 

Necrologi umani

Nessuno più si cura dei poeti;

sono soltanto necrologi umani

riposti nei ritagli di giornale.

Ma tra i moltissimi il peggior male

è di ammirarli come oggetti strani

appena nati al mondo e già obsoleti.

 

 

Il cavallo, l’alfiere, la regina

Aiutami a salvare le stagioni

dal tempo perso che non chiede resa,

dai giorni che covavano in segreto

un calendario ignaro d’ogni attesa.

Forse è mossa d’alfiere o di regina

(sulla scacchiera di quale stratega?),

forse il cavallo gira senza morso

e il piede fermo è giunto alla sua meta.

 

 

 

L’età sincera

Giocavi a Calcio giunto a tarda sera

ed ogni pallonata

contro la stessa rete.

perché tanta fiducia in te riservi,

perché il tuo corpo elastico conquista

lo sguardo di chi passa e non ti vede?

Sarà l’età sincera,

la vita scapezzata

che fa di te un eterno tra i mortali.

Troppo belli il tuo slancio e la tua rabbia

per quella rete che non ti ricambia.

 

 

Andrea Giampietro nasce a Popoli (PE) nel 1985. Cresciuto a Pratola Peligna, vive attualmente a Sulmona (AQ). Come autore di versi ha pubblicato Il paradiso è in fondo (2010); Di notte a luna spenta (2012); Cronache dall’imbuto (2017), e Quasi una scorciatoia. Elegie ed epigrammi (2020). Nel 2021 pubblica uno studio storico su Pratola Peligna (Pratola che se ne va. Storie tradizioni e personaggi di Pratola Peligna tra otto e novecento) e nel 2024 Studi di letteratura abruzzese. Come traduttore ha reso in italiano le opere di Oscar Wilde (La ballata del carcere di Reading, Roma, Ediz. Croce, 2012), Elizabeth Gaskell (Bran e altre poesie, Ediz. Croce, 2016) e Stéphane Mallarmé (Poesie, Rusconi Libri, 2020). Per Rizzoli ha tradotto, dal francese, il reportage giornalistico La macchina della morte (2016) di Garance Le Caisne. Scrive recensioni e saggi di critica letteraria per quotidiani e riviste (come “L’immaginazione» di Manni, “Poesia” di Crocetti e “il 996” del Centro Studi “G.G. Belli”). Nel 2016 inizia la sua collaborazione col poeta abruzzese Ottaviano Giannangeli, che assiste nella revisione della sua opera omnia, Quando vivevo sulla terra (2017). Nel 2019 cura il volume-omaggio Un gettone di memoria. 23 voci per Ottaviano Giannangeli. L’anno seguente, sempre con la sua curatela, vede la luce il romanzo giannangeliano Ti ricordi (Ediz. Amaltea).

Andrea Giampietro, Risme private, Di Felice Ed. – Martinsicuro (TE), 2024