Stefano Tarquini è poeta che rende fluida la metafora per rappresentare la sua visione del mondo e le pulsioni emozionali, mentre travasa i sogni attraverso gli umani. Fantasmi sono i pensieri, ed esistere è riannodare i fili del tempo dentro il tessuto stesso degli abiti, simbolo dei giorni “…i pensieri non rimangono,/ premono come fantasmi sulle tempie.// E ti fai spazio tra i vestiti della sera prima…”
È forse tornare indietro per riscattare gli errori? La risposta sembra essere nel farsi strada attraverso le fiamme, per attraversare le parole sbagliate che prendono fuoco, quasi che si autodistruggessero per una sorta di apoptosi: bisogna passarci dentro – fiamme come acqua battesimale – perché avvenga la catarsi necessaria.
E il tempo? “Ma oggi tutto è fermo./ Gli oggi che corrono a nascondersi dietro le maschere di domani./ Quei sorrisi dopotutto./ Quei sorrisi appiccicati alla faccia,/ perdono pian piano il colore primo/ e riportano a noi.” La nostra verità è dietro la finzione che lentamente si disvela, il sorriso come una maschera, è il pensarsi nel domani, mentre si pensa al domani. Dunque il tempo è definito dalla simbiosi di coscienza e autocoscienza, di sogno e speranza.
E l’umanità? Dolorosa e straniante è in “Formiche” la visione di un’umanità che si ritiene evoluta e tale si percepisce; ma in quel “tornate al formicaio” pronunciato dal dio-poeta, al mondo com’era prima, l’essere umano capisce con dolore di ubbidire solo alla sveglia per iniziare la giornata o ad una campanella per la pausa pranzo: allora si vede mettersi in fila proprio come le formiche “cicliste in fila indiana” ; le stesse, minacciate dal fuoco di un cerino di chi svela l’inganno. Dunque, torna ancora il fuoco, simbolo di purificazione e di ritorno alla materia calcinata che non brucia, al carbone della chimica primigenia. Infatti, per rivivere, occorre farsi inghiottire dalla terra – morire?- e il suono del ramo che si spezza, adombra il grido della creatura che entra nella vita.
La vita, un “accartocciare i pensieri … affrontando le altezze…” mentre i giorni – fogli di giornale quotidiani – porteranno via l’energia dei sogni e delle speranze. La vita, niente altro che un abbraccio tra due esseri che mischiano le loro lacrime: infatti come ricorda De André “quando si muore si muore soli”, ma – sembra dire Tarquini – nell’abbraccio, figura dell’unione sessuale, si perpetua la vita.
Stefano Tarquini. Classe giugno 1978. Cancro. Sfizioso operaio. Padre. Innamorato di tutto e di niente. Non ama le festività e neanche le ricorrenze. Cocco di mamma e non solo. Non fa le lavatrici. Cucina. Canta. Bestemmia a volte. Aveva smesso di scrivere nel 2003. Ma poi… ha pubblicato poesie su diversi blog.
Il sangue di domani
Con un sorriso idiota
affronteremo le altezze,
accartocciando pensieri ad uno ad uno.
E come mani in tasca,
fogli infreddoliti di giornale
soffieranno via,
il sangue di domani.
Tornare alla vita
Ci inghiotte la terra
senza mordere,
senza chiederci il conto
e
come un ramo che si spezza
noi,
timidamente,
torniamo alla vita.
Formiche
Tornate al vostro mondo com’era prima
formiche al formicaio.
Alle prese con enormi briciole di carne,
una goccia di pioggia uno tsunami,
un sospiro é una tempesta!
Sembrate unite e compatte
cicliste in fila indiana,
drogate abitudinarie di routine.
Senza una sveglia dormireste,
senza una campanella non avreste fame.
Niente fila per la mensa,
niente acqua frizzante al distributore!
Una mezza sigaretta ogni due ore
una pisciata veloce,
e tutti ricomincia da capo….
Attenti insetti
oggi vi darò filo da torcere,
sarò il cerino con cui vi scotterete le zampette!
Fantasmi
È solo un sogno che non hai finito,
lungo una carreggiata che ti porta altrove
dove i pensieri non rimangono,
premono come fantasmi sulle tempie.
E ti fai spazio tra i vestiti della sera prima,
camminando tra le fiamme senza far rumore.
Non voglio svegliarti.
Il mio sogno diventerà il tuo.