«Si muore d’asfissia, / è noto, per difetto / d’ossigeno. Lo si può anche, / e forse più dolorosamente, / per mancanza d’affetto» (Giorgio Caproni, “Per Franco Costabile, suicida”, in “Res amissa”).
Franco Costabile (27 agosto 1924 – 14 aprile 1965) è un altro poeta che, sfortunato nella vita, lo è stato altrettanto e forse anche più nella considerazione che la sua opera ha avuto prima e dopo quel tragico epilogo, nonostante l’apprezzamento di poeti come Ungaretti e Caproni e gli studi dei pochi che hanno cercato di mantenerne viva la memoria (Antonio Iacopetta, Filippo D’Andrea sopra tutti).
Le sue raccolte di versi («Via degli ulivi», 1950; «La rosa nel bicchiere», 1961; «Sette piaghe d’Italia», 1964) sono state ora riunite e rese disponibili a un più vasto pubblico in «La rosa nel bicchiere. Tutte le poesie» (Rubbettino, 2024), con una introduzione di Aldo Nove, un’appendice di poesie disperse e una nota biografica di Giovanni Mazzei.
Nello stesso anno, Antonio Iacopetta, che a Costabile ha dedicato lunghi anni di studi, ha curato per Jaka Book l’edizione di «Via degli ulivi e altre poesie».
Con piglio da vero poeta civile, Costabile presta la sua voce a quella di un popolo intero, condannato alla povertà e alla disperazione, ma mai disposto a rinunciare alla propria dignità. È, non foss’altro che per questo, autentico figlio della sua terra, la Calabria.
Sulla facciata della sua casa, a Sambiase (che oggi è un quartiere di Lamezia Terme) e sulla lapide della sua tomba sono incisi i versi dettati da Ungaretti: «“Con questo cuore troppo cantastorie”, / dicevi ponendo una rosa nel bicchiere / e la rosa s’è spenta poco a poco / come il tuo cuore, si è spenta per cantare / una storia tragica per sempre».