Piccole Faville di Giovanni Di Lena

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

C’è chi sostiene che non esiste la poesia sociale come categoria poetica, perché tutta la Poesia è sociale, sia nell’intento dell’autore, che nella risonanza che ha nel lettore-uditore. Io mi trovo d’accordo con questa affermazione, anche se vi sono poesie che – nello stile e nel linguaggio – accolgono e sollecitano più chiaramente le istanze sociali; in special modo quando richiamano ad una “comunione di sangue” che lenisce la sofferenza e fa risorgere dalle sconfitte umane.

Anche in questa silloge, divisa in due parti “faville sparse” e “intime faville” – che più rimarcare la tensione verso l’esterno o l’intimo, si differenziano a mio avviso per il tono -, il Di Lena accende piccole luci nella mente, accende piccole braci nel cuore di chi sceglie di accostarglisi. Non basta che la poesia faccia riflettere, deve anche suscitare emozioni e sentimenti, perché le riflessioni non restino suggestioni o pensieri fini a sé stessi.

Diverse poesie meriterebbero un commento, ma ritengo che la lettura della silloge stimoli a un commento personale di questo Autore a tratti struggente, altre volte graffiante, che alla fine non disdegna anche di “starmene quieto/ in un angolo remoto/ a fantasticare”: con quest’ultima Di Lena potrebbe sembrare rassegnarsi all’inevitabile e immutabile prassi di vita, ma tutt’altro! Nel calmare i toni e mettersi in disparte l’Autore si riposa e si calma, in attesa di altre denunce e battaglie e, fantasticando, ritrova il suo mondo interiore.

 

Sbornia

 

La dottrina è scoppiata

e tu non hai resistito,

con interessi materiali

hai soppiantato i sentimenti,

compagno.

 

Abbiamo mangiato lo stesso pane

e bevuto in un solo bicchiere

(…)

quale bevanda prelibata

ti ha fatto perdere i sensi?

 

 

 

Carlo, Cristo è tornato indietro

 

Nelle nostre case,

ostinatamente pudiche,

ancora…trova ristoro

la subdola benevolenza

di chi ci governa.

Siamo abituati ad apprezzare gli altri,

a indossare abiti slavati

e a subire verità improvvisate.

Matera è l’ombelico d’Europa,

ma in questa landa abbandonata

piano soffia il vento.

Il gattopardismo impera

e tutto si muove in sordina:

la pista Mattei giace,

le valli reclamano Cristo,

ma l’Alta Velocità

l’ha bloccato a Salerno.

Egli non ha perso la via,

per non impantanarsi

è tornato indietro.

 

 

Oltraggio alla terra

 

E’ tornata la malaria

nelle piane conquistate

dagli uomini sfuggiti ai proiettili.

 

L’aria è infetta.

 

Nelle terre della rinascita

sono riemersi gli acquitrini.

 

 

Domenica

 

Si resta a casa

-traversi sul divano-

a pungersi l’anima

o a far volare il cuore

sognando ancora la luna.

 

Tutto nel tempo cambia:

era la festa della libertà

la domenica!

 

 

Giovanni di Lena, Piccole Faville, Villani Ed. (PZ) 2022

 

Giovanni Di Lena è nato nel 1958 a Pisticci (Matera), dove vive.

E’ autore, di numerose raccolte: “Un giorno di libertà” (1989), “Non si schiara il cielo” (1994), “Il morso della ragione” (1996), “Coraggio e debolezza” (2003), “Non solo un grido” (2007), “Il reale e il possibile” (2011), “La piega storta delle idee (2015), a cui va ad aggiungersi “Pietre” (maggio, 2018).