C’è chi sostiene che non esiste la poesia sociale come categoria poetica, perché tutta la Poesia è sociale, sia nell’intento dell’autore, che nella risonanza che ha nel lettore-uditore. Io mi trovo d’accordo con questa affermazione, anche se vi sono poesie che – nello stile e nel linguaggio – accolgono e sollecitano più chiaramente le istanze sociali; in special modo quando richiamano ad una “comunione di sangue” che lenisce la sofferenza e fa risorgere dalle sconfitte umane.
Anche in questa silloge, divisa in due parti “faville sparse” e “intime faville” – che più rimarcare la tensione verso l’esterno o l’intimo, si differenziano a mio avviso per il tono -, il Di Lena accende piccole luci nella mente, accende piccole braci nel cuore di chi sceglie di accostarglisi. Non basta che la poesia faccia riflettere, deve anche suscitare emozioni e sentimenti, perché le riflessioni non restino suggestioni o pensieri fini a sé stessi.
Diverse poesie meriterebbero un commento, ma ritengo che la lettura della silloge stimoli a un commento personale di questo Autore a tratti struggente, altre volte graffiante, che alla fine non disdegna anche di “starmene quieto/ in un angolo remoto/ a fantasticare”: con quest’ultima Di Lena potrebbe sembrare rassegnarsi all’inevitabile e immutabile prassi di vita, ma tutt’altro! Nel calmare i toni e mettersi in disparte l’Autore si riposa e si calma, in attesa di altre denunce e battaglie e, fantasticando, ritrova il suo mondo interiore.
Sbornia
La dottrina è scoppiata
e tu non hai resistito,
con interessi materiali
hai soppiantato i sentimenti,
compagno.
Abbiamo mangiato lo stesso pane
e bevuto in un solo bicchiere
(…)
quale bevanda prelibata
ti ha fatto perdere i sensi?
Carlo, Cristo è tornato indietro
Nelle nostre case,
ostinatamente pudiche,
ancora…trova ristoro
la subdola benevolenza
di chi ci governa.
Siamo abituati ad apprezzare gli altri,
a indossare abiti slavati
e a subire verità improvvisate.
Matera è l’ombelico d’Europa,
ma in questa landa abbandonata
piano soffia il vento.
Il gattopardismo impera
e tutto si muove in sordina:
la pista Mattei giace,
le valli reclamano Cristo,
ma l’Alta Velocità
l’ha bloccato a Salerno.
Egli non ha perso la via,
per non impantanarsi
è tornato indietro.
Oltraggio alla terra
E’ tornata la malaria
nelle piane conquistate
dagli uomini sfuggiti ai proiettili.
L’aria è infetta.
Nelle terre della rinascita
sono riemersi gli acquitrini.
Domenica
Si resta a casa
-traversi sul divano-
a pungersi l’anima
o a far volare il cuore
sognando ancora la luna.
Tutto nel tempo cambia:
era la festa della libertà
la domenica!
Giovanni di Lena, Piccole Faville, Villani Ed. (PZ) 2022
Giovanni Di Lena è nato nel 1958 a Pisticci (Matera), dove vive.
E’ autore, di numerose raccolte: “Un giorno di libertà” (1989), “Non si schiara il cielo” (1994), “Il morso della ragione” (1996), “Coraggio e debolezza” (2003), “Non solo un grido” (2007), “Il reale e il possibile” (2011), “La piega storta delle idee (2015), a cui va ad aggiungersi “Pietre” (maggio, 2018).