Nu  munne, ju recuorde, le parole (Un mondo, il ricordo, le parole) di Pietro Civitareale

Recensione di Giancarla Pinaffo

Lo scrittore, traduttore, saggista a sua volta, ma altresì poeta, Pietro Civitareale può annoverarsi tra quanti hanno compreso ed attuato l’esigenza dello scrivere in dialetto, manifestando precocemente la fede verso la salvaguardia linguistica del suo abruzzese.

Fresco di stampa è il volume  Nu  munne, ju recuorde, le parole (Un mondo, il ricordo, le parole) Poesie in dialetto abruzzese 1957-2023, Roma, Edizioni Cofine, 2024, in cui l’autore  raccoglie le poesie edite nelle precedenti numerose sillogi, pressoché l’opera omnia dialettale di Pietro Civitareale.

Diversamente dalle precedenti letture delle singole sillogi, quest’ultima raccolta ovviamente rivela una più ampia visione della poetica di Civitareale; la stella polare è sempre l’urgenza di non smarrire il tendine che unisce il poeta alla linfa della propria terra d’origine. Il mezzo è la sua musica linguistica, uno strumento  quasi ancestrale, di poche corde: Ècche retrove i ‘nzegnele de na vote, / ju cheléure de ju viénte, / le gialle de le piante, / la véjje de le vigne… // (Qui ritrovo gli antichi segni, il colore del vento, il giallo degli alberi, la via delle vigne…) (pg.87). 

Canta spesso l’amore, sempre quello per la propria terra. Poetica che è pure un caleidoscopio sul proprio percorso dell’esistere, che prende forma, matura, procede e si trasforma in conformità della vita, la propria. Intanto i ricordi iniziali  del distacco: Autre tiémpe che nen revieue / chiù, età lucente de la vite. / Ma tu allore nen le se’, / ‘uerde ‘nnenze.. // ( Altri tempi che non tornano più, età luminosa della vita. Ma tu allora non sai, guardi avanti…// (pg. 21); poi le descrizioni di quanto lasciato: Chenosce du’ piuoppe, / vecéine a na case, / che so’ come na schéle / appuiate ajju ciéle. // Tutte le notte ce sajje / l’anema majje… // (Conosco due pioppi, vicini ad una casa, che sono come una scala appoggiata al cielo.Tutte le notti vi sale la mia anima…). (pg.108); quindi il rimpianto  per le trasformazioni avvenute nel frattempo: La case nen te’ chiù/né porte i né fenestre/e i ciéjje ce intrene/ i ce jéscene come /se nce stesse chiue.//La zappe i la fàuce/se so’ arruzzenéite…// (La casa non ha più porte né finestre e gli uccelli vi entrano e vi escono come se non esistesse più. La zappa e la falce sono coperte di ruggine …)(pg. 168): ed infine la consapevolezza di un termine ma che tenace ancora reca amore e ricordo: Addò porte la véjje / che se chiame Sorte? / Ammonte, abballe, / dellà o de qua? // Nen conte la dereziéune./ Préime o dope ce arrevemme le stesse / addò emma iéjje….// (Dove porta la via che si chiama  Sorte? A monte, a valle, per di là o per di qua? Non conta la direzione. Prima o poi ci arriveremo lo stesso dove siamo diretti…(pg. 219).

L’intera poetica di Pietro Civitareale si esprime con quest’ultima raccolta, un valido contributo alla salvaguardia di un bene immateriale della nostra civiltà, quale è una lingua dialettale come questo suo gentile abruzzese. 

Pietro Civitareale, Nu  munne, ju recuorde, le parole (Un mondo, il ricordo, le parole) Poesie in dialetto abruzzese 1957-2023, Roma, Edizioni Cofine, 2024

Giancarla Pinaffo