Nella frequenza del giallo, di Roberto Maggiani

Una recensione di Gian Piero Stefanoni

“Nella frequenza del giallo” di Roberto Maggiani, è un ebook de Larcherche.it, Roma, 2012.

Da una conoscenza anche superficiale di Roberto Maggiani (qual è la mia) traspare un’indole, uno spirito cui tutto volge alla terra per sguardo e presenza viva, incessante direi tra i perché delle sue indagini e la tenerezza di un qualcosa che non gli torna, di una mancanza che lega, co-stringe quasi come in un abbraccio lo spazio delle navicelle al problema del cuore. Ragionando così sulla sua scrittura, la prima, e la sola, definizione che mi viene in mente imponendosi con evidenza, è quella di poesia della direzione e della radice. Perché, è bene ricordarlo, Maggiani è sì, per formazione che nasce da lontano, uomo di scienza che muove la sua curiosità a partire dall’universo e le sue leggi , dal microcosmo al macrocosmo, ma anche studioso cosciente dell’insufficienza della scienza stessa a soddisfare appieno da sola la sua ricerca se svincolata dalle aspirazioni e dalle tensioni dell’umano che la determinano (come Maurizio Soldini ci ricorda a proposito di “Poesia e scienza, una relazione necessaria?”, il saggio di Roberto uscito nel 2011 per le CFR Edizioni).

Ed allora se prima c’è l’uomo, ancora prima c’è, resta il bambino nella traccia con cui s’alza alle stelle nel desiderio di un’eco, di una risonanza che quaggiù spieghi, riconfermi in qualche modo il cammino nell’armonia segreta e paziente dei mondi. L’attenzione quindi è alle rifrazioni del quotidiano, nei luoghi e i volti che ci rinominano e ci raccontano, intuendovi come in uno specchio del mistero le prime e ultime onde del moto , le liturgie dei bordi cui lo spirito per stretta di finitudine, nel dialogo, alla navigazione ogni volta si innesta . Dettato che poeticamente – e miracolosamente – si realizza entro quella tensione della luce che ridefinendola ne scioglie quasi subito, in modo programmatico, i nodi. L’onestà e la necessità di senso son date infatti in lui, dal superamento della parzialità di visione su realtà e universo che contraddistingue e costringe – anche per motivi naturali- l’umano. Lo sguardo è quello di un uomo che dallo spazio chiuso delle nostre contraddizioni scorge nell’infinito della volta la possibilità di una dimensione che ci trascende e ci ingloba entro un sistema più vasto di creature intelligenti e coscienti. Una comunità cosmica (o cosmonità secondo un neologismo appositamente coniato) ove aspettative e interrogazioni umane possono trovare arricchimento. Tesi (o desideri?) forse non di oggi ma qui prepotentemente efficaci nell’anticipare e fondare un’antropologia nuova, in cui motivi e nessi scientifico-filosofici sciogliendosi nel linguaggio e nell’intelligenza della poesia, incontrano nella bellezza, e negli echi che la raccontano, forme ed echi della direzione tanto inseguita.

Dunque, e non è poco, è questo intanto il patrimonio che dalla terra viene portato, risale verso la cosmonità di cui Roberto ci parla, realizzando nel movimento la sua naturale duplice offerta simultaneamente investendo nel solco anche lo spazio da dove fiorisce. Riferimento, tra l’altro, già in modo esplicito contenuto nei titoli delle due sole parti con cui l’ebook è diviso: “Extra” e “Vita terrestre”. Perché è la casa edificata sul confine universale ciò che lo interessa davvero e che innamorandolo lo ossessiona (come lui stesso ci confessa ) nella coscienza e nella intimità dell’ abisso . Così lo scandaglio che nella prima parte sminuzzando e accarezzando le estensioni e i contorni del nostro pianeta, tra piani sovrapposti di complessità inanimate / dove la biologia si muove veloce, dirompe oltre la meraviglia dell’immersione inseguendo rotte e bagliori d’altra specie, nella seconda diventa scrittura d’amore. Impronta, a dire il vero, già presente nelle due sezioni di “Extra”, nell’invito con cui ci sommuove a considerare le formule matematiche che accompagnano i versi come disegni, pur se astratti, o citazioni d’ d’altre lingue, espandendo in questo modo la nostra capacità di lettura e d’ascolto nelle frequenze soffuse di una sintassi più alta, e aperta alla ricerca di uguali, nel silenzio che ci lascia soli (nel brano “Teoria delle stringhe” la virtù dell’umano, che è apertura e fede, raggiungendo un accordo raro tra pensiero, disciplina e vibrazione artistica). Così se non possono avere risposta le diverse domande a proposito del reale e dell’Universo nel cui sistema, nelle cui incandescenze, forse ci siamo persi, ogni volta, con determinazione ma anche con un soffuso dolore, lui ricomincia dalle conoscenze e le fatiche entro le quali ci siamo costruiti immaginando questo pianeta. Di qui quella pietà di fondo, che nel tentativo di ricomporle, si affida e le affida a chi provenendo, se non dalla nostra, da una più o meno vicina galassia possa nella distanza anche in un tempo lontano misurarci e spiegarci (vedersi, riconoscersi a partire dallo sguardo dell’altro è uno degli accenti più presenti nel libro- si legga al proposito “Incontro ravvicinato”, per quanto mi riguarda per intensità l’attaccamento alla vita più struggente). Volgiti / all’Universo e spera, quindi in esergo aprendo nella sezione che segue, “Vita terrestre” appunto, dove finalmente tanto ardore, come anticipato, si fa racconto di carne e tempo nelle metamorfosi e negli incantamenti delle ombre, Amore pieno, nel cui spirito si cela il destino delle nostre anime aprendo la porta / di ogni giorno ad una gioia sconosciuta. Ma anche al patimento della sofferenza degli altri , perché in questa unione è il reale che ci spetta e che in Nonna Dina, nel caro nipotino Pietro, nelle figure dell’amore esclusivo insieme agli amici e ai compagni d’Accademia, ci consegna al termine del viaggio un Roberto Maggiani in compiutezza d’inno: lui stesso mappa e vastità di sorrisi, fiammella tra le mani / di un Dio ora evidente.

Gian Piero Stefanoni

Roma, 11 maggio 2012