Nel Gasometro di Sara Ventroni

Bisognerebbe leggere Nel Gasometro (Le Lettere, 2006, euro 18), lavoro ‘polimaterico’ della performer romana Sara Ventroni, partendo dal racconto La buca del dollaro, per dare una risposta ai dubbi avanzati da Renato Barilli sulla presunta gratuità dell’ossessione su cui poggia l’intero Sammelwerk  ventroniano, illustrato da un interessante bolo-laboratorio di schizzi e scartafacci.

Non è difficile, infatti, farsi depistare dalle acute mosse dell’autrice che indica come prima sorgente della sua decennale ossessione la traduzione privata della Waste Land di Eliot in cui avrebbe incontrato la parola gashouse ‘gasometro’.

La sorgente, però, vera ed inconscia, da cui spiccia l’ossessione-gasometro (se quella conscia, intellettuale, letteraria, fuorviante è la traduzione da Eliot) è La buca del dollaro descritta nel racconto omonimo. Una grotta del bosco di Manziana a cui la Ventroni bambina non poteva neanche “provare a avvicinarsi”. Da quel divieto di incontrare la morte, la morte per gas (come la morte per acqua),  nasce la sua passione-ossessione per lo zolfo, e il raffinamento dello zolfo.

Il racconto è senza dubbio il fulcro ritmico dell’intero ‘prosimetro’ e si dipana, come vero e proprio nostos-inchiesta (con tutti i suoi elementi narrativi: il viaggio, il bosco, la guida, il divieto, l’insegnamento, l’incontro). Ritorno all’infanzia e al divieto di entrare nel “mistero inespugnabile”, in “un luogo fluttuante non battutto sulle mappe” ma che uccide chi vi entra perché “esala gas naturale, letale e inodore”.

Solo concentrando lo sguardo, dunque, su questo divieto infantile capiamo l’ossessione cittadina, urbana, della Ventroni e sciogliamo il dubbio di Barilli, confutando la gratuità ossessiva. L’ossessione profonda della Ventroni non è il gasometro ostiense o i gasometri che insegue e da cui è inseguita per mezza Europa, ma lo zolfo, l’odore della morte inodore di Manziana, quel divieto di incontrarla, la morte.

All’ossessione assente (la grotta vietata), si risale attraverso i referti in versi dello scontro continuo con l’ossesione presente, ingombrante, reale del Gasometro che incombe negli occhi, nei passi, nella memoria dell’autrice. È la Ventroni stessa, che – come lo zolfo di Manziana – si è sottoposta a un processo di inurbamento e affinamento: dall’adolescenza informe alla personalità formata, dal bosco alla città, dalla materia (putrefecale) all’oro.

Viste in quest’ottica le decennali variazioni ventroniane – in tutta la loro ricchezza di registri – sul tema del Gasometro assomigliano all’ostensione musicale dei processi e prodotti alchemici della sua crescita (artistica, umana, spirituale): da vita informe a poesia, o meglio a “ritmo e tensione” come sottolinea nella letterina d’apertura Pagliarani. Autore che, se qui ha un’influenza diretta, di là dal lungo discepolato, la ha con Fecaloro.

È certo che l’attività di  performer, che Berardinelli recensendo Scarpa lega negativamente alla spettacolarizzazione della letteratura, ha svolto qui un ruolo positivo, anzi, necessario. Solo ponendo continuamente il testo sotto la lente dell’ascolto, sotto il giudizio severo dell’orecchio, si compongono versi come quelli della Ventroni: tra i più interessanti della poesia italiana di oggi.

Pier Mattia Tommasino
13 dicembre 2006