Na giungla de cartó

Libro di poesie di Anna Elisa DeGregorio nel dialetto di Ancona

 

[LUGLIO 2020] Na giungla de cartó (Una giungla di cartone). Poesie nel dialetto di Ancona, di Anna Elisa De Gregorio, raccolta vincitrice della XVII edizione del Premio nazionale di poesia in dialetto “Città di Ischitella-Pietro Giannone” 2020, pp. 40, ISBN 978-88-98370-66-5, euro 12,00.

La cerimonia di premiazione si è svolta in Ischitella (FG) il 5 settembre 2020.

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IL LIBRO

Anna Elisa De Gregorio, voce tra le più certe, discrete e sensibili della poesia in lingua italiana, con questa seconda raccolta nel dialetto di Ancona, si conferma anche tra le migliori dialettali in attività.

Inoltrarsi nella lettura della silloge vincitrice del Premio Ischitella-Pietro Giannone 2020, Na giungla de cartó (Una giungla di cartone), equivale ad affrontare un percorso di conoscenza, denso di immagini tese, terse, e tuttavia mai intellettualmente pacificate o definitive: equivale, ovvero, ad entrare in una selva oscura, dove nubi stratificate ed inquietanti, accompagnate da immagini chiare e presaghe, di sapiente luminosità di pensiero e di parola (la parlata anconetana, popolare e ricca di risonanze oltre che di una sua connaturata musicalità), annunciano un passato immedicabile, un presente in quarantena ed un futuro in allarme.

Sapientemente costruita su tre sezioni rispondenti a tre agili e tenaci fili conduttori: l’andamento binario della prima parte, , con due punti di vista, due colori, due fasi, due visioni; i tableaux della seconda parte dal titolo eponimo; infine, tra rievocazione e interrogazione nella terza parte, Drent’a n oblò culminante con La poesia onesta, vertice morale e perentoriamente chiarificatore di un Ethos e di un destino che si svela per immagini nitide, analogie e similitudini, grazie all’ottimo accostamento tra la peste boccaccesca e la peste odierna, come tra il melo e il poeta, entrambi intenti a fare ciò che loro compete: la “poesia onesta”, la ‘competente humilitas’ che lega come un fil rouge la poesia umilmente grande e sapientemente autentica di Saba, Luzi, Caproni e Scataglini.

È solo in virtù di una ‘poesia onesta’ che è possibile dire l’esperienza del mondo, la memoria della lingua e della Storia, quella grande, del Novecento, riverberata (e, verrebbe da dire, illuminata dalla visione del mare anconetano) attraverso alcuni fatti tanto esemplari e marcati a pelle nell’immaginario (il sacrificio di Palach, i giorni del Covid 19, la tragedia del Polesine attraverso la fantasia e gli occhi dell’infanzia) e la cui narrazione parte sempre da una prospettiva ‘umile’, umanamente condivisa, variamente interrogante e mai giudicante.

Tutto l’universo sensibile in Anna Elisa De Gregorio, sia esso interiore e sia esso ‘di relazione’, come nella dualità uomo-natura, partecipa con dolcezza e disincanto all’esistenza, alla resistenza e alla sofferenza quotidiana e feriale del mondo e di chi lo abita.

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L’AUTRICE

Foto di Elisabetta Masi

Anna Elisa De Gregorio è nata a Siena da genitori campani e abita ad Ancona dal 1959. Ha pubblicato nel 2010 il suo primo libro di poesie Le Rondini di Manet (Firenze, Polistampa), prefazione di Alessandro Fo (Premio Pisa 2010 opera prima; Premio Contini Bonacossi 2011 opera prima). Nel 2012, grazie al concorso Inedito Colline di Torino, ha pubblicato il suo secondo libro Dopo tanto esilio (Rimini, Raffaelli), prefazione di Davide Rondoni (nella cinquina finalista del premio Gradiva, New York 2013, primo premio Borgo di Alberona 2014). Nel 2013 ha pubblicato, grazie al DARS di Udine, una plaquette di poesie dal titolo Corde de tempo, in dialetto anconetano. Nel 2016 ha pubblicato il volume Un punto di Biacca (Milano, La Vita Felice) con una nota di Francesco Scarabicchi (nella terna del premio Metauro 2016, finalista premio Guido Gozzano 2016). È del dicembre 2019 L’ombra e il davanzale (Macerata, Seri) con testi poetici e haiku, arricchiti da tredici illustrazioni di Francesco Pirro.

Presente in numerose antologie, pubblica articoli su riviste letterarie e blog (Poesia, Caffè Michelangiolo, Le Voci della Luna, Clandestino, Atelier, L’Immaginazione, Periferie, Nostro Lunedì, Poesia 2.0, Versante Ripido, Fili di Aquilone). Ha organizzato stage presso scuole e circoli culturali sulla poesia haiku.

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NEL LIBRO

Dó case siamesi 

Interno uno:
qui ce stava n omo
solo. Guasi tacato a la parete
senza fà rumore na matina
je s’è spezzato l core.
Bandunato sul marmo
de na stanza da pranzo, per un mese. 

Interno due:
ciabitàva na dòna
sola: stava de là dal cantinfòjo.
Ndava al mare lia, faceva spesa,
dav’acqua a le piante: nzóma campava.
Nun s’è ccorta de gnente,
a n passo da la morte, per un mese. 

CASE SIAMESI – Interno uno: qui abitava l’uomo / solo. Accanto alla parete / senza rumore una mattina / gli si è spezzato il cuore. / Abbandonato sul marmo / della sala da pranzo, per un mese.
Interno due: abitava qui la donna / sola: al di là del muro. / Andava al mare, faceva la spesa, / dava acqua alle piante: aveva una vita. / Nulla le sembrava fosse accaduto, / a un passo dalla morte, per un mese.

 

Na giungla de cartó
                                       a Henri Rousseau
Mai sò stata ntuna giungla mericana
sò capitata, nvece,
ntel core de na giungla de cartó,
nuturna, nveruchiata.
Ntun corpo de tigre ntra le tigri
o zenghera che dorme
sot’a n vetro de luna, e lì a fianco
la toletta liberty de nona
a fà da divisorio.

 

L fiume è na striscia de pureza,
ntra i rami nisciuno che me magna
viva, o sola me bandona nte l’acqua,
anzi, l serpente me dice: stà tranquila,
te possi arcoje la mela
senza lasù na voce che te róga.
L teto de marzapane senza sdrega,
cento giòghi nzugnati a Natale,
mi madre, più de tuto, che me ride.

 

UNA GIUNGLA DI CARTONE – Mai sono stata in una giungla americana, / mi sono trovata, invece, / nel cuore di una giungla di cartone, / notturna, intricata. / In un corpo di tigre fra le tigri / e zingara che dorme / sotto il vetro della luna, e lì a fianco / la toletta liberty della nonna / che fa da paravento. // Il fiume è una striscia di purezza, / nessuno fra i rami mi vuole sbranare, / o abbandonare in acqua, / anzi il serpente mi dice: tranquilla, / puoi mangiare la mela, / senza che nessuno lassù ti cacci via. / Il tetto di marzapane senza strega, / i cento giochi che sognavo a Natale, / e, prima di tutto, mia madre che mi sorride.

 

La storia vera del Polesine

Cu la retína streta sui capeli
la maèstra ce spiéga l’aluvione,
e pare dó girèle i vetri di ochiali:
Polesine, n pòsto mai sentito a dì,
ch’adè l nomina ncora l’aradio.

Me penzo sti paesi scesi giù
ntela fanga, ndó l’anime se fòga.
A casa zite zite nona e mama
girene quatro feri ntele mà
pe’ fa i calzeti da mandà ai sfulati.

Ce dà la maèstra l tema per casa:
Parla della tragedia del Polesine.
Cuscì nvènto che ciò n fratelo nòvo,
ch’è rivato da qui pantani d’acqua,
che semo ndati a prendelo dal prete.

Ho scrito ncora de la taza che cià
pe culazió…Ma n’ho mes’in conto
che sogni e bugie cià le gambe corte.
Nun te digo a casa, l giorno dòpo, e
cu le cumpagne a scola…

LA STORIA VERA DEL POLESINE – Con la retìna intorno ai capelli, / la maestra ci racconta dell’alluvione / e sembrano due girelle i vetri degli occhiali: / Polesine, luogo esotico, di fiaba, / che adesso si nomina anche alla radio. // Penso a quei paesi scivolati / nel fango, dove ogni anima è affogata. / A casa mia nonna e mia madre in silenzio / girano i quattro ferri della calza fra le mani / per fare i calzini da mandare agli sfollati. // Ci dà la maestra il tema per casa: / Parla della tragedia del Polesine. / Così invento che ho un nuovo fratello, / che è arrivato da quei pantani d’acqua e che siamo andati a prenderlo dal prete. // Ho descritto anche la tazza che usa / per la colazione… Ma non ho messo in conto / che sogni e bugie hanno le gambe corte. / E non sto a raccontare quel che è successo a casa, il giorno dopo, e / a scuola con le compagne…