Poeta di ritmi e immagini essenziali, testi minimi, schegge, talora isolati frammenti, nell’ultima recente produzione Miguel Angel Cuevas adotta uno stile caustico tra il serio e il divertito che volge all’ironia e alla satira con dichiarati intenti critici. Modus deridendi (Santocono Editore, 2014, disegni e incisioni di Antonio Santacroce) è prezioso e godibilissimo piccolo libro di versi o disinvolta versione sul tema della poesia (e su chi la scrive) nel quale lo stesso autore ‘impersona’ e ‘interpreta’ i canoni della tradizione poetica in una sorta di raffinatissimo divertissement che va a scapito di certi poeti e critici ‘importanti’ (dalla accurata, dotta prefazione di Giovanni Miraglia), dei quali stigmatizzare l’avara e comoda auto-referenzialità: Conservo libri che so/non leggerò affatto.//Scrivere, aggiungere ancora/più parole a un testo/che giammai leggerei.//Se fosse altrui. Mio,/lo rileggo, gioisco./Con un brivido/ scoppiano giubilose le bassure.
Il filo a due capi e d’unica radice, poesia/poeta, di cui bisogna saggiare la consistenza è filo intorno cui ragionare, mentre si appresta la sfida, in versi endecasillabi, affidata al sonetto Missiva (poesia del guanto, vien da dire): Questa forma elegante, pellegrina/di secoli e di lingua, un incipit cortese che procedendo svela: vorrei,/discreto amico, nella serpentina//occasione cinerea del saluto/al pelago scolastico, una musa/o ninfo ti porgesse, ché non dubito://tra la voce del cordovano fusa/al monco, singolar cavalleria,/tributo e beffa, sentirai la mia. Parodia e auto-parodia, anche, vis polemica per un gioco serio che smaschera il ridicolo con parole auliche, usate ad arte per suscitare il riso. Scritto in lingua spagnola, traduzione italiana dello stesso Cuevas, Modus deridendi parte dall’osservazione che certa poesia è spesso (fin troppo) artificio, moda e posa che trovano in certo Coro sostenitore alimento e plauso, taverniere, oste/di chi vedete qui, i cachinchiostro,/ha spillato una botte di vin biondo.
Dell’inautenticità di certi artefici Cuevas offre un sapido repertorio, ritratti in versi dedicati a Il dotto taverniere, I letteraferiti, Le ceneri del poeta, Il nunzio spennacchiato e un singolare Sonetto strambottico con il quale si intende corteggiare donna-poesia.
L’aura poetica evapora al cospetto di Versetti, versicoli/ d’occasione- di jocus:/(…)/ Deriso, giocato è l’io poetante/in questa certo non poesia scrive, si rivolge l’autore ai Benvoluti o malvoluti/colleghi cui manca il peso, la sostanza della filologica fatica.
Di converso, palese è l’omaggio ad alcuni grandi autori, spagnoli e italiani, tramite citazioni, analogie, rimandi. A coloro che hanno arricchito l’intreccio tra la scrittura e la vita nostra gran casa madre,/matrigna dei nostri parti con parole di verità, Miguel Angel Cuevas grato dedica questo sorprendente, intenso lavoro poetico dalla parola lucida e beffarda.
Maria Gabriella Canfarelli
Nota bio-bibliografica
Miguel Angel Cuevas (Alicante, 1958), già docente di spagnolo presso l’Università di Catania, insegna letteratura italiana all’Università di Siviglia. Studioso e traduttore di Luigi Pirandello, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vincenzo Consolo, Maria Attanasio, Angelo Scandurra, ha inoltre curato edizioni italiane di José Angel Valente. Per la poesia, in Italia, ha pubblicato le auto-traduzioni dell’antologia 47 frammenti (2005) e Scrivere l’incàvo. Studio per Jorge Oteiza (2011). Ha inoltre pubblicato le raccolte di versi Celebration del la memoria (1987); Manto (1990); Incendio y término (2000); Silbo (2001); Memoria (2013).