Michele Coco (1934-2008), vita scolastica e passione letteraria

di Cosma Siani

Si è spento il 22 agosto 2008 Michele Coco. Una vita spesa nella scuola, fin da quando, laureato in lettere all’Università Cattolica di Milano con una tesi in storia del teatro sulle tragedie di Seneca, era tornato alla terra d’origine per insegnarvi italiano e latino. Era la fine degli anni Cinquanta. Un ventennio dopo diviene preside nel locale liceo, “Pietro Giannone”, dove era stato studente e insegnante, e dove resta fino al pensionamento.

Quella che Michele ha vissuto è una scuola di buona memoria, in cui l’insegnante insegna, ma ha pure fisionomia intellettuale e culturale. Fu autore di testi scolastici per il latino e il greco; ma non solo questo. Non c’è evento nei suoi luoghi in cui egli non sia stato presente, e spesso partecipe, spesso promotore, con animo aperto e disponibile.

Il suo era amore per la letteratura, prima che ambizione letteraria; e perciò, non tanto ricerca di contatti prestigiosi per autopromozione, ma letture attente di classici antichi e contemporanei, di autori della modernità; ed esercizio parco, lento, intenso, della scrittura e dello stile. Proprio perché passione e non ambizione, Michele era attento anche alle espressioni letterarie dei conterranei, pur minute, e non disdegnava di scriverne, nel suo modo terso, elaborato con lentezza e cura.

Io credo che sia, se non merito, suggestione sua se negli anni Settanta fu portata alla luce la poesia dialettale di Francesco Paolo Borazio. Oggi Borazio è citato in tutti i repertori specifici; ma allora, morto da un ventennio, era stato sempre elogiato e mai pubblicato da chi lo conosceva. Fu Michele a rileggerne, a fine anni Sessanta, il delizioso poemetto eroicomico Lu Trajone, e pubblicarne stralci commentati su fogli locali. Quando, qualche anno più tardi, l’amico Antonio Motta ed io progettammo di avviare una collana di libri del territorio, i “Quaderni del Sud”, decidemmo come primo titolo proprio Lu Trajone, perché lo conoscevamo da quello che ne aveva scritto Michele (che fu terzo curatore del volume, realizzato nel 1977).

Ancora un esempio. Michele fu il primo a scrivere, sulla Rassegna di studi dauni nel 1976, uno studio sulla poesia latina di Joseph Tusiani, quando questi aveva edito ancora solo un opuscolo della sua vasta produzione neolatina. Tusiani è oggi riconosciuto dagli esperti del settore come uno dei maggiori neolatini. Michele ne aveva preconizzate le potenzialità prima di altri, in Italia e non solo.

Dunque, lo studio, denso e tenace. E poi la poesia, che lo accompagnerà fino alla fine. Poesia tradotta in versi italiani dall’antichità classica (con excursus nella lingua spagnola insieme al fratello ispanista Emilio). Impossibile qui fare anche solo i nomi dei poeti tradotti (e bisognerà che altri lo faccia in altra sede). Ma vanno ricordati almeno i recenti volumi Alceo. Liriche e frammenti (2005) e laversione di tutti i Carmina di Catullo (2007).

Infine la poesia in proprio, scritta con parsimonia, pudicizia quasi, come tutto ciò che era suo. Quando uscì Momenti, la migliore fra le sue raccolte di liriche (1968), Michele disse: “Prima di decidermi a pubblicarla, ho aspettato tanto di benestare di Pasquale Soccio” (che ne stilò la prefazione). Ed ecco la voce di Michele poeta, riservata ed elegante nelle sue cadenze quasimodiane:

A sera

quando l’asfalto rugoso si bagna
nell’ombra delle case
sollecita ritorni.

Ogni sera
a ravvivarmi il fuoco dell’attesa.