Dentro e fuori, io e noi, L’aiuola feroce e Dietro le quinte: l’io che racconta ciò che vede del mondo e di sé stesso, dal suo punto di osservazione e con la sua riflessione. La nuova silloge di Luigi Bressan è quasi un’osmosi poetica: “Là c’è un occhio di Salgado / un luogo dove è finita la speranza…Qua un diverso paesaggio è stravolto / non si discerne come fosse avanti / tanto l’umano abisso vi si specchia…” Versi in bianco e nero, nitidi, veri, come le foto di Sebastião Salgado; come quelle, non distratti da cromatismi, solo gradazioni di grigio, perché il lettore possa immaginarsi i colori dettati dalla propria sensibilità.
E ancora “I bimbi inventano giochi di cripta / se il pallore non cancella le facce”: in un mondo che ha perso i colori, tranne il rosso del fuoco, i bambini continuano a giocare, a inventare e inventarsi, a consolarsi tra loro, perché “chi abbraccia abbandona”; la solitudine è in agguato oltre i legami e gli affetti.
Nei tanti scenari di morte e distruzione sparsi per il mondo, i bambini – il futuro, la speranza del mondo – “si vedono emergere dalle pietraie / dove vivono come lucertole / salire sulle punte più taglienti / e di là ascendere al cielo…”: Bressan è lì, si aggira con loro, nelle città rase al suolo, “tra collassi di palazzi” e il silenzio “entrato in ogni pietra”; tra le buche che si empiono d’acqua e divengono trappole per ogni specie di animali, sopravvissuti alla “tempesta di fuoco” ma persi nelle carie prodotte dalle bombe.
Quanto spreco di uomini, animali, case! Uno spreco che attraversa il tempo e la storia e la geografia della Terra e il poeta guarda e raccoglie e scrive perché “se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19, 40): le stesse che si riempiono del silenzio, le pietre-parole che assorbono il vuoto assordante e di esso risuonano per restituirlo nei versi.
Luigi Bressan, ottimo poeta nella lingua materna, il dialetto, si dimostra tale anche in lingua, in una efficace asciuttezza, non priva di sonorità e di ritmo che nulla tolgono alla drammaticità delle visioni; come quando descrive un corteo di morte a Gaza: “Giovani vestiti di nero camminano / verso un luogo che non si vede / portano sulle loro braccia pietose / bianchi sudari in fasce di bambini / ancora morbidi come nel sonno” là dove i primi tre versi- metricamente dissonanti – sono tagliati sulle parole particolarmente significative: il camminare, la meta assurda (che non si vede o non esiste?), la pietas; e i due seguenti scandiscono un’armonia tragica di ninnananna.
Da “L’aiuola feroce” a “Dietro le quinte” – le due sezioni della raccolta – cambiano gli scenari, ma non muta la sostanza, fuori dalla guerra – quella delle bombe – ma non fuori da una desolazione simile: “la statale dismessa è una crepa / che taglia in due l’abitato” e il vecchio paese è in vendita, così come è stata venduta alla RSA una vecchia che “urla di terrore” non per follia, ma per solitudine e per paura onirica di perdere la sua creatura. E le automobili “in sosta lungo i marciapiedi / stanno lì tutta notte i carapaci / racchiudono i vuoti della giornata” in attesa della mattina per riprendere “una ricerca che non ha mai fine / lungo la crosta della terra” : sono gusci che racchiudono un vuoto di senso e di inutilità nella sosta notturna, mentre di giorno viaggiano in una ricerca di senso, come gli insetti in cerca del cibo sulla terra. Né ha più senso “la ricerca / di un medico nuovo” che assicuri i “farmaci salvavita” unica ragione per uscire, anche quando non se ne ha voglia.
La vita -dice Bressan – si snoda nelle ripetizioni dei gesti, in una stanchezza che non basta ad ucciderci, aggrappati ad un corpo prostrato, insonni, timorosi, lasciandoci trasportare – stando fermi, passivi – da aerei e navi; e non ci riscatta, non ci basta, la consapevolezza che esista chi persegue la guerra come un gioco a scommessa, nascosto dietro gesti quotidiani di normalità e gentilezza. Ma ci restano gli occhi e la parola.
Bagliore
Ti voglio bene non preoccuparti
vedrai che…Come si fa a dirle
certe frasi strappate camminando
di lato tenendosi per le mani
attraverso lo sbarramento perché
bisogna andare senza sapere
senza fermarsi per respirarsi
in faccia i giorni della lontananza
i giorni rubati prima di vederli
la luce che risveglia all’incontro
riuniti dalla pioggia in un andito
e quando riconosci nella nebbia
il tuo gruppo che avevi smarrito
le parole gioite o piante all’orecchio
l’angolo dove accanto alle foto
alle monete si fermerà l’orologio.
Assale questa luce desertica
trafugata dal sonno e dalla notte
e ogni affetto oscura in un bagliore.
Salvavita
L’aria piove scura nelle vie del centro
guardo i muri delle case le vedo
come quando non ci sarò più
dalle porte serrate filtra un liquame
di ruggine si dirama sul selciato
mi ricorda quando sono stato
al mattatoio – visita guidata – che idea!
-noi gli animali li trattiamo bene –
l’odore del sangue lavato
non va via ristagna nelle fughe
dopo la mensa si sentiva ancora
la spiegazione sull’abbattimento
parla di benessere dei bovini
non so di preciso dove sto andando
non volevo nemmeno uscire di casa
se non ci fosse sempre di mezzo
qualche pratica -ah sì- la ricerca
d’un medico nuovo- anche loro
vanno in pensione- che mi assicuri
le ricette per i farmaci salvavita.
Risveglio notturno
La notte è un vecchio orso abbattuto.
Aggrappati alla pelliccia insanguinata
per raccogliere l’ultimo respiro
l’aria del bosco sulle foglie marcite
restiamo così con occhio vigile
e una stanchezza che non può morire
una rugiada sulle nostre spalle
da anni fermi o confusi ai semafori
sulle scale mobili – sui piroscafi
incagliati- sugli aerei fermi in volo.
Tutte le nostre cellule lo sanno
ma girano armi e ai tavoli da gioco
serviamo cappuccino con la schiuma.
Maurizio Rossi 24/3/2025
Luigi Bressan è nato nel 1941 ad Agna (PD) e vive a Codroipo (UD), dove ha insegnato materie letterarie e latino. Ha pubblicato alcune opere di poesia nel dialetto del suo paese d’origine: El canto del tilio (1986); El zharvelo e le mosche (1990); Che ’fa la vita fadiga (1992); Maraeja (1992); Data (1994); Vose par S. (2000). È presente in varie antologie, tra cui: Via Terra ; Nuovi Poeti Italiani, Un altro Veneto. Ha fatto parte della redazione della rivista di letterature dialettali «Diverse Lingue». Ha diretto, con Giacomini e Cappello, la collana di poesia “La Barca di Babele” per il Circolo culturale di Meduno. Attualmente è membro della redazione del Ponte del Sale, con cui ha collaborato ai volumi collettanei La Bella Scola: I primi sette canti dell’Inferno letto dai poeti (2003) e all’omaggio Da Rimbaud a Rimbaud (2004). In lingua ha pubblicato: Quando sarà stato l’addio? (2008), Insieme a Marco Munaro e Giovanni Tesio, illustrati da Gabbris Ferrari ha pubblicato Quetzal (2019). Per Ronzani Editore, con versione inglese a fronte, è recentemente uscito il volume La viola di Strauss / Strauss’s violet (2022).
Luigi Bressan, Scenari, Carabba ED. Lanciano (CH), 2024