L’Isola di Grazia Scuderi

Recensione di Maria Lenti

 

Rastremati i versi, essenziale il linguaggio, centellinata la lingua: Grazia Scuderi conferma in C’era n’isula C’era un’isola, secondo al premio Ischitella 2022, le sue caratteristiche poetiche, già notate nella prima uscita,  Ciriminacchi (2019). L’isola, nel dialetto di Catania, è la Sicilia, mitica per storia e per evocazione, viva di tutti i suoi miti e paesaggi. E mitica nella vivenza odierna, essendo che, come scrive Anna Maria Curci, «un’isola non è mai soltanto sfondo o scenario di un’azione, luogo su una mappa, dimora o punto d’approdo. Almeno fin dalla poesia omerica, all’isola vengono associati desideri, aspirazioni, timori, paure, visioni. Di isola in isola, la letteratura di tutti i tempi si è arricchita di varianti, di richiami, di rivisitazioni e di vere e proprie trasfigurazioni». 

E per questa visionarietà, parte del proprio desiderare e del proprio stare, Grazia Scuderi si affida a personaggi (Ulisse, Penelope, Laerte, Anticlea, Telemaco titolano le cinque sezioni del libro e sono titolari della prima poesia di ogni sezione) alonati di metafore e di simbologia: l’andare e il restare, la ricerca e la vita donata, l’amore e il ritorno, l’orfanezza non accettata. Si affida al suo luogo, ai suoi luoghi, di mare e di sole, di urgenza di luce e di fuga dalla chiarità, dell’oscillazione tra introiezione e  necessaria messa ai limiti, tra permanenza intima e rilascio al proprio destino, se si vuole vivere. 

Ci sono tutti («ju u sacciu / ci siti tutti pari – io lo so / ci siete tutti quanti)», i protagonisti del suo interloquire silenzioso. La poeta lo dice in exergo (“C’era n’isula”, p. 6 ). Ci dialoga, mai in controcanto eppure con la consapevolezza che essi sono lievi e pesanti: come si acclara quando, nel più profondo sé, il passato non lascia spazio al presente, quando il presente non sprigiona il futuro.«Addimurari. / U suli u sapi / ca non si pò addimurari. / Agghiurnari, / abbruciari, / all’ultimu /calari. / Addimurari / no. (“Addimurari” – RESTARERestare. / Il sole lo sa / che non si può restare. / Albeggiare, / bruciare / ed infine / tramontare. / Restare / no.»,  p. 30). 

Amore, che «non raccoglie parole ma solo sospiri», che è «fiori d’inverno / e nuvole d’estate» (p. 19), tanto: per il gelo e per l’allodola, per il sole e la terra bruciata o rossa o nera, per il vivere nella realtà  e il dimorare nel mito, nella costante onirica e nel vivo corporale. In quest’isola il sé è immerso e da quest’isola il sé emerge in un amalgama di tenerezza e di surplus emotivo: «Luci” – Luci ro cori / non mi lassari sula / statti ccu mia / tannicchiedda. / Uora ti viru / je sugnu cuntenta. / Fora c’è scuru / rumani si pensa. – LUCE Luce del cuore / non mi lasciare sola / rimani con me / ancora un poco. / Ora ti vedo / e sono contenta. / Fuori è buio / domani si pensa.» (p. 22). 

Un sentire e sentimenti che reclamano, ognuno per la sua parte, una tregua e una conferma: l’essenza, infatti, di questa raccolta di Grazia Scuderi non è nella dicotomia lacerante ma nella conciliazione dei due poli, opposti sì ma restituenti a sé, e alla poesia tutta,  la serena presenza dei contrari: come è nella vita che accade, che fa accadere e che ci determina o ci definisce, o ci confina, nell’un e nell’altro accadimento luminoso o oscuro che sia.

Grazia Scuderi, C’era n’isula – C’era un’isola, Prefazione di Anna Maria Curci. Postfazione di Vincenzo Luciani, Roma Cofine 2022, pp. 48 € 10.00

Maria Lenti