Legno estivo di Eleonora Bellini

Recensione di Maria Lenti

 

Asciutto, caldo è il legno d’estate. Il tronco di un albero, una stecca, un ramo secco a terra o tra le siepi, un pezzo di legno sparso dal vento nella strada o nel campo assorbono i raggi del sole e li restituiscono in fuoco. Il fuoco, il calore fanno il loro giro e si sciolgono in bruciori, come gli assalti di belve (“Horribilis aestas”), di vespe (“Le vespe”), in tronconi di tigli (“Sulla strada dei tigli violati”), ma anche, sempre in simbologia, nelle figure di frutti (“La mela”), di giochi (“L’altalena”), di raccordo-relazione con bambini (“Il vulcano”, “L’immenso”) ossia la vitalità.

Legno estivo (denso libro di non molte pagine, di versi intensi, mai un aggettivo superfluo né retorico) si apre con la poesia “Difese”: «Non amo i rovi, ma pregusto le more. // … Ricordiamolo quando cogliamo una rosa / o stacchiamo un frutto dal ramo / e annotiamo: anche i limoni, / i bei limoni d’oro, / i limoni di sole profumati, / anche i limoni hanno le spine.» I rovi pungono ma hanno le more, i limoni hanno le spine come le rose: si goda di queste offerte ma si sappiano le loro insidie celate più o meno ad arte.

Giunge l’eco del “giardino di piante e di fiori” leopardiano – qua e là rivelatore di morte e dissoluzione -, ma non giunge della ricognizione nel giardino la disperazione quanto la limpidità della conoscenza, così da restare prossimi dell’una possibilità e dell’altra, avvertiti di una sostanza che ci riguarda. Torna Leopardi, ma della “Ginestra”, o il Leopardi ironico mentre guarda dentro l’essere frale.

Questa una lettura del legno estivo di Eleonora Bellini. La natura che si trasforma, la natura che non muore, la natura che ha le sue leggi non ignorabili da parte del vivente anch’egli nel ciclo di nascita e spegnimento, di riprese e di cadute. Leggi di bene e di male. Una conoscenza estesa alla cronaca e alla storia (“Strage”, riferimento ad un fatto vero del 13 agosto 1944), alla quotidianità degli inciampi e pure del sentirsi liberi dal peso del tempo in un andirivieni memoriale e sensitivo (“La frangetta”).

E dunque? Eleonora Bellini restituisce in questo Legno estivo il dono della accettazione dell’esistenza con le sue traversie, i lampi di gioia, le felicità, le cadute e la necessità di aprirsi varchi, non indicandoli se non come carpe diem illusivo (“Memento”) o come resistenze di affetti affidati al continuum esistenziale o ad esso fedeli. Risvolto di una sorta di sapienza, ché altro non sembra essere concesso dalla natura. Una sorta di sapienza? Il “legno estivo” riscalda. Il resto-prosieguo gli è connesso strettamente.

Eleonora Bellini, Legno estivo, Lecce, Youcanprint, 2019 pp. 52,  € 11.00

 

Maria Lenti

 

Pubblicato il 24 gennaio 2020