La cruna della notte di Luciana Raggi

Recensione di Maria Lenti

Pensieri, timori, rancori e ire, segreti restati tali, memoria di ricordi non rivelati, immagini di un vissuto recente, desideri di chiarità: La cruna della notte, ultime poesie di Luciana Raggi per Alter, appare un “silenzioso dialogo dell’anima con se
stessa” (Platone): «mi specchio nella notte / viaggio nei miei lineamenti / ne percorro lentamente i sentieri» (p. 114); «accovacciata nella notte / cerco nel corpo / una consolazione che non arriva» (p. 89); «certe notti / potrei inventare storie di sangue / tanta è la rabbia // se ci fosse fuori un nemico» (p. 83). Verso per verso l’autrice consegna alla pagina i suoi viaggi nella notte, quando il buio rende sottile il sentire e più richiama un non esistente, portatore di vitalità, e un esistente, al contrario, di afflati in spegnimento.
Soggettiva questa notte insonne? Sembrerebbe, poiché il punto di vista è l’io e “io” si dichiara. Questo io non rivela la particolarità della mancanza, le molle di scatto dell’insonnia, registrando il malessere senza causa: vi si assiepano i
sentimenti nominati più sopra, il tentativo di uscire dall’oscurità (p. 45), il ricorso alla natura fuori della propria stanza (passim), l’attesa del sonno (non del sogno anticipatore di fantasmi), il buio che si sfina in righe sottili di paure, di ripresa, talora, della luce. Sfere e cerchi ovattati, tiepidi e gelidi di volta in volta, così come sappiamo accade nei momenti di massima concentrazione in sé, quando tutto tace e sono vive, inequivocabili, solo le voci interiori.

«mi è stata assegnata / camera con vista sul precipizio // prima che arrivi il sonno / a cancellare insani pensieri / mi sporgo pericolosamente» (p. 79). Quante volte è stata anche mia / nostra questa notte? Quante volte ho / abbiamo dato alla
sensazione la nitida secchezza di un’essenza, di una sostanza quasi necessaria per ricapare l’anello della catena, il filo del vivere? Quante foschie abbiamo attraversato e proustiane penombre alla ricerca di un varco? Infinite.
Eppure, quella cruna in cui si è costretti a passare… Mi chiedo se questa condizione, oltre ad uno stato individuale della poeta (della poeta, insisto) Raggi, di me lettrice o lettore, del singolo che vive un oggi contornato da una solitudine indivisa, non sia anche il riflesso di una notte che ci riguarda tutti da vicino nell’oscurità di una cronaca purtroppo divenuta storia interminata da non pochi anni e, palesemente, da alcuni mesi nell’incombenza di gravità mondiali precipitate insistenti nella ferialità.
Da questa grande stanza, immedicata, scendono irruenti nella camera di ciascun vivente tensioni e annaspamenti. Il buio esterno, di un fuori che ci rincorre, viene a depositarsi, sottolineato, nella immobilità della notte intima e profonda.

La “notte per notte”, questa la domanda che La cruna della notte mi pone, in cui l’autocoscienza impossibilitata a vederne le cause, tanta è l’urgenza esterna, cerca un’uscita verso una «notte (che) trascolora» (p. 148)? O la “notte per notte”
ribadisce il suo persistere e solo in apparenza il suo svanire nell’alba, prevalendo l’impressionismo, pur non mancando l’espressionismo? (Come a p. 77: «il corvo si è posato sul balcone / è tornato / mi ha sfidato torvo / in mille si è moltiplicato // piume nere in vibranti volute / mi accerchiano ostili»).
La risposta resta nelle parole rastremate, nei versi diluiti in spazi e spaziature diverse che ripropongono l’incerto sul certo. («di tanto pensare / è rimasto un quasi niente // sono nelle tenebre / aspettando un lampo // un lampo è preceduto
dalle tenebre», (p. 115). Cui si aggiunge l’evidenza che l’impressione poetica, poi e necessariamente, va a costruire altro pensiero e intendimento, o senso, oltre ogni parola e riga, oltre ogni pagina e verso.

Luciana Raggi, La cruna della notte, prefazioni di Claudio Fiorentini e Michela Zanarella, Roma, Alter 2022, pp. 156 €15.00

Luciana Raggi nata a Sogliano al Rubicone (FC), si è laureata presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, vive a Roma. Si occupa di promozione alla lettura e alla poesia. Ha pubblicato Sorsi di sole (Poesie) e Un bastimento carico di (Racconti e poesie nel 2010. Oltremisura Ed. Progetto Cultura, nel 2015 e il poemetto in distici S’è seduta Ed. Progetto Cultura nel 2017 , l’ultima silloge “Variazioni minime” Lithos, nel 2020. Ha curato At vlèm bèn, zirudèli in dialetto romagnolo di Decio Raggi, l’antologia “Festa della Poesia a Sogliano al Rubicone” Ed. Progetto Cultura, il poemetto collettivo in terza rima Gabbia no Ed. Progetto Cultura , in terza rima con Fabio Sebastiani e Maurizio Mazzurco, l’antologia Buchi neri Vuoti di memoria Ed. Progetto Cultura, con Vittorio Pavoncello. Ha partecipato a varie rassegne di poesia e a Concorsi Letterari ricevendo numerosi riconoscimenti e primi premi. Le sue poesie sono presenti in molte antologie e riviste letterarie.