La Befana e er battiscopa

(settembre 2006)La befana e er battiscopa, poesie in romanesco di Pier Mattia Tommasino, presentazione di Ugo Vignuzzi, Edizioni Cofine, Roma, pp. 32, euro 6,00

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Con La befana e er battiscopa, Pier Mattia Tommasino propone un’opera prima in un nuovissimo romanesco, caratterizzato da una “misticanza” di linguaggi, nella cui composizione formale, accanto al dialetto storico, riletto attraverso la lezione neologistica di Mauro Marè, entra il cosiddetto romanesco contemporaneo o neoromanesco.
Mescidati con i fatti della vicenda personale, i lacerti di un mondo ridotto a un “pantanaccio”, a una palude amara, producono l’effetto di un costante straniamento che dell’infrazione delle regole sintattiche, grammaticali, esistenziali, fa la sua regola.
Tale devianza dalle norme correnti produce così una parola autonoma, intrigante, svincolata da impacci e lacci accademici e che svela una Roma diversa, periferica, terragna. Una città che, come rimava Giorgio Caproni: “sa di sole e di piscia, / e di forra e di biscia”.

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L’AUTORE                    

PIER MATTIA TOMMASINO è nato nel 1977 a Roma, dove risiede. Laureato in Lettere presso l’Università di Pisa, è attualmente perfezionando presso la Scuola Normale Superiore.
Ha curato la traduzione di Pinocchio in dialetto formiano, Le venture di Peppeniéglio di Giovanni Bove (2005) e in lingua oriya, Dushahasi Pinocchio di Biswanath Mishra (2005).
Suoi testi poetici, in lingua e in neoromanesco, sono apparsi nelle riviste “alla bottega” e “Periferie”, e nell’antologia La regione invisibile. Poesia e dialetto nel Lazio. Tuscia meridionale e Campagna romana nord-occidentale (Cofine, 2005).
Con la raccolta inedita “La befana e er battiscopa”, poi pubblicata da Edizioni Cofine, si è classificato al secondo posto del Concorso nazionale di poesia in dialetto “Città di Ischitella-Pietro Giannone” 2006.

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DAL LIBRO                  

Ce lo sa

Sto core voto
ce lo sa, s’aricorda:
mozzichi, sorisi,
na cofana de baci,
arintorcini
a puncicasse de carezze,
nottate tipo ’n tritone
a zampognatte la conchija,
diti, scopate
a scosciabbacchi,
sott’a le pezze,
pe tera, a sfragnasse le recchie
ar battiscopa, ar cesso,
cor zole ’n piazza e puro
quann’era scuro.
Sto core voto,
tipo na coccia de fusaja,
ce lo sa: solo li morti
e l’innammorati
se sbracheno pe nu riarzasse.

Lo sa. Questo cuore vuoto, / lui, lo sa, se lo ricorda: / morsi, sorrisi, / migliaia di baci / attorcigliamenti / di carezze pungenti, / notti come un tritone / a soffiarti nella conchiglia, / dita, scopate / a scosciagnelli, / sotto le lenzuola, / per terra, a distruggerci le orecchie / contro il battiscopa, al cesso, / col sole in piazza e anche / quando era buio. / Questo cuore vuoto, / come la buccia di un lupino, / lui, lo sa: solo i morti / e gli innamorati / si sdraiano per non rialzarsi.