Insorte di Anna Maria Curci

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

Leggendo questa silloge, ma forse tutta la poesia della Curci, si ha come l’impressione di ascoltare il Beethoven del triplo concerto per violino piano e violoncello: in quella stupenda composizione, il violino risuona nella testa, il pianoforte nel cuore, il violoncello nella “pancia” e tutti e tre dialogano con l’orchestra, l’anima beethoveniana che li lega. Così nella raccolta – non a caso divisa in tre sezioni, Tragedia e idillio, Quando tace il latrato e Tolle, lege – la cifra poetica dell’Autrice si fraziona per poter parlare dritta alla mente, al cuore, alla “pancia”: “Queste sono le note per gli accordi/ il controcanto a pifferi e trombette/ i vocalizzi muti i ponti a mente”. Eppure, in queste tre voci, non smarrisce l’interezza, né il percorso, raggiunti con un labor che evoca il “matto e disperatissimo” studio leopardiano “Questa è la storia di appunti fatti a pezzi/ di fogli sminuzzati/ di righe cancellate.//Questo è il puntiglio d’un frammento perso…” per esprimere  una comunicazione diretta, e per questo autentica, di voce e di suoni “da muro a muro” (nella “casa” dimora del sé e del noi) contrapposti ad un “fuori” di frapposizioni, di apparenza e falsità.

Ho voluto evidenziare questa poesia- non a caso riportata integralmente nella quarta di copertina – perché è paradigma dell’intento e dell’impegno di Anna Maria.

Ai miti della prima sezione, seguono dolori e inquietudini vissute nel silenzio che segue il latrato – la confusione di idee parole e interpretazioni – e infine l’ultima sezione del “prendi, leggi” l’invito rivolto ad Agostino a convertirsi attraverso la Parola letta, e, nel caso dell’Autrice, invito per sé, a guardare, immergendosi nuovamente, “oltre” i libri dietro i vetri, per ritrovare il filo tenace che li lega.

Perché i miti, che senso ha riproporseli? La risposta è nei versi in esergo “sguardo volgemmo in alto a confermare” – che riecheggia magnificamente il dantesco“uscimmo fuori a riveder le stelle” – ancor più bello nel contrasto con le “sortite impreparate…con le pianelle” racconto del quotidiano, degli imprevisti, e delle sorprese, celate dentro ogni giorno.

E non dimentica Anna Maria, anzi esalta, lo straordinario del viaggio e della ricerca, accanto al “misurare le stanze” dell’attesa, “le rotte dell’eloquio/ da muro a muro e gli schiaffi sull’acqua/ di tutte le odissee…”; consapevole che nessuno sfugge a questa contraddizione, perché insita nella natura umana, tra due “poli” più vicini di quanto si creda. Infatti ecco, nell’altra sezione, “quando tace il latrato cambia voce” che dice ben oltre ciò che si legge: l’indagare nel buio, più che ardire è “tastare cauto” accostare l’esistenza e narrarla con la poesia che “scava, fruga e sprofonda” nella persona-poeta, ma senza condannare chi fa il male. Nella comprensione del male c’è la radice della cura e non dell’offesa; dalla comprensione del male nasce anche la denuncia alla quale l’Autrice non si sottrae. Ricorda infatti in coinvolgenti versi il giorno di scontri e dell’uccisione di Giorgiana Masi (Vorace s’acquatta,12 Maggio 1977);  la tragedia di Ustica (Ustica,27 giugno); il delitto mafioso di padre Pino Puglisi (Quindici  settembre); la strage di Piazza Fontana (Dodici dicembre) “Ogni giorno nell’oggi negli anni/compone la memoria con l’affanno/il terrore lo strazio l’esplosione”. La prima denuncia è dunque la memoria, che vive ancora una volta nella testa, nel cuore e nella pancia.

Infine, a chiudere il percorso della silloge, ecco il “Tolle, lege” radice d’ogni sapere e interpretazione, di ciascuna domanda e ricerca, oltre ogni risposta, che diviene a sua volta domanda: senza fermarsi “E ogni giorno, bellezza, ogni giorno/ sia camminare a fianco/ oppure salutarsi…tra narrare e narrarsi” ascoltando la sete “compagna di viandanza”; e magari lasciare che la borraccia (vuota?) serva almeno a segnare il “ritmo di passo”. Nulla è inutile.

Non so se Anna Maria si senta una moderna Trobairitz; per quanto mi riguarda, sono certo che lo sia,  poiché emerge dai suoi versi, sferzanti, ironici o lirici,  ogni giorno che canta e canta ancora, la domanda “è vuota la parola?”; e In-sorte, pur dando risposte, non  ci si accomoda, sapendo che già dopo  un solo istante potrebbero non lenire l’inquietudine “di pianto e menestrella”.

Così, nell’insegnamento e nell’educazione, come nel suo percorso poetico, Anna Maria Curci continua, con risolutezza e speranza. a “vestire di luce il buio”.

 

 

Trobairitz al pianto

 

Al pianto che martella

replica trobadora:

tu rivolta il berretto,

non distogliere sguardo,

canta e poi canta ancora

 

Ě vuota la parola?

Te lo chiedi ogni giorno,

sopito e sulla strada,

ché si prosegue affianco,

messer lutto e scudiera.

 

Lunghi tratti in silenzio

e in sordina si accorda

la nota melodia

di pianto e menestrella:

vesti di luce il buio.

 

 

Ustica, 27 giugno

 

Cos’è la verità? Uno specchio ustorio

parabola a difesa dell’assedio

stra-vaganza stracciona e assetata

lazzara sulla soglia di madama

menzogna che festeggia il compleanno.

 

Gocciano le bugie nei candelabri

per un desco imbandito e imbandierato

con caccia armati a carico sganciato

su vite esplose in volo. Schermo piatto.

Scacco al re  e alla sua torre di controllo.

 

 

 

Elce

 

Hanno attaccato al tronco una striscia

con l’altro nome tuo, quello maschile,

e “quercus ilex”, la doppia firma:

rifugio saldo, ramo sporgente,

appiglio a chi accede in altre stanze.

 

“Quercia di pietra” ti chiama un’altra lingua.

Una pena? Un passaggio? Un cambiamento?

Su squarcio di domande e all’erba secca

in silenzio offri ombra e riparo.

 

 

 

Si prova a galleggiare

sbracciandosi in affanno.

 

Oppure si fa il morto

chiudendo gli occhi al cielo.

 

Chi scalcia l’acqua inganna,

è falso movimento.

 

Con voce dico sommessa e con l’incanto

 

con voce dico sommessa e con l’incanto

di una folgorazione che si imbarca

e lo so che lo strazio si rinnova

e lo so che l’assenza spinge al fianco

 

per tutte le cadute ammonticchiate!

Rimbomba

incitazione

corda che si sgancia

srotolare di addii

pegni sospesi

 

non di ritorni canta

né di imprese

 

solo di un comico

eterno “arrivedorci”

 

 

Anna Maria Curci, Insorte, Il Convivio Ed. Castiglione di Sicilia (CT), 2022

 

Anna Maria Curci, nata a Roma nel 1960,  insegna lingua e cultura tedesca in un liceo statale. È nella redazione della rivista “Periferie”, diretta da Vincenzo Luciani e Manuel Cohen; per il sito “Ticonzero” di PierLuigi Albini ha ideato e cura la rubrica “Il cielo indiviso”. Ha tradotto, tra l’altro, poesie di Lutz Seiler (La domenica pensavo a Dio/Sonntags dachte ich an Gott, Del Vecchio 2012), di Hilde Domin (Il coltello che ricorda, Del Vecchio 2016) e i romanzi Johanna (Del Vecchio 2014) e Pigafetta (Del Vecchio, 2021) di Felicitas Hoppe. Ha pubblicato i volumi di poesia Inciampi e marcapiano (LietoColle 2011), Nuove nomenclature e altre poesie (L’arcolaio 2015), Nei giorni per versi (Arcipelago itaca 2019), Opera incerta (L’arcolaio 2020), Insorte (Il Convivio 2022).