Domestiche abitudini di Giorgio Casali

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

 

“La foto la scatto appena prima/ dell’attimo preciso della posa,/ sei già quasi in obiettivo –/ un istante e stai quasi per guardarmi/” La poesia conclusiva del libro, unica della sezione Alla luce, sembra illuminare di senso e mettere in chiaro ciò che la Poesia fa secondi l’Autore: anticipa la visione e la comprensione, senza trattenere, né esaurire “Così come te, nello scatto/ è l’amore: un quasi non essere/ più noi.//” Il “quasi” è il luogo e il tempo poetico, tutt’altro che indeterminati! E’ fermarsi un attimo prima di de-finire, lasciando alla Scienza il problema e forse la soluzione di esso.

L’odore dei morti, Le strade, Domestiche, Il Giardino, Dai morti, Stanze per il figlio e la già citata Alla Luce, sono le sezioni di questa raccolta –harvest, raccolto, come il disco di Neil Young, a dire il mestiere di poeta, svolto, per qualche tempo, insieme a  quello  di speaker radiofonico –  di quindici anni di scrittura poetica, narrante la vita e la morte, la terra e il Cielo; da lui bambino, che scompone parole e frasi d’ avventure e ripete preghiere a memoria; all’uomo che addomestica le strade, che porta un peccato tra stomaco e gola, e  “Ad ogni cosa che rimane/…si… sforza di cercare spiegazione,/ una scusa di gioia, un nome”.

Più che l’in-definito, dunque è il non-definito, il non-assoluto, che sostanzia la poesia di Giorgio Casali;  guardando il figlio piccolo che si contorce e grida, egli intravede la nostalgia di ciò che il bimbetto ha lasciato e la “strada sterminata” che lo attende: come nuovo e antico Ulisse nel suo viaggio verso l’ignoto a cui dare “spiegazione”.

Ben due sezioni sono dedicate al tema della morte,  L’odore dei mortiDai morti, e potrebbe stupire quest’insistere sul tema, se non fosse per quell’obbedienza –  “un vizio che è nostro, familiare” – l’inchinarsi “a ciò che di me è più grande”. L’aldilà si rivela, nella poesia di Casali, come un’altra dimensione, con la quale lui dialoga mediante il ri-cordo, l’affidare di nuovo– tramite la “spossante e imprevedibile parola” – al cuore, mitico centro della memoria, care persone ed esperienze passate. Del resto, con la morte chi può dialogare, se non il poeta? “Fuori dall’occhio/ gradi trecento sessanta di luce./ È già il crepuscolo, o forse mattino?/ Poeta, coraggio:/ che arrivi l’imbianchino.” Immerso nella luce, senza avere, come il defunto che parla, la certezza del tempo, il poeta, nel “bianco” – la verità della Poesia –  fonde tutti i colori, i suoni (quanta musica affiora dai versi!) e le sfumature dell’esistenza e percorre“la stradicciola da fare senz’altro…che mette felice”

L’Autore colloquia con, non si teletrasporta nell’altra dimensione prima del tempo dovuto, neanche con il desiderio; vive qui ed ora, prendendosi non sempre sul serio e accogliendo il “dono”, quando e come viene: “La poesia non è una cosa astratta ma/ un singolo verso scritto di sbieco/ che lascia due macchine dietro a strombazzare/ quando sul ciglio mi son fermato male.”

 

 

La poesia non serve a niente

 

La poesia non serve a niente

 come tornare per un’altra strada,

seguire l’istinto di una sera,

l’avventura, il giro che arrivi

dove l’asfalto finisce,

si fa stradicciola. La poesia

è un pensiero che non lascia dormire

la stradicciola da fare senz’altro

che stringe un paese,

che mette felice.

 

 

Parola che arriva

 

Arrivi, t’insinui dove non immaginavo

spossante imprevedibile parola

arrivi e ti mescoli col cuore –

pronunciata ci pronunci

e tutto ricominci.

 

 

Con tutto il cuore

 

Rimane un peccato tra stomaco e gola,

mi frena le gambe, rallenta il mio sangue

infiacca ogni nuovo pentimento

proposito buono – mi toglie l’azione.

Poi fatta grazia m’arrivi nelle braccia

e il tuo entrare nel mio corpo sottovoce

m’assolve come santa confessione

dà pace ai ritmi, alla stagione, all’attuarsi

nuovamente dell’amore.

 

 

Nonostante la cura dei giardini

 

Nonostante la cura dei giardini

col mondo ti sporchi ogni volta che cammini

e non pare, in certe circostanze,

di dover trascinare la polvere,

portarla in casa, nelle tue stanze –

vedi sul soffitto c’è un ragno da ammazzare.

 

 

A che serva o meno

 

Ragionando su che serva o meno –

poesia è davvero accrescimento?

Impararla nella noia dolorosa,

 nel tempo alla ricerca della meta,

di un gioco che sia gioco di bambino

così stretto alle corde in altalena,

così sospeso – e poi fallire.

Ricordarsi di essere salvati.

 

 

IV

 

Stasera al locale un tizio diceva

che cosa per forza c’è sotto il tuo grido,

certo il rimorso d’esserti spinto

più fuori nella strada sterminata –

quella di Ulisse, lontano da casa –

e quanta coscienza nel pianto

pensando alla fatica – e contorsioni

d’arti e stringere di dita –

per tornare ad un poco

di calore.

 

 

Giorgio Casali, Domestiche abitudini, Contattiedizioni, GE, 2020

 

 

Giorgio Casali è nato a Formigine il 26 febbraio 1986, in provincia di Modena. Nell’estate del 2011 si è laureato in Storia Magistrale all’Università di Bologna. Nel giugno 2010 ha pubblicato la sua prima opera di poesia, “Attaccamenti”, con il Gruppo Albatros di Roma. “Notte provincia”, è uscita nel gennaio 2011 con le Edizioni Clandestine di Marina di Massa. Ha condotto “Bankshot”, un programma radiofonico settimanale su Radio Antenna1 di Fiorano Modenese. Dall’estate 2011 pubblica recensioni di libri di poesia nella sezione “Concreta Book” del sito dell’associazione culturale “Concretamente Sassuolo”. Cura il suo blog all’indirizzo https:////giorgiocasali.blogspot.com/. L’ultimo suo libro, Diarietto cattolico, è uscito nel 2106. Tra le sue molte collaborazioni trasversali, con il pittore Andrea Chiesi ha pubblicato il catalogo d’arte 19 paintings 19 poems, che dopo la mostra a New York è stato messo in scena al Poesia Festival 2014.