Dal cane corallo di Giampaolo De Pietro. Versi per il cane Tobia

Nota di Maria Gabriella Canfarelli

 

Un’aria leggera, una brezza che stuzzica o accarezza il tempo quotidiano della convivenza tra un cane e chi lo accudisce. Fotografo in versi, dice di sé Giampaolo De Pietro, e anche questa raccolta (illustrata dai poetici disegni di Francesco Balsamo) ha il pregio di rifuggire dall’abbondanza di un descrittivismo di maniera e di manifestarsi con la stessa naturalezza del respiro, di mettere a fuoco con rapidi tocchi il tema della devozione e del rispetto reciproci. Un patto d’amore.

La versificazione di De Pietro esalta lo spazio interno delle emozioni umane, e lo spazio esterno delle strade, delle piazze in fase di percorrenza in compagnia dell’amico fedele per antonomasia, Tobia dal rosso mantello, animale domestico che porta a spasso l’uomo, ovvero me al guinzaglio, l’animale raziocinante, la creatura pensante dotata di parola nostra /associazione/ fumosa. Le passeggiate con Tobia attivano un cambio di prospettiva, un modo nuovo di vedere,  sentire, percepire ogni minimo brivido che ci regala l’esistenza, in primis una rinnovata gioia per un amore corrisposto senza se e senza ma, gratuito, genuino e semplice. Agli occhi del cane dal moto instancabile, al suo fiuto animale il poeta affida il proprio andare e impara a far nascere in sé nuovi stupori; e con fiducia impara ad attraversare la / strada che/ staglia il cielo da/ una casa all’altra, intensa e originale quanto emozionante metafora esistenziale; è dall’istinto del compagno di attraversamento e giochi che il poeta impara a osservare e a prendere nota, a tracciare appunti, e dunque a prendere  esempio dal respiro/ mi credo in aria buona/ mi faccio passeggio coinvolto.

Ma dietro l’aspetto ludico sta quello pensoso, irriducibile che tutti riguarda: due sillabe appena, la parola vita; e dunque si interroga, De Pietro, propugna il dubbio del se e del come sono i pensieri e le emozioni di un cane, come capirli, conoscerli se non li può esternare con il nostro stesso linguaggio, e che pure a suo modo Tobia esprime anche di fronte a Quel sole sua/ meraviglia di / sempre, grazia e/ringraziamento; oppure quando conta le vocali di/ rincorsa e gioca con l’aria, e anche quando ulula/ e se lo interrompo/ mi guarda con / occhi di supplica. E allora il poeta torna a interrogarsi: avrà il cane il pensiero della fine (Chissà se, poi,/ e come, semmai/gli animali /s’immaginano/la morte/coi loro occhi bui)?

Giampaolo De Pietro, Dal cane corallo (Arcipelago Itaca 2019)

Giampaolo De Pietro (Catania, 1978) scrive e fotografa in versi. Ha pubblicato i libri Tre righe di sole (Salarchi Immagini 2008), La foglia è due metà (Buonesiepi Libri 2012), Abbonato al programma delle nuvole (L’arcolaio 2013), Se i fantasmi vengono dalle statue (con disegni di Rossana Taormina – Collana Isola 2015); Telescopio di fame (selezione di testi per un numero de Il Verri, 2016), e Debbo togliermi il vizio (silloge per FUOCOfuochino, 2018). Sue poesie sono state tradotte in sloveno, francese, inglese, tedesco e portoghese.

 

Pubblicato il 13 febbraio 2020