Corpo di fondo di Lucianna Argentino

Recensione di Anna Maria Curci

 

Dalla fine di un autunno all’inizio di un autunno si estendono i testi di Corpo di fondo di Lucianna Argentino. Attraversano tante stagioni e le racchiudono, poi, in un solo grande avvicendarsi di stagioni. La coesistenza di molteplicità e unicità è possibile, tanto più se, come avviene proprio in Corpo di fondo, il punto di vista si sposta – dalla prima alla terza persona, per esempio -, così come mutano le coordinate temporali di passato, presente e futuro, mentre il tempo si palesa in una gamma ampia e diversificata di percezioni, di nozioni, di relazioni.

I brani che possono essere considerati come incipit e explicit dell’opera Corpo di fondo sono significativi a questo riguardo: «Sentivo nel corpo l’autunno finire e l’aprirsi di una stagione di sconosciute attese. Stava dentro silenzi impazienti, mentre lungo la strada le foglie, piccole fiamme aduste, spogliavano gli alberi» (p. 9); «È di nuovo autunno e arrivandoci ha imparato che le foglie spogliano l’albero per proteggerlo dal freddo e che, dunque, è la nudità a farlo resistere all’inverno, simili a noi quando, nudi e vulnerabili, stiamo esposti al mistero della vita e non c’è gelo o tempesta che ci vinca, né ferita che non sia un passaggio, un farsi canto del tempo se al tempo diamo il nome esatto» (p. 68). 

Se a incipit e explicit si accostano i tre brani in esergo, si manifestano con ulteriore chiarezza la natura dell’opera e l’intento dell’autrice. Il primo dei tre è dello scrittore bulgaro Georgi Gospodinov, autore, tra l’altro, del romanzo dal titolo significativo Cronorifugio. Il brano in esergo è tratto invece da Fisica della malinconia di Gospodinov: «Scappo nel rifugio antiaereo della terza persona, invio un altro nei campi minati del passato. Lo stesso che una volta era alla prima persona, era io, e ho paura di chiedere se è ancora vivo. Sono vivi coloro che non siamo stati?». 

Già il primo brano in esergo annuncia una caratteristica di Corpo di fondo che resterà costante per tutta l’opera, fatta eccezione per quel «noi» contenuto nel passaggio citato di p. 68 e annidato altrove nella particella pronominale «ci»: la prospettiva è quella di una lei, che una volta era un io.

Il secondo brano in esergo è di Salvatore Natoli, è tratto da L’inizio e recita così: «Il bisogno di risalire all’origine è umano, perché l’uomo ritiene, per tale via, di poter scandagliare il suo stesso mistero». Chi legge, coglie in questa citazione due aspetti che si riveleranno centrali nell’opera di Lucianna Argentino. Essi sono da un lato la volontà di risalire il corso della propria vicenda esistenziale e poetica per rilevarne le scaturigini, dall’altro il confronto con uno dei concetti-chiave di Corpo di fondo, un concetto-chiave della poesia tout court: il mistero. 

Il terzo brano in esergo è un passaggio dall’Antico Testamento, per la precisione dal Salmo 90. Si tratta dell’invocazione: «Insegnaci a contare i nostri giorni per ottenere un cuore saggio». 

I brani di apertura e chiusura e i tre testi in esergo permettono di individuare alcuni termini ricorrenti, veri e propri motivi conduttori: tempo, vita, memoria, parola, mistero. A questi si aggiunge, per contrasto e complementarità, una presenza sulla quale Lucianna Argentino si è soffermata in una pubblicazione del 2021, La parola in ascolto. Si tratta del silenzio.

A questi concetti-chiave, a questi motivi conduttori è intimamente collegata l’interpretazione che di “Corpo di fondo”, titolo dell’opera, dà la sua autrice: «In ciò che del giorno si consuma cerca il senso di quanto indisciolto permane. Il corpo di fondo della memoria – materia dei ricordi. Limatura del corpo e del pensiero. L’attimo che non scorre, ma va nel profondo. Un punto spazialmente e temporalmente inesteso dove tutto accade nel farsi parola di quanto ci attraversa. La perpendicolare della bellezza» (p. 37). Il corpo di fondo, definizione che viene dalla chimica, è, in quest’opera, proprio quel residuo irriducibile costituito dalla parola poetica che diviene, «si fa» da ciò che attraversa gli umani. 

Il corpo di fondo di Lucianna Argentino si articola in due parti, collegate tra loro, a p. 29, da un annuncio a mo’ di distico: «la vita poi/ (ovvero del passaggio dal passato al presente irregolare)». La prima parte si estende su un ventaglio di risposte ai quesiti posti dalle citazioni di Gospodinov e Natoli in apertura, ovvero «Sono vivi coloro che noi siamo stati?» e «Il bisogno di risalire all’origine è umano» o, più precisamente: è possibile scandagliare il mistero risalendo all’origine? Per la terza persona singolare, che si palesa come «lei», i verbi sono coniugati al tempo imperfetto e passato remoto, in un contesto storico e ambientale richiamato con frasi brevi e fortemente evocative: «Avevamo cani randagi da sfamare, marciapiedi come campi di battaglia per le cerbottane e le partite a calcio, lampioni da scalare sfidandoci a chi arrivava più in alto» (p. 7). 

Sono «Anni feriti da un’inquietudine sconsacrata e sterile. Misteri dolorosi sciolti nei liquami della decomposizione umana mentre lo spirito del tempo, dallo schermo in bianco e nero, bruciava nel roveto ardente di un esodo senza patria. Lei, intanto, si nutriva, svernava in quell’età di attese e di timori, di lavorio di fondamenta, preparava il terreno alle promesse. Si annidava all’esterno del male che pure ingoiava, la sera, prima di Carosello» (p. 19).

Questo passaggio, che segue l’elenco di stragi, massacri, depistaggi da Piazza della Loggia a Brescia alla bomba alla stazione d Bologna, illumina in maniera esemplare la parola poetica di Lucianna Argentino, il suo sgorgare da un silenzio nutrito di vita e di pensiero, di esperienze nel tempo e meditazioni su altre parole, provenienti, a loro volta, da letture filosofiche (lo spirito del tempo), bibliche (il roveto ardente) e scientifiche, oltre che letterarie. È una parola poetica timbro e corpo dall’impronta originale, che persegue e raggiunge il duplice obiettivo della chiarezza comunicativa e della profondità espressiva. 

I motivi ricorrenti si incontrano e, talvolta, si scambiano i ruoli, mentre i singoli termini assumono significati molteplici, come avviene al corpo, non solo “corpo di fondo”, ma anche corpo che cambia e si accompagna a due altri motivi che emergono, anch’essi in coppia, il caso e il destino: «Il caso o il destino, difficile distinguerli, si intrecciarono, a primavera, nel suo corpo – terra di semenza, eppure dovettero passare anni perché la vita, dentro, si facesse materia buona per parole indispensabili all’essere prossimo che fonda l’umano quando risponde ‘presente’ a ciò che l’umano invoca» (p. 23). Intanto, la poesia è sbocciata: «Fu in un’alba eccitata sull’isola d’Elba, con le barche che ondeggiavano quiete nel piccolo porto e lei, da una grande finestra, guardava il sole seminare luce sulla lastra d’acciaio del mare» (p. 20). 

Nella seconda parte, al tempo presente, «presente irregolare», secondo le parole dell’autrice, l’incerto, l’indefinitezza, l’inciampo, la caduta e la gioia, tutte parole intese come occasioni, come vaste possibilità, si affiancano ai concetti-chiave, ai motivi ricorrenti di res extensa e res cogitans, di vita e pensiero, parola e silenzio, tempo e memoria, corpo di fondo e corpo fisico, sostanza e mistero: «È un canto acerbo la memoria che si dispiega a lato del suo compimento – l’erba incolta che dal bordo del campo osserva il grano e lo racconta. È tramandare l’inciampo, la caduta, perché da ciò che si eredita, dicono, c’è la paura, il trauma, la ferita, ma anche la gioia allora, anche quella sta nella trascrizione dei geni. La felice sequenza della vita, l’impronta del mistero in ciò che di noi è sostanza» (p. 41).

Nel proseguire la lettura, si scopre che cosa è rimasto, ora, nel «presente irregolare» della lei di un tempo: «Le è rimasto in cuore il desiderio di un’altra sé lontana dal peso delle cose, simile all’indice di un libro – essere in fondo, solo titolo. Un inciso, una proposizione relativa, tra due virgole, non necessaria al senso compiuto della frase, dunque viva e felice nello spazio libero dell’indefinitezza» (p. 67).

Sono due verbi, che nel brano in corsivo a conclusione del libro appaiono coniugati, in via eccezionale, alla prima persona singolare, a sintetizzare magistralmente la dinamica pluralità di Corpo di fondo: amare e scrivere, al passato, al presente, al futuro che si profila e che si annuncia, perché ci sia memoria, quella del sé nel passare del tempo, quella di ogni umano oltre il tempo della sua esistenza, in una condizione di consapevole, ma non infelice mobilità, di pensosa, viva, parlante, mai paralizzante transitorietà, giacché il nostro stato finale «non è desumibile dallo stato iniziale. Noi che siamo e che passiamo».

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1 Nel n. 65 (Spring 2024) della rivista internazionale di poesia “Gradiva” è apparso, nell’originale in italiano e nella
traduzione in inglese di Rocío Bolaños, Canto all’incerto / Poem to the Uncertain di Lucianna Argentino.
2 Qui si coglie l’eco evangelica dei “servi non necessari”: Δοῦλοι ἀχρεῖοί ἐσμεν

Lucianna Argentino, Corpo di fondo, peQuod 2024