Cinquanta poesie per Biagio Marin

Un omaggio al poeta nella ricorrenza della nascita di 50 poeti

“Io sono un golfo”: dalle parole di Biagio Marin prende spunto Edda Serra per presentare il Quaderno n° 2 dell’omonimo Centro Studi di Grado, un’antologia che vuole essere innanzi tutto un omaggio al poeta nella ricorrenza della nascita attraverso cinquanta poesie di altrettanti poeti, “suoni e immagini di linguaggi che affondano nell’humus di esperienze lontane, ancestrali ed escono dal cuore a dire esperienze presenti”.

In realtà questo libro è molto più di una panoramica sulla poesia dialettale e il merito va alla curatrice, Anna De Simone, che con rara passione ha trovato la sorgente sotterranea che lega tra loro poeti dai dialetti così diversi, di tutte le regioni italiane, ed ha scritto una introduzione che è uno studio, conciso ma ben documentato, della situazione attuale della poesia in dialetto. L’elemento che conferisce un’intima coesione alle diverse sezioni del Quaderno è la capacità della curatrice di ascoltare i poeti, di fare in modo che sia sempre la poesia il fulcro di ogni discorso e che informazioni e note critiche ne costituiscano lo sfondo, per dare precisione e spessore ma senza distogliere l’attenzione dal “fluire di voci: acque di un grande fiume che entrano ed escono di continuo dal “mar grando” e profondo della poesia mariniana”. Nel ricco apparato critico citato (a fianco delle consolidate opere di Pasolini, Tesio, Brevini e di importanti studi più recenti) viene giustamente riconosciuto il ruolo avuto da Amedeo Giacomini e dalla rivista “Diverse Lingue”, da lui diretta dal 1986 al 1998, nel presentare e, a volte, nello scoprire tanti poeti dialettali, i più importanti degli ultimi decenni.

Il mondo poetico del poeta gradese e le citazioni dei suoi testi sono insieme orizzonte ed atmosfera dentro cui si riconducono le tematiche connesse ai vari poeti, senza alcuna forzatura, quasi seguendo l’indicazione dello stesso Marin nelle Litànie a la memoria de Pier Paolo Pasolini: “El canto mio, col tovo el se confonde: / su la linea del canto semo nûi, / e più no conta gerî e incùi, / el mar xe un co’ le so tante onde – Il mio canto si confonde col tuo: / sulla linea del canto siamo nudi, / e più non contano ieri e oggi, / il mare è uno, con le sue tante onde”. Se i poeti dell’antologia, presentati in ordine alfabetico, appartengono prevalentemente al periodo dei neodialettali, dagli anni settanta ai nostri giorni, nell’introduzione Anna De Simone ha modo di toccare tutte le regioni, citando tanti poeti di tutto il Novecento e facendo in modo che, pur nel breve spazio, di ciascuno sia evidenziata la personale capacità di esprimere quanto ci accomuna nella nostra contemporaneità: “La fatica del nostro andare, la bellezza della vita, il sogno, il vivere che si sogna, l’attesa e la fine”.

Un libro intenso e necessario, dunque, sia per il lettore esperto che qui ritrova quei “frêli”, i fratelli che, secondo Marin, il poeta va cercando nella sua solitudine, confidando in piacevoli sorprese – qualche poeta valido ma poco noto, che la curatrice ha saputo trovare nel mondo semisommerso delle pubblicazioni in dialetto – e in nuovi scorci da cui osservare “luoghi e lingue di poesia”, come dice il titolo della seconda parte dell’introduzione. Ma il Quaderno è un’opera fondamentale anche per chi si avvicina per la prima volta alla poesia in dialetto e viene introdotto da una guida esperta e dallo stile coinvolgente come Anna De Simone, che riesce a mostrare la profonda umanità e la bellezza che ogni poeta ha saputo cogliere attraverso le sue parole ‘perdute’. Per ogni autore la curatrice fornisce un ricco apparato di note e, nella sezione conclusiva, una documentata bibliografia corredata da alcuni stralci critici: strumenti molto utili per chi desideri approfondire il percorso dentro un importante ambito letterario, spesso trascurato dalla critica ufficiale ma che ha saputo offrire apporti fondamentali alla cultura italiana. E, naturalmente, all’umana sensibilità di chi ama la poesia, in qualsiasi lingua venga scritta. Bene lo indica “Ninte no’ xe passào – Nulla è passato”, la poesia conclusiva di Biagio Marin, che chiude in un abbraccio ideale i poeti “frêli” dentro l’incessante scorrere del tempo dove “un solo, ma fondo / xe ’l corso de l’ore. // La mutassion origina el canto; / no’ ’vê paura de sparî; / dura un atimo el dí / ma xe eterno l’incanto – uno solo, ma fondo / è il corso delle ore. // La mutazione origina il canto; / non avere paura di sparire; / dura un attimo il dì / ma è eterno l’incanto”.

Nelvia Di Monte

Cinquanta poesie per Biagio Marin, a cura di Anna De Simone, Fabrizio Serra Editore, Pisa . Roma, 2009, pp. 200