Cabras: un denso e binario ‘bestiario dell’istante’

Recensione di Antonio Lotierzo

Poesie in due lingue (una,nuorese), questa recente e quinta raccolta “Bestiario dell’istante” di Maria G. Cabras, nitida quanto densa e concentrata, che si serve degli animali per sentenziare sulla vita, come un moralista del Seicento. Solo che i versi, qui, sono davvero rastremati e succosi, enigmatici nelle corrispondenze e accesi d’allegorie su cui dovrà riposare la mente del lettore attento. Il volume si presenta scandito in due sezioni e divergenti solo per forme stilistiche ma unificato nell’esposizione dell’indagine esistenziale, tutta tesa a sviscerare il senso del tempo e la provvisoria consistenza dell’esser-ci,coagulata nell’”istante”, che non si ferma, neppure se lo chiede  J. W. Goethe.  

Prima sezione, di trentacinque brevi testi, s’intitola L’Aperto, diretto rinvio, con valore teoretico-ermeneutico, a R.M.Rilke, in cui si contrappone il senso della morte negli uomini e negli animali. L’animale ha gli occhi rivolti all’aperto, guarda avanti ed è libero dal pensiero della morte; l’uomo ha uno sguardo riverso all’indietro, coglie un mondo con le forme e gli idoli mentali, con le rappresentazioni scientifiche che sono come trappole e reti strette sul mondo, mezzi con cui rassettiamo l’universo, che, invece, continua a franare e noi con esso. Ecco allora il Merlo:”Nascosto l’albero / il becco del merlo / è lume di memoria” o anche Merula:”Cubau s’àrbore / su pittu ‘e sa mérula / est lantia d’ammentu”.  E i pipistrelli si smuovono in un uditorio di millenni, grigiore d’ali; e le cicale sembra che stiano questionando nel rurale ballo tondo:”sarà strazio / sarà gaudio / sarà sapienza?”. E poi la “Lucertola coda magica- Di colpo una coda:un, due,tre!/verzura di numeri – Tilicherta coamàzica.Tott’in-d’unu,una coa:unu,duos,tres! birdura ‘e numeros”.E, in neogreco,il richiamo delle tortore non fa che ripetere il suono che sembra diciotto:”Dekaoktò dekaoctò”. Durante l’Estate: Sogna un mondo d’acqua / nel pozzo / un girino”. E, d’improvviso, nel camino, dalla scorza che inizia a scottare, ecco fuggire un topo: Tott’in-d unu in sa ziminera…Còrju chi brùsiat / unu sòriche fughinde”.  Si chiude con la  “civetta occhiotondo”: Avvampa i limiti del bosco / cieca la radura”. Mi ha fatto piacere ritrovare nel sardo tante parole  che ci derivano dal greco e dal latino: anche nella mia area,intorno a  Marsico, la civetta è la greca“cuccuvàscia”; e latini sono il merlo che è “ a mérula”  e la capra che inverte in “ a crapa”; e il topo è “u sòrice”.

La seconda sezione è ancora più carica di filosofia, intitolata L’Angusto, per significare, interpreto, il gravame del male, lo smarrimento nella dismisura e l’alienazione sia nel lavoro e sia nel profitto. Di fatto,la citazione d’una breve poesia di S. Weil, rinvia alla pesantezza nelle forme del male che ci avvolgono, la nostra degradazione ed il naufragio, che è interpretato come smarrimento nella dismisura. Anche la G. Deledda parlava dell’oscurità della notte, dell’immobilità delle cose che pesano come un mistero. Vi sarà un raggio? Vi sarà un’attesa dell’illimitato; un’attenzione verso Dio, una moralità attiva che tenda a sopprimere il male? Si troverà una consolazione a partire dalla selva smarrita? Il bivio è l’inquietudine feconda del viaggiatore. Questa sezione è piena d’interrogativi, d’una tensione verso un’”unica certezza”, un’unità che possa ricomprendere il molteplice. Interrogativi, conflitti, il patire, il caos, l’informe che “tutto ci riguarda”. “Fitto incede ovunque l’eccidio/ perduto palpito d’ogni fiorire /Natura / indicibile finire”.  Ed ecco il “ciglio dell’istante”. L’abisso che è pieno di tensioni relazionali, “litania di asincrone re(l)azioni”. Le nostre fratture, il procedere per frammentate illuminazioni. Le brevi cadenze e interrogative della Cabras ci guidano nel peso della solitudine, nella bruciante dichiarazione del non sapere più chi amare, scrutano nella malattia del tempo e nella tensione verso una luce più chiara, che porti a termine quest’esilio dell’umana coscienza.

Antonio Lotierzo

2 febbraio 2018