Su “La bléza – La bellezza” di Edoardo Penoncini

Lettura e scelta poesie di Maurizio Rossi

 

La bléza j’è ill paròll diti da ƞ‘ vèc/ ch’j’ abràza tut’ill stasón d’la so vita” (La bellezza sono le parole dette da un vecchio/ che abbracciano tutte le stagioni della sua vita)e prosegue che le parole cantano la speranza…Ma quale speranza in questo tempo così difficile? E’ forse un’illusione? No …”La bellezza è un sogno negli occhi di un vecchio/ che rincorrono la fata turchina/ perché faccia vivere il dialetto dopo di lui/ per tutti i bambini seduti su una panchina”.

La bellezza non è solo memoria, nostalgia anche di una vita intera: è il sogno di una tradizione attraverso le generazioni del modo di vivere, del valore dato alle cose, agli affetti, all’amicizia. Tutto quello che il dialetto esprime in un luogo per i suoi abitanti e non solo, per tutti. Dal vecchio al bambino, attenzione: non di padre in figlio, ma da nonno a nipote, in quel rapporto di abbandono, meraviglia l’uno nell’altro, cosa impossibile o molto difficile tra genitori e figli a causa del “conflitto” che normalmente si agisce.

E’ molto significativa sia la definizione di bellezza, che quella di dialetto, e il legame che tra loro ne consegue. Ma la bellezza, la bléza – in dialetto ferrarese – per Penoncini assume varie forme: “era la foglia morta/ era un piede sinistro attaccato a un pallone”- il “mancino di Dio, Mario Corso, epico giocatore dell’Internazionale di Milano; “la bellezza è quando leggiamo di nuovo/ le nuvole in cielo che si fanno e poi sfanno/…o quelle parole che conoscevi così bene/ forse quelle fiorite sui nostri libri…” Ancora le parole, per l’Autore un valore assoluto, che fioriscono -e dunque ci si aspetta da esse anche un frutto – “lèti tant volt sóta na luna tónda…”: sotto la luna piena che detta i tempi della semina e dei raccolti.

La bléza: “ovunque si vada c’è lei/ e le meraviglie del suo strabismo…poi nata sui libri di una biblioteca”; la bellezza non guarda in una sola direzione, non ha fissità di sguardo – viene da pensare allo strabismo di Venere – e per Penoncini è inscindibile ciò che sorge spontaneamente e quel che deve essere ricercato, studiato a sottolineare che occorre applicazione, ricerca cura per poter conoscere e apprezzare pienamente il dono della bellezza; ma è necessario l’osservare , quasi estasiati la Natura stessa per riconoscere il bello che essa manifesta. Non è forse l’estasi una forma immediata di conoscenza?

Originale in questa silloge anche la nostalgia: è un dialogo tra presente e passato, tra due età, non un tentativo di superare lo iato temporale o la malinconia struggente; un dialogo da riproporre ad ogni primavera, con la speranza che conforta l’inverno alla finestra.

Le parole non bastano per descrivere la bellezza, e quando giunge la vecchiaia, esse stesse cambiano, i colori divengono seppia –appassiti – ma resta il tepore che la bellezza sparge. Il calore che conforta, specie nell’età in cui non basta il sangue a riscaldare.

L’è sémpar stà l’me insunî

un tilî in meź al źardìn

a la so òra na tàula

dó pultrunzinn ad stròpa

una da n’ cò una da cl’àltar

par zcórar da mi a mi

na volta već na volta źóvan

pó d’inveran saràrm in cà

e santà dnanzi a la fnéstra

guardàr chi dù là fóra

a sptàr la blèza d’n’altra primavéra.

E’ sempre stato il mio sogno/ un tiglio al centro del giardino/ alla sua ombra un tavolo/ due poltroncine di vimini/ una da un lato una dall’altro/ per discorrere da me a me/ una volta vecchio una volta giovane// poi d’inverno chiudermi in casa/ e seduto davanti alla finestra/ guardare quei due là fuori/ aspettare la bellezza di un’altra primavera.

Un gest, n’uciàda na man pena tucà

paròll spiplàdi tra la źént par strada

strad d’la zità e d’la so bléza cantàdi

patrimoni d’un témp pré da su préda

forsi a jò anch śbaljà s’la bléza e l’témp

s’al tut ch’al càmbia e s’i ripiégh a tut

mo gnént am pàga l’cólp d’òćd’la vié d’j’ Ànźul

più d’la spadźàda dop diśnà in la nebia.

Un gesto, uno sguardo una mano appena sfiorata/ parole sussurrate tra la gente per strada/ strade della città e della sua bellezza cantate/ patrimonio di un tempo pietra su pietra// forse ho pure sbagliato sulla bellezza e il tempo/ sul tutto che cambia e sui ripieghi a tutto/ ma niente ripaga il profilo della via degli Angeli/ più della passeggiata nella nebbia dopo pranzo.

Puntoacapo Ed. Rende (CS), 2022

Edoardo Penoncini vive a Ferrara. Ha cominciato a scrivere versi dalla fine degli anni Sessanta e nel 2014 abbraccia la poesia in dialetto. Tra le sue opere in italiano: Un anno senza pretese (2012); Qui non si arriva di passaggio, Ferrara musa pentagona (2012); Lungo è stato il giorno (2013); la luce dell’ultima casa(2015); Sotto le palpebre (2021).

Maurizio Rossi 3/23