21 – CARPINETO ROMANO

CARPINETO ROMANO (4881 abitanti, detti carpinetani. A 550 m slm). Si erge lungo un crinale montuoso detto “La Foresta”, al centro del sistema montuoso dei Monti Lepini, incuneato tra le province di Roma, Latina e Frosinone. Rimane alquanto distaccato dal sistema appenninico, ma sovrasta, con uno dei territori più estesi, “la palude dei papi”.

IL DIALETTO di CARPINETO:

I vocabolari e le grammatiche

Il sindaco di Carpineto Emilio Cacciotti, sul sito carpinetoromano.it precisa che l’amministrazione comunale non ha l’intenzione di realizzare un dizionario del dialetto carpinetano ma di salvare le parole che fra qualche anno nessuno più ricorderebbe e che il sito è disponibile per ospitare anche filastrocche, conte e parole inviate dai cittadini. Tenendo conto del libro curato da Orlandino e Tullio Biagioni, acquistabile presso la biblioteca comunale, “contenente tutte le parole carpinetane” nel sito sono contenute, secondo il sindaco “le espressioni dialettali, che non vogliamo dimenticare. Molte parole sono legate al mondo del lavoro, agli attrezzi, alla vita quotidiana. Molte di queste ci riportano alle nostre nonne che usavano un linguaggio assolutamente originale ed incomprensibile per le stesse che lo pronunciavano, fatto di parole dialettali e latine intimamente fuse fra loro. Queste espressioni così originali sono andate scomparendo, perciò è nostra intenzione recuperare e salvare quelle che ancora ricordiamo.”

Tra queste parole, abbiamo raccolto una scelta di quelle più arcaiche indicate nella lettera “A”: abbijà (avviare il fuoco o una persona che si incammina); abbìja (come no); abbotenà – avvolgere; abbrauà (incitare la bestia); accachéora (ad un’ora tarda); accapannasse (socchiudere gli occhi per il sonno); accioncato (un oggetto tutto piegato); acciuppitto (alzarsi mezzo rotto); accommejeje (come sia sia, malamente); accuccasurici (stando stretti e malamente); acculobbuzzuni (stare piegato con il busto in avanti); aécco (qui); aéssi (li); agghiatéjà (paura improvvisa); agliumà (fare luce); aggrugnà (stare in collera); a’ ile (pane non cresciuto); ajuuu…. (saluto confidenziale); allabruja (prendere con avidità); allaccato (stancato); allacolletella (vattene); alladdavero (per davvero); allangato (insaziabile); allaramaccio (fatto male, alla carlona); allareérza (alla rovescio); alla rucia (cotto alla brace); allaruja (prendere con avidità); allasconzétrata (all’improvviso); alla usca (trovare qualcosa); allécconisce (ruffianarsi); alléndrasacca (all’improvviso); alléngronge (portare sulle spalle); allòco (là); ambararoma – portare una persona seduta sulle spalle; alloscà (non vedere l’ora che arrivi); ambracchitto (sotto braccio); ambrò (però); ammaréca (ti pare che…); ammonte (sopra); ammorgiato (tenuto con forza al muro); ammoscate (pecore in gruppo sotto l’ombra degli alberi); andojeje (dove sia sia); andoué (dove vai?); andouéllé (da nessuna parte); angàgna (invece di…); annarannéstà (ad una prossima volta); Annossato (stagionato, indurito); anzuno (insieme); anzurà (sposarsi); appalémajato (scanagliato); appécorélle (camminare carponi in terra); appénnazzà (quando gli occhi hanno sonno); appizzà (ascoltare); arcadépétto (cassa toracica); arcangia (grosse mensole di legno da cucica); aréché! (altrochè!); arrabinà (litigare di malcontento); arradduce (rincasare); arrajato (inquietato, arrabbiato); arramorì (spegnere); arrézzà (tirarsi su); arrazzéccà (risalire); arrucià (lamentarsi); atténdeca! (stai attento a te!); auéjécco (vieni qui); aujìaj! (non c’è male); azzìca (poco poco); azzuccà (attingere).

Nella tesi di Anna Corsi La poesia dialettale dei Monti Lepini Centrali (Relatore prof. U. Vignuzzi, correlatore prof.ssa Nadia Ciampaglia), Anno Accademico 2009-2010, si tiene conto dell’opera di Italo Campagna Jo Vocabbolario di Carpineto. Il dialetto di Leone XIII, Anicia, Roma, 2007. “In essa – afferma la studiosa – l’autore premette di non aver voluto intenzionalmente utilizzare l’alfabeto fonetico internazionale che avrebbe reso il lavoro poco fruibile per molte persone. Riporta uno schema dei fenomeni principali non utilizzando i termini specifici. Molto interessante è la parte sui documenti epigrafici, dove vengono elencate le iscrizioni che si incontrano nelle strade di Carpineto e sui documenti legislativi, archivistici e letterari. Si tratta infatti dell’opera di uno studioso di storia, e precisamente di Leone XIII. Il vocabolario in alcuni casi non riporta tutti i vocaboli presenti nelle poesie, mentre invece altri vocabolari dialettali partono proprio dalle attestazioni scritte e tralasciano alcune parole dell’oralità. Ci sono ricostruzioni etimologiche, citazioni dalle poesie degli autori dialettali, proverbi, e interessanti testimonianze da documenti storici. In appendice troviamo testi di canzoni popolari divise in “serenate, stornellate, stornelli a dispetto”. Poi “proverbi, proverbi stagionali, filastrocche, modi di dire, modi di dire nel mondo della pastorizia, modi di dire sui paesi confinanti e sui loro abitanti, bestemmie e minacce”.

Dal glossario nella tesi di Anna Corsi: a jecco (qui), aocchia (guarda), appullo (trespolo), bia (solo, per forza), cace (calce), cachetuno (qualcuno), cardamacchi (copertura protettiva in pelle di capra, pecora o vacca tipica dei pastori), catta (gatta), cecaluni (miopi), cetto (presto, di buon mattino; cetto!: oh!, espressione di meraviglia o di spavento), cemasa (scala esterna, per accedere ai piani superiori di una casa), corato (curato), crinza (salta di gioia), cuccajone (barbagianni), fiara (fiamma), fiauto (flauto), ficùra (figura), fritto (fegato), froje (narici), greteva (gridava), lecanza (eleganza), lucino (leccio), luccicandrelle (lucciole), mandemà (questa mattina), mammoccio (bambino), massera (stasera), matroma (mia madre), mazze (viscere), metone (parte scoscesa di un terrazzamento agricolo che divide una fossa dall’altra), ’nzuno (insieme), radduce (tornare a casa), rave (roccia), recabba (imita), revotecà (ruzzolare), rombrella (ombrello), rucià (borbottare), scarsuglienno (sporcando), scelle (ali), scrocchià (scricchiolare), sdellongato (allungato), spennecato (sporto in avanti), struje (consumare), teto, teta, tenca (hanno, devi, abbia), tocca! (forza), trasenna (breve spazio di diritto pubblico tra due costruzioni), trettecà (tremare), ulo (volo), urdemo (ultimo), uttareglio (bambino piccolo), uttari (bambini), vette (vieni).

Il comune di Carpineto ha una sezione del suo sito dedicata al dialetto.

2. I proverbi e i modi di dire
Dal glossario della tesi di Anna Corsi: la vita è ’na passata accomme i fiuri de cérasa.
Esistono anche molti link su facebook dove si possono trovare proverbi e modi di dire locali

Il comune di Carpineto ha una sezione del suo sito dedicata al dialetto, ai soprannomi, ai proverbi e ai poeti.

3. I toponimi e i soprannomi
Toponimi: Glio Laco (l’attuale piazza Leone XIII che fino al secolo XVII era occupata da un laghetto), Peschiera (piccolo laghetto nella parte bassa di Carpineto),
Soprannomi- Sul sito carpinetoromano.it è presente un ottimo lavoro sia sui soprannomi (ne sono registrati alcune centinaia) che sul vocabolario di Carpineto Romano, frutto di anni di minuziose ricerche dei signori Biagioni (Sigfrido, Orlandino e Tullio), nato con la finalità di salvare dal definitivo oblio, le memorie del territorio attraverso una riflessione sulle radici culturali, le tradizioni, la scoperta-riscoperta e la valorizzazione del dialetto come forma primaria di comunicazione tra comunità agricole e artigianali. Va dato merito di ciò anche all’amministrazione locale, in primis a Matteo Battisti (assessore alla Cultura) e ad Emilio Cacciotti (sindaco). Di Carpineto Romano indichiamo, tra i più intriganti, i soprannomi: Barbascerata, Bleddabledda, Ciccoficchente, Gnagnecafave, Jocallerareglio, Lacaglinapatovana, Muccozzuzzo, Ndruppacristi, Occhidetopa, Pereperocchia, Refammelocchio, Scallapulici, Sorecammocca, Tenghetenghe
4. Canti – filastrocche-indovinelli – giochi – gastronomia – feste&sagre-altro
Feste e Sagre: del Tartufo, la seconda domenica di febbraio; della Callarrosta, nella seconda domenica di novembre. In agosto storico e suggestivo Pallio della Carriera (Jo Pallio della Carriera) con la rievocazione delle tradizioni storiche in costume, con cortei e giochi e presentazioni ufficiali dei cavalli e cavalieri, e l’apertura delle Hosterie storiche rionali, alla riscoperta degli antichi e nuovi sapori delle tipicità gastronomiche Lepine. Il Pallio è legato all’antica divisione del paese nei rispettivi rioni “Dammonte” (S. Pietro, Jo Lago, Jo Casteglio) e “Dabballe” (S. Giacomo, Jo Moro, S. Agostino, Jo Curso) nella parte alta e bassa dell’antico centro medioevale. Si articola in una corsa dei cavalli all’anello risalente al 1556. La Carriera, corsa sfrenata di cavalli, che affonda la sua tradizione nel medioevo si svolgeva anticamente nella contrada “Corso”.

4.1 Canti
4.2 Filastrocche, indovinelli, invocazioni, scongiuri
4.3 I giochi
4.4 La gastronomia
Tra le specialità gastronomiche: ’Ntartalicchi, tipica pasta fritta; Crapa aglio callaro, carne di capra nel pentolone; le fettuccine al tartufo o Farni (funghi porcini); la Menestra de pa’, tipica minestra di pane; Pasta Donna Olimpia; Panonta aglio tartufo, gustosa bruschetta con crema di tartufo; Tuto cotto, il mais cotto; Zazicchie, le salsicce.

5. I testi in prosa: il teatro, i racconti

6. I testi di poesia
Partendo da Carpineto occorre dare atto dell’impegno dell’Amministrazione comunale nel valorizzare le tradizioni locali e di dedicare attenzione ai suoi poeti sia quelli in lingua ed è il caso di Gioacchino Centra di cui ha pubblicato una riedizione, curata nel 1998 da Italo Campagna, de Il Capreo monte di poesia e fede e sia, in occasione del centenario della sua nascita, della raccolta poetica di Filiberto Galeotti, Noje. Versi in dialetto ciociaro, anch’essa curata nel 2000 dall’Associazione Artisti Lepini. – Fa presente Anna Corsi: Il titolo è molto significativo (le “noje” sono dei piccoli puntini di sporco che possono formarsi nei liquidi) e si riallaccia alla tradizione – richiama, infatti, Trucioli di Sbarbaro- quasi a voler indicare una poesia fatta di piccole cose, di nugae, di particolari: Sbarììte, ca c’è la robba bona: / le nóje compretelle; so’ sonagli / che sbiglieno jo core e la perzona (I du’ compari, vv. 9-11). (…) Galeotti utilizza una lingua schietta e antica che fa rivivere termini ormai in disuso: soreglio (mestolo per l’acqua), frappalà (frange, volant), lappentuso (vestito di stracci).
Galeotti adopera spesso una metrica regolare, a volte addirittura musicabile; usa epigrammi, sonetti, ballate, stornelli con rime baciate o alternate di quinari, ottonari e endecasillabi. Dipinge con grande realismo il paese e la cultura che lo caratterizza, attraverso un dialetto acre e a volte pungente; con la sua filosofia, la sua “socrateca”, non risparmia nessuno. Per “socrateche” (a Carpineto) si intendono quelle forme espressive brevi e pungenti che caratterizzano la poesia dialettale. Componimenti che riescono a riportare le cose, attraverso l’ammonimento, ad un ordine prestabilito: Nun te mmeraviglià’, figliuccio caro, / Se gli aseno, che strigli i che mantini, / Te se revota, mentre che cammini, / I te chiama somaro. (Socrateca, vv. 1-4) . Molto spesso, gli animali vengono assunti come parametri per misurare i difetti umani. Da questo confronto l’uomo esce spesso sconfitto: Quanto jo ciuccio sta ’nnanzi allo feno / nun se recorda la fatia ch’é fatta. / I gl’omo, po’, se ne recorda meno / i pappa pappa, fino a che nun schiatta! (Appetiti, vv. 1-4). Sicuramente il paese è uno dei temi che caratterizzano le sue poesie, è “un mondo riproposto a misura d‟uomo e che puoi rivedere tra i vicoli antichi al passaggio di figure rapidamente schizzate in piazza del Laco” (Briganti, prefazione di Noje): Piazza glio Laco, viti, nun è gnente, / è ’na spece de largo co’ ’n via / pericolosa pe la póra gente / che ’n ce passeggia: l’attraversa bia. / Puro, a guardalla be’, viti ch’è fatta / de sassi i sole, de fenestre i titti / che vanno ’n celo co ’na corza matta / de panni stisi i ulo de cellitti. (vv. 37-44). In questi componimenti, traspare un velo di malinconia e di amore nostalgico ma anche una grande capacità immaginifica: Nun ce se’ stato mmai alla Peschera / quanto jo sole crinza ’n cima all’acqua / che fatta a tanti circhi è na raggera / ’n torno a glio sicchio, mentre ce se sciacqua? / Nun la se’ ’ntesa mmai la stornellata / che le femmmene canteno lavenno / i l’eco la recabba alla vallata / parola pe parola, repetenno?” (Alla Peschiera, vv. 1-8).

Di Galeotti, in antologia, abbiamo scelto un commosso ricordo (in quartine di endecasillabi con rima alternata) di un singolare personaggio locale (Giulio Corpettone) e la poesia “I du’ liuni” (in quartine di ottonari a rima alternata) fortemente permeata dell’orgoglio delle sue origini carpinetane (nu’ venimo da liuni! / Quinti, allora, ve con sé, / che nun simo pecuruni / nati sulo pè fa… bee). In quest’ultima poesia prorompe il suo amore per il paese e l’orgoglioso riferimento al personaggio più illustre, papa Leone XIII: I chigl’atro de lione / che parté da Carpeneta.
Anna Corsi nella sua tesi dà notizia di due altri poeti di Carpineto Tommaso Fiocco e Cesare Maria Lepre.
Del primo dice: Il suo è un poetare giocoso e autobiografico, permeato di ricordi. Il paese dove è nato è dipinto con i toni vivaci della fantasia “che è na cannela zega neglio capo”. Paragone, quest’ultimo, che mostra la grande vivacità del dialetto, la fantasia è come un lume da accendere nella mente. Il paese è, soprattutto, il luogo che lo ha visto giocare bambino: Quann’ero mammoccio / abbitevo pe’d’abballe, / a San Giovagni. / Pe’ chelle scale che se rentorcinano alle case / jevo sempre de corsa. (“Ricordi”).
Fiocco riflette anche sulla poesia e sul poetare, una riflessione scherzosa di chi vuole prendersi poco sul serio: Jé, pe’ fa cca cosa, / m’assito e … pensenno pensenno / agghiappo ’si cuattro versi pe’ lla noia.
(“Glio tempo brutto”). Insomma una poesia figlia di un giorno di pioggia, o come in “Insonnia”di una notte priva di sonno; poesia che nasce per sconfiggere la noia.

Del secondo la Corsi afferma che, nonostante le sue origini non carpinetane (è nato a Roma) egli: “utilizza un dialetto aspro e complesso (forse dovuto proprio alla sua estraneità che probabilmente lo ha spinto a scavare all’interno del dialetto) e utilizza dei termini che sono quasi in disuso come cemasa (scala esterna, per accedere ai piani superiori di una casa)e cuccajone (barbagianni), agliumà (illuminare), recabba (imitare), froje (narici), fantasema (fantasma)”.

Del carpinetano Orlandino Biagioni, abbiamo riscontrato due testi rinvenuti nel sito carpinetoromano.it, il primo sui ricordi dell’infanzia (“Ricordi taballeri”) e il secondo, “La paura”, sui ricordi tragici della seconda guerra mondiale. Entrambi i componimenti (in distici che si allungano o si accorciano, senza perizia metrica, alla ricerca di rime baciate) sono tuttavia significativi sia per l’arcaicità dei termini e dei modi di dire del luogo che per l’abilità narrativa.
Antologia
FILIBERTO GALEOTTI
 A Giulio Corpettone
Vestito co’ glio sacco lappentuso
Co’ la croce de legno, nera nera.
A capo basso e gl’ jocchio ’mbo confuso,
mettè recordo da matina a sera.
Iuj verso camposanto co’ glio morto
co’ l’ acqua e co’ glio sole, pe na paca
de’ na cannela bja, pe’ trasporto
co’ la cannela comprivi la zaraca!
E la zaraca, sì, sì, te ’mporteva,
ma dentro a chiglio sacco zuzzo e liso,
’gni uota te uetevo, me pareva
te stissi a guadagna’ jo paratiso.
Quando se’ morto tu, Giulio non c’ era,
però so vista, tenta de viola
la stessa croce, ch’ era prima nera,
camminà annanzi sola, sola, sola.
I Du’Liuni
Carpeneta è ’no lione,
stiso ’ncima a du’ colline,
alla piazza jo groppone,
pe’ glio Laco te’ la fine.
’Ncima a corte la criniera,
pe’ San Gnaco la capoccia.
N’ occhio grusso è la Peschiera,
spalancato e nun se scoccia.
Sta da secoli a guardane,
co’ glio tempo brutto e beglio,
se alle vie carpinetane,
rentra sulo jo frateglio.
E chigl’atro de Lione
che partè da Carpeneta?
Arrevè a glio Cuppolone
mica ’ncima alle Faeta!
E dall’oco, co’ n’ occhiata
guardè bè i munni sani:
ce retette n’ aggiustata
co’ tre segni della mani.
Po ’n se mosse, ma ’spettè
che regnanti i popolino
o cerchissero da sè…
che ce issero vicino.
Isso, allora, che fecè?
Conna legge cristiana
ricchi e popolo mettè
pè la stessa strata piana:
jo signore jo poveretto,
pè sto’ munno brutto assai,
jo volè vetè a braccetto
nella gioia e negli guai
nu’ venimo da liuni!
Quinti, allora, ve con sè,
che nun simo pecuruni
nati sulo pè fà… bee… !

Cenni biobibliografici
Orlandino Biagioni. È segnalato come poeta nei siti: carpinetoromano.it e carpinetoromano. altervista.org./poetica%20carpinetana.htm, nei quali sono inserite due poesie: “Ricordi taballeri” e “La paura”.
Tommaso Fiocco è nato a Carpineto Romano nel 1941 e risiede a Roma. Le sue poesie sono state pubblicate nella raccolta 1ª antologia poeti e pittori dei Lepini.
Filiberto Galeotti. Nato a Carpineto Romano nel 1900, è autore di Noje. Versi in dialetto ciociaro, ristampato a cura del Comune di Carpineto e dell’Associazione Artisti Lepini nel 2000.
Cesare Maria Lepre. Nato a Roma nel 1946 ha insegnato educazione tecnica a Carpineto Romano, dove risiede da molti anni. Compone poesie in lingua e in dialetto, ha pubblicato due raccolte Fogli sparsi e La fiamma dei sentimenti.

Bibliografia
Campagna, Italo, Jo Vocabbolario di Carpineto. Il dialetto di Leone XIII. Anicia, Roma, 2007
Luciani, Vincenzo, Le parole recuperate. Poesia e dialetto nei Monti Prenestini e Lepini, Roma, Ed. Cofine, 2007

Webgrafia
www.carpinetoromano.it