Di Margherita Guidacci (25 aprile 1921 – 19 giugno 1992) esiste un’edizione quasi integrale di tutta l’opera poetica: «Le poesie», a cura di Maura Del Serra, Le Lettere, 1999 (seconda edizione ampliata, 2020).
«Le poesie, che quasi sempre posseggono l’andamento assorto e quieto della meditazione ad alta voce (in questo si fa a tratti sentire l’insegnamento di Montale), attuano una sorta di catalogo delle certezze e delle incertezze, modulano il suo profilo mutevole, senza arretrare, perché sicura è la dignità di ogni gesto umano, degli “scampati e dei sommersi”: così suona la dedica di «Neurosuite» [1970] in cui – trattandosi di una condizione di confine – la scrittura è più compressa e impastata di scatti linguistici. […] Attraverso le diverse tappe creative la Guidacci giunge in un certo senso, nella silloge del 1977 [«Il vuoto e le forme»], a concentrarsi su questo tema: “ …il foglio una / frusciante assenza, la tastiera / ostinato silenzio. / Il vuoto si difende. / Non vuole che una forma lo torturi.” Eppure la poetessa desidera la forma, ne ha una tesa nostalgia, e di nuovo, infatti, la tenta, fosse per negarla, o, più autenticamente, per dichiararne, nelle sue mani, l’inevitabile approssimazione» (Marina Loffi Randolin).