Salvatore Adamo, cantautore tra cultura e impegno civile

di Francesco Piga

 

“…non è l’inferno ma nemmeno il paradiso…”  (S. Adamo, “E’ la mia vita”)

Ottant’anni ma non sembra: quest’anno è stata ancor più impegnativa l’attività di Salvatore Adamo, che ha cantato in Spagna, Turchia e Canada, poi a Parigi, Bruxelles e Mons.

E con Mons si avvolge il nastro della biografia di Adamo, nato a Comiso il 1 novembre del 1943. Vicino Mons, a Jemappes, si trasferisce la sua famiglia, negli anni difficili del dopoguerra. E’ qui che Salvatore ascolta il padre ricordare con nostalgia i canti della sua terra lontana, le arie delle romanze d’opera, con le voci di Beniamino Gigli, Enrico Caruso e Mario Lanza, su vecchi 78 giri (1), e le canzoni napoletane che conservano fra i loro tesori l’intensità del melodramma settecentesco. Inizia così a strimpellare su una vecchia chitarra, che gli arriva dalla Sicilia spedita dal nonno, questi vecchi motivi e le canzoni di Brassens e Brel. Ascolta la madre cantare le nenie. Definirà uno dei suoi maggiori successi, “Cade la neve”, “una melodia in minore, alla siciliana” e riconoscerà: “Sono consapevole che la mia maniera di cantare la devo a mia madre, alle sue intonazioni quando cantava le cantilene siciliane, con un po’ di lamento” (2).

A Mons debutta nel gennaio del 1960 partecipando ad un concorso radiofonico di Radio Lussemburgo per “voci nuove”, che poi si aggiudica nella finale a Parigi, premiato da Charles Aznavour.

Incoraggiato dal padre, può dedicarsi a ciò che predilige: affina le qualità vocali, approfondisce la preparazione musicale e letteraria. Riceve un’educazione cattolica nel collegio “Frères des Ecoles Chrétiennes” di Tournai, dove i numi tutelari sono autori come Péguy, Claudel e Bernanos. Nei successivi studi di humanités artistiques avvia la lettura di scrittori e poeti censurati al collegio, dai simbolisti ai decadenti, mentre alcuni libri gli rivelano un contesto letterario in cui la fantasia e i sogni prevalgono sulla realtà, da Il grande Meaulnes a Il Piccolo Principe e Alice nel Paese delle Meraviglie. E’ fondamentale l’incontro con il professore di francese, Jean-Marie Vermeulen, appassionato di Prévert e dei poeti surrealisti; con lui, poi interdetto dall’insegnamento, rimarrà sempre in contatto.

Adamo, rispettoso delle tradizioni religiose, avrà dubbi e spirito critico verso i dogmi e i totalitarismi religiosi, i pregiudizi e le verità rivelate. Considererà molte guerre come conflitti di religione e si chiederà come la ragione possa ammettere un Dio indifferente alle sofferenze umane (significativo in questo senso sarà il testo “En ton nom”).

Inizia a scrivere testi e musiche per le sue canzoni e nel 1961 incide i primi dischi che si  diffondono nei Paesi francofoni. Partecipa a programmi televisivi e si intensificano le esibizioni musicali, di cui trecento nel 1963 in Belgio. Si avvale della conoscenza di diverse lingue per tradurre e cantare le sue canzoni. Nei testi si attiene a precisi schemi metrici, con rime e assonanze.

La voce di Adamo è particolare, rauca e vellutata con improvvisi ed espressivi cambiamenti di modulazione, ora esitante ora decisa, è inconfondibile e inimitabile, poco reale e perciò adatta a evocare sogni e fantasie, in perfetta sintonia con il ragazzo timido e gentile, d’altri tempi, che appare sulla scena, voce quanto mai consona ai temi del genere romantico e melodico che va a proporre, la malinconia e la tenerezza, i rimpianti per l’amore perduto, le allegrie e le ironie di un Pierrot sconsolato.

Nel 1964 entusiasma il pubblico dell’Ancienne Belgique di Bruxelles e l’anno seguente quello dell’Olympia di Parigi, ottenendo un enorme successo che si fa sempre più clamoroso con le tournées all’estero. E’ costantemente ai primi posti delle classifiche discografiche, vince in Francia nel 1966 e nel 1967 il referendum per il cantante più popolare, indetto dalla rivista musicale “Salut les copains”; in Italia nel 1968 la sua canzone “Affida una lacrima al vento” è la più gettonata nei juke-box e vince il Festivalbar; nel 1969, come nei tre anni precedenti, è il cantante che in Francia e in Belgio vende il maggior numero di dischi; riceve da Radio Luxembourg il “Lion d’Argent” per essere il cantante più popolare nella Germania dell’Ovest. Per gli italiani emigrati in Belgio, sperando nel duro lavoro delle miniere, il cantante siciliano, che a Jemappes ha ricevuto la cittadinanza onoraria, come avrà quelle di Comiso e di Mons, è anche il simbolo del riscatto sociale. 

Nel decennio della contestazione giovanile e della musica beat, Adamo contro le mode e senza concessioni commerciali impone con uno stile molto personale il proprio genere melodico e romantico continuando a scrivere canzoni sentimentali, frammenti lirici di esperienze, di ricordi ed emozioni in cui si riflette la sua vita sospesa tra sogno e realtà.

La realtà prende il sopravvento quando, viaggiando per tutto il mondo, prima di salire sulle scene dei teatri, gli avvenimenti del tempo attirano la sua attenzione. Allora nei testi delle canzoni filtrano temi gravi, che il dovere etico impone di affrontare, testimonianze che sono poetizzate con metafore e allegorie. A Gerusalemme, alla fine del 1966, compone “Inch’Allah”, un canto dal significato ecumenico, con parole-simbolo che denunciano le assurdità dei conflitti in cui sono vittime soprattutto i più deboli, le donne e i bambini, e richiamano alla pace universale (3).

Di fronte a certe realtà di miseria e di degrado, si sente privilegiato con il suo mestiere di scrivere e cantare parole al vento. Ma poi il riferimento a Brassens e Brel, per lui maestri e sempre fonte di ispirazione, lo porta a considerare la canzone, con il suo lirismo, come un veicolo efficace di idee, per aiutare a riflettere. Dei due çhansonniers Adamo ammira l’anticonformismo, lo spirito libertario, la necessità di conservare dentro di sé l’innocenza e la capacità di meravigliarsi che sono proprie dell’infanzia (ama citare la frase di Brel: “Bisogna avere del talento per essere vecchi senza essere adulti”). Nelle loro canzoni trova filtrati molti temi ed espressioni dell’esistenzialismo francese; in quelle di Brassens, che aveva la madre napoletana, risente certe musicalità partenopee, e le sonorità del valzer, della giava e del tango, che caratterizzeranno molte sue canzoni.

Appassionato di cinema (4), nel 1967 debutta come attore con Bourvil nel film Les Arnaud; due anni dopo recita in L’Ardoise, tratto dal romanzo L’Ardoise d’un apache di Pierre-Vial Lesou, e nel 1970 è regista de L’Île de Coquelicots, in cui interpreta un ingenuo vagabondo che cerca di allontanare un’indossatrice, di cui si innamora, dall’ambiente fatuo della moda (5).

Continua a far spettacoli in tutto il mondo con un successo costante. E’ il primo cantante europeo ad esibirsi in Russia, allo Stadio Lenin, davanti a trentamila persone. Canta per re e principesse, e in luoghi illustri come lo Stadio Olimpico di Atene, il Palais des Sports di Téhéran, la Philharmonie di Berlino e la Carnegie Hall di New York. 

E’ stimato da scrittori, registi e cantanti di generazioni e formazione culturale diverse, da François Mauriac che, dopo averlo ascoltato all’Olympia nel gennaio del 1967, scrive: “Le sue canzoni partono dal cuore e arrivano al cuore”. Nel Senegal ha un incontro con il Presidente Léopold Sédar Senghor che gli dice: “Sono felice di parlare da poeta a poeta”. Dino Buzzati progetta di far musicare ad Adamo Poema a fumetti e di scrivere per lui i testi di un LP. Françoise Sagan afferma di ascoltare, nelle sue gite in automobile, la musica di Schumann, Schubert e Adamo. Tra gli altri, Antonio Skármeta, Murakami Haruki, Hervé Guibert lo citano nei loro romanzi, Fréderic Dard, in uno dei suoi Sanantonio, lo evoca coniando per la sua voce l’aggettivo “adamesque” (6). Una tesi di laurea esamina il linguaggio delle sue canzoni (7). Vari registi inseriscono sue canzoni nei loro film, da Nanni Moretti a Carlo Verdone, a Michele Soavi. Franco Battiato reincide la canzone di Adamo “Perduto amor”, che diventa anche il titolo del suo film. Così “Lasse mes mains sur tes hanches” è nel film di Chantal Lauby e gli dà il titolo. “Tombe la neige” è cantata più volte nel film ambientato in Armenia Vodka Lemon del regista curdo Hiner Saleem. Il cantautore Alain Souchon lo omaggia nella canzone “Baiser”, Arno, il cantante rock belga adatta “Les filles du bord de mer” (8).

Sulle canzoni che va componendo, con introspezioni e strutture più complesse e con sonorità più evolute, influisce l’attenzione ad ogni forma d’arte, vi convergono vecchie e nuove esperienze culturali. A varie predilezioni letterarie e musicali (9) si sommano sollecitazioni soprattutto dall’arte surrealista belga, con i quadri di Ensor, Delvaux, Magritte, e da certe peculiarità della cultura siciliana, che si ritrovano nella scrittura di Gesualdo Bufalino e nella pittura di Salvatore Fiume.

La lettura può ispirare direttamente una canzone, come un brano di René Char per “Lei”, o come in seguito un racconto di O. Henry per “Ils s’aiment” (10). Altri suggerimenti vengono da un romanzo di Paul Guimard, una novella di David Keller e un racconto di Saki. La canzone “Pauvre Verlaine” è dedicata all’amato poeta, “Théorème” a Neruda perché ispirata da un suo poema mentre in “Artiste” rende omaggio a Fellini e in “Vincent” a Van Gogh.

Il suo sdegno, dopo aver incontrato un giornalista spagnolo, che era stato in carcere per aver pubblicato un articolo contro il dittatore Franco, lo porta a comporre nel 1976 la canzone “Manuel”, un canto contro il franchismo, così come è una denuncia dello stalinismo la canzone “Vladimir”, dedicata ad un cantante costretto alla clandestinità. Il testo de “Les Collines de Rabiah” del 1983 mette a confronto i bei ricordi a Beirut nel tempo di pace e il dolore nel vedere ora, nelle immagini televisive, le rovine della città libanese causate dalla guerra. Segue nel 2002 “Mon douloureux Orient”. La tragica notizia, durante la guerra bosniaca, dell’uccisione di due giovani innamorati, lui serbo lei musulmana, mentre si incontrano sulla linea di confine, gli ispira “Dall’altra parte del ponte”. Una frase di Gandhi la canzone “La pauvreté”. 

Cantare diviene dunque una missione etica quando testimonia l’indifferenza e il cinismo ed evidenzia i valori e le priorità della vita. “Il tenero giardiniere della chanson fleur”, come Brel lo ha definito, deve considerare nei testi delle nuove canzoni la presenza delle malerbe, quelle visioni della realtà che non si vorrebbe avere. Sono testimonianze che rientrano nel suo impegno civile, così come, con la carica nel 1993 di Ambasciatore dell’Unicef, le azioni umanitarie e di solidarietà, in particolare a favore della dignità degli altri, contro la prostituzione dei ragazzi nelle Filippine, la concezione dei ragazzi-soldato, il razzismo verso i sans-papiers. Incide canzoni con diritti riservati all’Unicef. Inaugura in Vietnam una pompa d’acqua potabile e avvia una raccolta di fondi per acquistare la vitamina A, la cui mancanza provoca una forma di cecità fra i bambini vietnamiti. Partecipa nel 1996 alla marcia bianca di Bruxelles contro la pedofilia (nasce la canzone “Laissez rêver les enfants”). Nel 1999, durante la guerra in Kosovo, visita a Kukès i campi dei rifugiati (“Le monde a mal”) e per quei bambini riesce a raccogliere in Belgio 15000 tonnellate di giocattoli. E’ a Comiso quando arrivano settemila rifugiati kosovari nell’ex base militare.

Molto legato alle proprie origini italiane ed ai valori ricevuti dai genitori, ben consapevole dei loro sacrifici, auspica che gli immigrati possano avere le opportunità per poter inserirsi nelle nazioni più ricche, così come fecero le generazioni di italiani che contribuirono allo sviluppo di tanti Paesi. Molte sue canzoni sono un canto nostalgico per l’Italia lontana e per l’amata Comiso, da “Mon pays” a “Cara Italia”, a “Terra mia”.

Scrupoloso e perfezionista, sempre molto attivo, svolge con passione il suo lavoro. Incide oltre seicento canzoni, vendendo cento milioni di dischi, prosegue le sue tournées, che in alcuni Paesi diventano annuali, come in Canada e in Giappone, dove “Cade la neve”, in cinquecento versioni, appartiene al folklore locale, mentre in Russia molti suoi poemi figurano nei manuali scolastici.

In Belgio è la personalità più popolare del Regno, insignito del titolo nobiliare di Cavaliere, mentre per i riconoscimenti letterari dei suoi testi è “Commandeur des Arts et des Lettres” in Francia. E’ inoltre decorato della Croix de l’Ordre de la Couronne. Tra i molti altri tributi riceve il “Grand Prix internationale de poésie francophone” per l’insieme della sua opera e il Premio “Victoires de la musique” alla carriera. Nel 2018 gli viene conferito il Premio Tenco, per aver diffuso la cultura e la musica italiana oltreconfine.

Dopo un libro di ricordi Salvatore par Adamo (1965, Verbeeck) e un altro di canzoni rivolto all’infanzia con le illustrazioni di Philippe Lorin, Chansons racontées aux enfants (1968/69, Hachette), alcuni suoi poemi di intonazione surrealista sono raccolti nei volumi Le charmeur d’océans, con un disegno in copertina di Folon e la prefazione di Raymond Devos (1980, Editions de la Lande), e Les mots de l’âme (1994, Sigier) (11).

Nell’eclettismo di Adamo rientra anche la sua ricerca pittorica (12), dove i colori consentono altre invenzioni, richiamano emozioni e fantasie diverse da quelle espresse con le canzoni.

Un’immagine più completa della sua personalità e della sua cultura italo-belga emerge nel romanzo Le souvenir du bonheur est encore bonheur (2001, Albin Michel), tradotto nel 2015 in italiano (13), un romanzo particolare e originale per i sentimenti espressi e per l’inconsueta forma linguistica, in un intreccio di racconto multiforme e variegato, sempre più avvincente e interessante. Come il protagonista del romanzo, di origini siciliane emigrato nel Borinage, lo scrittore ha due ambienti saldamente uniti nell’animo, la Sicilia luminosa e il Belgio brumoso. Adamo esprime tutta la sua forte sicilianità nei ricordi dell’infanzia, nel riportare le tradizioni dell’isola, la dimensione di fantasia, di magia e di mistero che prevale sull’ordinario, il paesaggio in un’indefinibile luce d’incanto. Tributa un atto d’amore verso i genitori e rende omaggio alla propria terra, con lo sdegno morale per le sofferenze e le dure condizioni di lavoro che gli emigrati trovavano nelle miniere, dopo l’accordo tra lo Stato italiano e quello belga secondo cui l’Italia riceveva una tonnellata di carbone per ogni minatore che “prestava” al Belgio. Al contempo affiorano caratteristiche e prerogative tipiche della natura e della cultura belga, che Adamo predilige: immagini enigmatiche e spiazzanti, prospettive falsate di realtà apparenti e dimensioni oniriche. L’affezione per la Sicilia e per il Belgio, per le loro culture, è espressa anche nell’eccezionale padronanza linguistica che mescola al francese classico modi di dire ed espressioni dialettali siciliane, e termini tipici belgi, dall’argot agli slang locali, ai regionalismi.

Adamo mostra così un umorismo dai tratti tragico-comici, teso ad allontanare le inquietudini e il senso del dramma, un fatalismo con le persone e la natura soggette al caso, una mancanza di certezze, la fiducia nella forza dell’arte, nelle capacità interiori che rendano moralmente migliori. Fra le tante riflessioni prevalgono quelle sui drammi di una società sempre più afflitta dalle sofferenze, dalle violenze e dalle ingiustizie, sull’intricato problema del senso della colpa, sui pregiudizi che non ammettono dubbi. In una forma di umanesimo, c’è un richiamo alla dignità umana, a un liberalismo illuminato e solidale per un mondo migliore.

Negli album che riuniscono le canzoni più recenti, Adamo si evolve rimanendo sempre fedele a se stesso, alla propria cultura e ai propri ideali. Accanto alle precedenti sonorità se ne aggiungono nuove mentre i testi sono caratterizzati da ulteriori elementi linguistici, sempre in forma poetica. Continua a cantare l’amore nei suoi vari aspetti, nelle tante sfumature di sortilegi e misteri senza fine, di felicità e dolori. Confida i propri sentimenti e le emozioni, i sogni e le illusioni, le paure e le speranze, le malinconie per il tempo che passa, i rimpianti. Tende a dare il senso di indefinito e di altrove. Conserva l’ironia, il desiderio di condividere con le canzoni anche un po’ di leggerezza, ma non può tacere le amarezze per un’attualità degradata che non tiene conto delle ragioni del cuore e della coscienza.

Ai suoi ottant’anni non manca il fervore per nuovi impegni, da un nuovo romanzo a un’autobiografia, dalle tournées alle sollecitazioni filantropiche, alle nuovi canzoni in un dialogo continuo con il suo pubblico, e continuo rimane il sogno di tornare in Sicilia, nel “torrente di cielo e di luce” di via Balbo, dove è nato, laddove “sale gradinate successive fino al firmamento con tutte le sue lastre scintillanti sotto il sole senza pietà” e “laddove il blu vira all’indaco per incorniciare le povere case d’un bianco accecante” (14).

NOTE

[1]“I miei genitori soffrivano molto di nostalgia: il clima, la natura, la gente della Sicilia, tutto il calore del Sud, sembravano così lontani, irraggiungibili… Papà teneva vivo il ricordo della sua terra, cantando tutte le canzoni che sapeva. E io lo seguivo a ruota, cercando di imparare persino le romanze d’opera”, “Io proprio io”, in “Il Monello”, n.50, 11 dic. 1975.
[2]“Noi siciliani ritroviamo in Adamo alcune caratteristiche tipiche di queste zone. Le sue canzoni rammentano certe nenie che i pescatori, la gente povera, una volta cantavano di notte. Avevi l’impressione, quando le sentivi, di ritrovarti in un deserto. Io provo la stessa sensazione ascoltando Adamo. Avverto il morso dell’antica solitudine siciliana, il senso del dolore, della
disperazione. Adamo riflette in sé, magari senza rendersene conto, la sua natura tipicamente siciliana…”. Così il professor Salvatore Carnazza, allora Deputato all’Assemblea Regionale Siciliana e Commissario Straordinario al Comune di Comiso, nell’articolo “La Sicilia spera in Adamo” di Giuseppe Lugato, 1969.
[3]La canzone, uscita dopo la guerra dei Sei Giorni, è considerata nel mondo arabo uno strumento di propaganda semita e un giornale libanese incita ad affiggere le fotografie di Adamo come quelle di un criminale di guerra e a bruciare i suoi dischi sulla pubblica piazza; gli è proibito l’accesso nei Paesi Arabi. Dopo l’incontro nel 1993 fra Arafat e Rabin, il cantautore modificherà il testo di “Inch’Allah” per ricordare sofferenze e speranze comuni ai due popoli.
[4]Predilige le comiche di Chaplin e di Buster Keaton, i film di Truffaut. In seguito ammirerà molto, fra gli altri, Waida e Jorodowsky, Fellini e Woody Allen.
[5]“L’Express” definirà questo film “un capolavoro di tenerezza e di poetica”. Nel 2007 Adamo scriverà la colonna sonora del film Mineurs di Valeria Vaiano e Fulvio Wetzl. Sono nel film alcune sue canzoni. Nello stesso anno appare nel finale di ogni puntata di una serie televisiva, Melting Pot Café, cantando prevalentemente “Tombe la neige”, la preferita di Astrid, la
protagonista, proprietaria di un café in un quartiere popolare della capitale belga, che si consola dei suoi problemi economici e familiari, ascoltando le canzoni del suo idolo le cui foto riempiono le pareti.
[6]Antonio Skármeta Il postino di Neruda, Murakami Haruki After Dark, Hervé Guibert L’incognito, Sanantonio Bravo, dottor Berù!. L’intervista a Françoise Sagan è in “Marianne”, n.1322, 13-20 luglio 2022.
[7]Poi in volume, Maryse Tessonneau, Adamo. L’autre face, Éditions Dejaie 1985.
[8]Nanni Moretti, Ecce bombo e Il Caimano, Carlo Verdone, Sono pazzo di Iris Blond, Michele Soavi, Arrivederci amore, ciao e Good Morning Aman.
[9]Tra i suoi scrittori preferiti risaltano Joyce, Hesse, Beckett, O. Henry, Salinger. Ama le “finzioni fantasmagoriche” di Buzzati, ammira la trasparenza dello stile di Gerard de Nerval, in cui la poesia è inseparabile dalla musica. Per le altre letture di questo periodo cfr. Yves Salgues, Salvatore Adamo, Ed. Seghers, Paris 1975, pp. 82-83. In seguito le preferenze andranno, tra altri, a John Fante, Richard Brautigan, Paulo Coelho. Attento alla musica classica, a Los Angeles nel 1968 aveva seguito
un corso di pianoforte; tra suoi musicisti preferiti Vivaldi, Mozart, Bach, Chopin, Beethoven e Bartok.
[10] Il brano di R. Char è “Allégeance” nel volume Fureur et mystère e il racconto di O. Henry è “Les cadeux inutiles” in New York Tic Tac.
[11] I ricordi in Salvatore par Adamo sono raccolti da Henry Lemaire. Un commento alle attività culturali di Adamo è fatto da Yves Salgues, nella collana “Poésie et Chansons”, un libro biografico che, tra l’altro, evidenzia alcune doti di Adamo, la sensibilità, l’intelligenza poetica, lo stacanovismo e la modestia. Tra altre biografie, Thierry Coljon, Adamo, 50 ans de succès, renaissance du livre, 2013.
[12]L’attenzione di Adamo pittore e collezionista d’arte è ora rivolta oltre che al surrealismo, a Degas e Matisse, all’astrattismo, a Mondrian, Klee, Pollock, ad altri pittori sperimentali come Hockney e Kitay.
[13]La notte… l’attesa, Fazi editore, traduzione di Nilo Pucci.
[14]Così nel romanzo.