Antonia Pozzi nacque a Milano il 13 febbraio 1912 e decise di concludere la propria esistenza, ancora giovanissima, il 3 dicembre 1938.
La sua unica raccolta di versi, «Parole», uscì postuma nel 1939, con 91 poesie che poi si triplicarono quasi nel corso delle successive edizioni, fino a quella più recente delle «Poesie, Lettere e altri scritti», a cura di Alessandra Cenni, Mondadori, Milano 2021.
Quella della Pozzi è una poesia perennemente in bilico tra una forte pulsione vitalistica e l’incombente presenza della morte, sentita come sollievo ai tormenti dell’esistenza.
Di qui un fortissimo senso d’inquietudine che ne costituisce la cifra più evidente, al di là delle suggestioni culturali di cui si nutre: una vena crepuscolare (versante Corazzini) che si corregge con la fede nella parola che è propria dell’ermetismo e però anche con l’adesione alle cose che rimanda a Montale e ai coetanei (Vittorio Sereni in primo luogo) che come lei si formarono alla scuola di Antonio Banfi e si riconobbero nella “poetica degli oggetti” di quella che Anceschi chiamò “linea lombarda”.