La poesia dell’olio e dell’olivo da Omero a Oggi

Un’antologia tematica curata da: Ombretta Ciurnelli, Michelangelo Pascale e Antonio Carlo Ponti
OliveTolive (Effe Fabrizio Fabbri, Perugia, 2011, euro 15,00) è il titolo di un’antologia tematica sulla Poesia dell’olio e dell’olivo da Omero a Oggi. Un gioco linguistico dal profondo significato: olivo per vivere.  Il libro è curato da tre poeti perugini: Ombretta Ciurnelli, Michelangelo Pascale e Antonio Carlo Ponti.
 
Dal greco anthos e lègein, antologia significa scegliere fiori, in perfetta corrispondenza con florilegio, un sinonimo che in base alla derivazione latina, ha lo stesso significato: flores legere, raccogliere fiori.
Cerchiamo così di capire quali sono i “fiori” che i tre curatori hanno voluto raccogliere per celebrare l’olivo e l’olio, a partire dalla Bibbia sino a poeti e prosatori del nostro tempo.
 
L’ordinamento cronologico pone in evidenza la discontinuità nel tempo dei testi selezionati ma non per una scelta dei curatori. Alla ricchezza di documenti dell’età classica (dalla Bibbia a Omero, da Sofocle a Virgilio) fa riscontro, infatti, la scarsezza di testi nel Medioevo. Quasi che la storia della poesia dell’olivo rispecchi la storia del paesaggio agrario o quella dell’alimentazione. È noto, infatti, come dalla cucina di Apicio, inondata d’olio d’oliva, si passi nell’Alto Medio Evo, e anche dopo l’anno mille, all’uso del lardo.
 
Molto ricca è invece la documentazione a partire dal Decadentismo. L’attenzione verso l’albero del Mediterraneo si manifesta, infatti, con l’evolversi della sensibilità poetica.
 
A partire dal Simbolismo il poeta coglie e trasmette impressioni, suggerisce emozioni e stati d’animo, nel suo potere di penetrare l’intima essenza delle cose. Pascoli, D’Annunzio e poi la poesia del Novecento colgono nell’olivo il “correlativo oggettivo” di un modo d’essere, di una condizione interiore.
Come si presenta ai nostri occhi un olivo che sia già abbastanza in là con gli anni? Da un lato mostra la leggerezza della chioma, resa preziosa da un cromatismo continuamente cangiante, dall’altro la sofferenza che può suggerire un tronco contorto, irregolare, quasi sgraziato, con fessurazioni profonde. Sembra la metafora ideale per raccontarsi e per leggere nel fuori il proprio essere.
 
Ma nella poesia e nelle prose sull’olivo e sull’olio nell’Ottocento e nel Novecento ci sono anche altri temi, come quello della memoria. Tra i poeti moderni non sono pochi, ad esempio, a ricordare proustianamente la semplicità e la ricchezza di un cibo antico come il pane con olio e sale (Giuseppe Marotta, Simonetta Agnello Hornby). E non manca la poesia civile, presente in particolare nelle poesie di alcuni poeti palestinesi (Mahamoud Darwish, Mehmet Yashin).
Ampio spazio è stato dato a poeti stranieri, da quelli spagnoli (Garcìa Lorca, Antonio Machado) ai greci (Lambros Porfiras, Kostìs Palamis), dai tedeschi (Rainer Maria Rilke e Thomas Mann) sino a scrittori di area anglosassone (Alicia Stalling, Theo Dorgan, Karl Shapiro), solo per citarne alcuni.
 
Molte, infine, le voci dialettali: Eduardo De Filippo, Achille Serrao, Francesco Granatiero, Maurizio Noris, Maria Stella Elia, Stefano Marino sono solo alcuni dei poeti che nelle lingue dialettali della nostra penisola hanno cantato l’ulivo, con originalità e profonda sensibilità.
 
Merita una menzione la pregevole introduzione del poeta pugliese Lino Angiuli che in un’efficace sintesi ha saputo cogliere i molteplici aspetti storici e antropologici della cultura dell’olivo.

Nell’antologia sono state inserite anche alcune schede che, traendo spunto dai testi selezionati, ne approfondiscono temi di particolare interesse (Tra storia, mito e leggenda; Sacralità dell’olio; I canti delle raccoglitrice; Gli olivi della Palestina; Pane e olio).