Il cormorano è un gran pescatore, veloce, ma nello stesso tempo pigro, vive in gruppi, anche grandi, è dotato di ali possenti che gli permettono grandi spostamenti; ha una cura parentale attenta, già dalla cova, ugualmente distribuita tra i due sessi. Uccello interessante di per sé, lo è ancor di più se l’Autrice della silloge gli attribuisce un nome proprio, Bryan: probabilmente lo vuole connotare come individuo particolare.
Così, la metafora del titolo sembra rappresentare una persona – l’io narrante – in un viaggio singolare e insieme condiviso; mentre i titoli delle quattro sezioni producono una forte tensione antitetica e disegnano immagini di esasperato chiaroscuro: Steel butterfiels, Pistacchio e stracciatella, In viaggio, La strada di casa. Come non notare, infatti, il passaggio da farfalle d’acciaio, dure resistenti e fredde, alla dolcezza, e morbidezza del gelato; dal fascino inquieto dal viaggio, alla rassicurante e nota strada di casa? Come e perché convivono questi contrasti?“Questo è un deposito per tormenti notturni, quelli più facili…” È forse qui la risposta? Anche se l’ossimoro fa venire qualche dubbio. O piuttosto è contenuta nei versi “In cucina sul tavolo c’è la mela:/ si prende un filo/ e si cuce unendo le due metà,/ perfettamente non combaceranno/ ma una forma verrà ristabilita.” Versi nei quali il ricomporre la forma – la mela – è più importante del ricucire per tornare all’unità. Forse sembra impossibile, e forse neanche desiderato ritornare alla sintesi di tutto, se si perdono i particolari.
Così, per una sensibilità come quella dell’Autrice, è inevitabile continuare a distinguere, dividere, perché possa ricomporsi, più che una unità di senso o di sensi, la forma – il nomen – degli oggetti, degli avvenimenti o delle persone. “Mentre un padre chiama un altro padre/ che stringe una figlia che sbuccia/ una pesca rosata…Siamo stati così ingenui?/ Ora questa figlia diventerà due madri.” Forme complesse, che azioni, generazioni e ruoli tentano di cucire come le due metà della mela. Allora, per capire, discernere, occorre scomporre sensazioni ed emozioni in esperienze elementari, quasi molecolari, ma intense e totalizzanti “Tra brioches e treni/ violini e veleni/ si ripercorre tutti/ tra stonati frontali/ e cingolati nell’animo.” con occhi e udito attenti e mani a scegliere parole, come in Dai rumori del paese:“…all’interno si sente un’aria usurpata di emozioni, nei miasmi/ una nebbia di strade che s’incrociano/ le luci come odore di mosto/ richiamano l’attenzione/ si rinfrescano i colori e all’interno sboccia un cielo/ di perle lucide…” . È la certezza, così della Poesia come dell’esistenza e della memoria, che vivono non di assoluti, ma di un dubbio insieme reale e sognato “…E sarò sarai/ nel dubbio che tra due estremi/ piega e slancia come onda,/ dolcemente//” Si ripetono, non a caso, le parole sospesa, appesa, a voler definire ancora una volta l’itinerario del viaggio, per ricomporre la forma che affiora nelle parole restare e stare e ancòra. (a cui basta spostare l’accento tonico per rinforzare il significato).
Anche farfalla/e è parola-forma ricorrente: “Ma oggi ci sono loro che sollevano/ il respiro, sollevano l’aria e schizzano/ i pensieri dalla testa,/ non resta più che aprire la bocca/ e attendere/ che il lavoro delle farfalle bianche sia finito/ per poter ritornare alle giornate/ di veglia e di piena.” bianche, neutre, non magiche di colori sognati; ma neanche, per fortuna, d’acciaio.
Del resto, proprio alla farfalla e alla sua meccanica– cioè al suo equilibrio e movimento, come definisce il termine – la Poeta si abbandona, senza fuggire“Non sfuggo,/ ma lascio che scorra./ Lenta. Graduale./ La meccanica della farfalla.” Ma con un occhio al cormorano Bryan, per non perderne il volo.
È tramonto
È tramonto
e questo bianco riflessato
si riversa e scuote alla finestra. Lo senti il tintinnìo?
Riscalda tra onde trascorse e balsamiche:
resto spezia di mare,
ti parlo delle grotte corollate e delle vie
che s’inerpicano dalla testa al calcagno.
Ripensandoci era il tramonto imballato
scatola di cioccolato.
Orienti
segnando un’orma
su un calesse di ferro e fragole
spezzando in due da destra a sinistra
l’atomo, la differenza
la sospesa direzione dell’anima
Al di là
Al di là della strada, solo bianco.
Rispose all’eco un pensiero tenero di paura
alzando la testa si scorse solo il pallore
a ogni albero, a ogni sasso riportai il quesito
e di notte sopraggiunse
la neve
e l’orma attenta degli uccelli
mi diede la nuova intelligenza
mentre i lupi si ritiravano,
ogni cosa appesa ripensa al suo
intimo più essere,
sospesa e accesa
ti ricorda che sei ancora donna, che sei
ancora.
Contemplando il desiderio
Non parlare. Qui rosso viola rosa e turchino.
Non parlare perché qui ci sono solo tre occhi che ci
[guardano
e i veli all’orizzonte diversi e mai scoperti,
come la fogna alla Foce e i bambini che litigano.
Non ci diranno mai il perché
e con le nostre bocche riprenderemo
la strada di casa.
Piccola palla
Piccola palla
sul mare sei tornata,
il filo ha trovato una posizione
e oggi gira intorno ai sassi.
Bianca schiuma che rilassa le membra
spalmate sull’arco
della casa costruita. Costruisci.
Dona, plàsmati di chiarore
e stringi le colorate strisce
che ritroverai nella tua festa.
Chiara Albanese, Il cormorano Bryan, Puntoacapo Ed., Pasturana (AL), 2020
Chiara Albanese è nata nel 1984 a Genova, dove risiede. Laureata in Conservazione dei beni culturali, si è dedicata al restauro per diversi anni. Oggi lavora come educatrice. Recita da dieci anni in un laboratorio teatrale di ricerca espressiva (Associazione Gaucho). Scrive dall’adolescenza poesie e racconti. È presente nell’antologia Elogio alla follia (Collana Fuorionda, Edizioni Divinafollia, a cura di Ivano Mugnaini e Silvia Denti, 2019). Il cormorano Bryan è la sua opera prima.