[OTTOBRE 2016] Diramazioni urbane, poesie di Davide Cortese – Fernando Della Posta – Michele Ortore – Viviana Scarinci – Michela Zanarella, a cura di Anna Maria Curci, Collana Aperilibri, pp. 32, euro 5,oo
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IL LIBRO
Questo volumetto, il quarto della collana “Aperilibri”, raccoglie alcuni testi in italiano di cinque giovani poeti, nati tra il 1973 e il 1987 in luoghi diversi, ma accumunati dal luogo di residenza: Roma, da cui si diramano le loro composizioni poetiche.
Scopo degli Aperilibri è la diffusione della buona poesia puntando a una crescita di attenzione di un più vasto pubblico verso la poesia e l’opera di validi poeti sia in lingua italiana e che nelle lingue locali dialettali.
Edizioni Cofine in collaborazione con l’Associazione Periferie proporrà nell’arco di un anno cinque Aperilibri: cinque sintetiche antologie dei più significativi testi di un poeta o di più poeti con i relativi dati biobibliografici.
Nell’anno, in contesti tradizionali o inconsueti, avranno luogo cinque presentazioni e letture pubbliche di altrettanti Aperilibri, accompagnate da un momento conclusivo di convivialità, attraverso degustazioni enogastronomiche.
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NEL LIBRO
Introduzione di Anna Maria Curci
Diramazioni urbane è il titolo che ho scelto per questo “Aperilibro” che raccoglie testi inediti di cinque poeti nati tra il 1973 e il 1987. La ragione della scelta sta in un ulteriore dato che li accomuna, accanto a quello della vicinanza anagrafica: tutti e cinque risiedono a Roma, provenienti da luoghi di origine che abbracciano e oltrepassano la penisola, dal Friuli di Michela Zanarella a Lipari di Davide Cortese.
Qui, con sensi e versi destati alla lezione di Seamus Heaney – «I began as a poet when my roots were crossed with my reading» (Ho cominciato a essere poeta quando le mie radici si sono incrociate con le mie letture) – Davide Cortese, Fernando Della Posta, Michele Ortore, Viviana Scarinci, Michela Zanarella hanno dato vita a un “innesto” felice, originale e diversificato, tra radici e letture. Da qui, dall’Urbe, dalla città eterna ed effimera, superlativa nello splendore così come nello scialo, si diramano le loro composizioni poetiche e sconfinano con coraggio e destrezza, estendono i rami, allungano il passo, si soffermano su paesaggi geografici differenti, si cimentano con più linguaggi, ritornano e poi ripartono in un movimento che è ‘urbano’ anche nell’accezione di “civile”, permeato com’è da un umanesimo vissuto con attenzione e rispetto, dalla capacità di creare ponti tra epoche storiche e cronache locali, tra l’ancestrale e il ‘novissimo’.
I versi di Davide Cortese navigano così tra miti e «canzoni antiche», approdano a Lisbona e a Venezia, volano a Bagdad, ballano in maschera a Dresda e percorrono le borgate romane insieme a Pasolini.
Con Fernando Della Posta tocchiamo ancora le sponde di Venezia e, insieme, riscopriamo le contrade suburbane della gita fuori porta e i boschi lucani con i “matrimoni degli alberi” a raccogliere «figli sparpagliati per il mondo»; i suoi versi ci riconducono poi in città, in un centro sociale, a resistere allo smantellamento e a svelare la speranza e l’impegno: «perciò verranno altri sergenti del rigore, / ma opporremo le nostre barricate. / Le faremo con quello che sappiamo fare: / accumulare scarto ed operoso / costruire, scarcerare viole e graminacee».
Con sostanziosi (vissuti, sì) esercizi di stile, Michele Ortore ci trasporta dalla Prospettiva Nevski de L’alba dentro l’imbrunire, con mete attese, vette, meditazioni, con «il carmelo di domande», ai condomini in città scoppiettanti di allegri e serissimi “epichilogrammi”: «Fermati, / non lo vedi che stanno smontando l’eternit- / à?».
Viviana Scarinci plana sulle declinazioni dell’amore, «bestia cronica», in versi lunghi distende supposizioni, dipana periodi ipotetici: «Se l’amore fosse tutto occhi e gli occhi fossero due bambini / litigiosi fino voltarsi le spalle, sarebbe la cecità».
Tra rievocazioni e inseguimenti, Michela Zanarella prosegue e invita a proseguire un cammino alternativo alla liquidazione distratta, invoca la vocazione: – «Chiamami a tornare / in quelle strade di grano / per farmi specchio ancora una volta / di quei colori spesso fraintesi / in una nebbia che non ascolta» e indica la sua scelta: «Ho scelto di andare / senza lasciare incompiuti i miei sogni / senza pensare che mi saresti mancato / come quando da bambina t’inseguivo / per le scale».
Prestiamo ascolto – è il mio invito – a queste Diramazioni urbane.