Oggi ricorre l’anniversario della morte di Mario Luzi (20 ottobre 1914 – 28 febbraio 2005), uno dei Maestri della generazione postmontaliana.
Tutta la sua produzione in versi è raccolta in un monumentale volume curato da Stefano Verdino nel 1998 per i Meridiani della Mondadori: «L’opera poetica» si avvale di un ricchissimo apparato critico che si serve anche dei numerosi “autocommenti” del poeta e di un articolatissimo saggio che ricostruisce le varie fasi che hanno caratterizzato la poesia di Luzi, pur se Verdino tende a sottolineare una continuità che invece a me pare difficile da sostenere.
Dall’iniziale adesione all’ermetismo (di cui è considerato il caposcuola) alle raccolte degli anni Cinquanta e successivi – dopo che la guerra ha rimesso «tutto in questione», per dirla col titolo di un suo libro di saggi – non c’è dubbio che si assista a un totale cambiamento di rotta: nei temi, nel tono, nel linguaggio, nell’idea stessa di poesia come strumento di confronto con la storia e con gli uomini: anche con chi non c’è più, o è oltre, in una dimensione che infine si fa sempre più intrisa di una profonda e tutta personale spiritualità.