Un’antologia, quella di Vincenzo Luciani, Poeti di paesi e di città (Cofine, Roma maggio 2022) che comprende 25 anni di recensioni e presentazioni di “raccolte poetiche, in italiano e nei dialetti d’Italia, di autori noti ed affermati, di altri meno conosciuti, ma anche di alcune voci giovani e promettenti, tutti, per vari motivi, meritevoli di essere letti”. In realtà il libro offre molto di più che indicazioni di lettura. Con un’esposizione precisa ma scorrevole, lontana da inutili astruserie critiche, vengono date molte informazioni sui testi e pure sui contesti: ricordi di incontri ed esperienze condivise, aneddoti illuminanti, notizie su ambiti sociali e culturali in cui situare il/la poeta, consentono a chi legge la recensione di approfondire motivazioni e ispirazioni sottese all’opera, che ne ampliano tematiche e possibili interpretazioni.
Lo sguardo critico di Vincenzo Luciani è personale ma non personalistico, nel senso che si comprende come le scelte siano motivate da propri interessi (umani oltre che letterari, non ultimo il “piacere di leggere buona poesia”), che tuttavia non travalicano e restano ben ancorati alle opere presentate, con ampie citazioni testuali. Anzi, a volte, le molte citazioni fanno pensare che – forse – il critico potrebbe ‘osare’ di più nell’esprimere le sue riflessioni, dal momento che appare chiaro, in più punti, come la sua lettura non sia mai superficiale o affrettata, e consideri altre pubblicazioni in modo da fornire ulteriori elementi di indagine. Ma questo ritrarsi è un criterio ben esplicitato dal recensore, che sottolinea la necessità di lasciare spazio all’autore, sia ai suoi testi, sia alle sue intenzioni: “perché sono convinto che quando un poeta parla della sua opera bisogna spalancare le orecchie e mettersi all’ascolto. In particolare quando si tratta di poeta che non scrive e pubblica di getto e conosce la virtù indispensabile e irrinunciabile di un buon poeta: la pazienza, accompagnata dall’arte, e dalla sapienza costruttrice, che dà solidità all’impianto di un libro”. Indicazioni che lo stesso Luciani segue nel soffermarsi sulla struttura formale dei testi per evidenziare quegli elementi stilistici attraverso i quali emerge la validità tematica ed espressiva di un’opera e l’individualità dell’autore.
Buona cosa è l’onestà critica in un recensore, l’esprimere in modo pacato anche delle riserve su alcuni testi, o segnalare le differenze qualitative di un percorso di scrittura, in modo che risaltino gli aspetti più riusciti e convincenti. Uno sguardo critico così trasparente nell’indicare i propri obiettivi riesce a creare un senso di fiducia e diviene un sincero invito alla lettura, mai fuorviante, tanto meno falso o di parte. O, almeno: è di parte solo perché vuole invogliare a prendere in mano quel libro in quanto offre “buona poesia”, un’esperienza (come “enogastronomia e convivialità, buona musica”) in grado di donare senso e piacere alla vita.
“Convivialità” è una parola che si presta a riassumere non solo lo spirito di fondo dell’antologia, ma anche il pluridecennale lavoro di Vincenzo Luciani nell’ambito della poesia, da lui intesa sempre come un’attività di relazione e condivisione. Recensione dopo recensione incontriamo poeti viventi e alcuni che sono presenti nella memoria amichevole di chi li ha conosciuti e apprezzati, o li ha avuti come compagni di tante iniziative editoriali e convegni, che Luciani continua a portare avanti con un impegno tenace e cordiale. E con una attenzione che qui, pagina dopo pagina, dà la possibilità di conoscere autori, di approfondirne le opere e di ripercorrere momenti importanti del cammino della poesia in Italia negli ultimi decenni.
Seguendo uno dei criteri critici usati da Vincenzo Luciani, niente meglio di una citazione delle sue parole può chiudere questa presentazione, dove si è cercato di evidenziare alcune “motivazioni di invito alla lettura di questo bel libro. Perché a questo, in buona sostanza, deve servire una recensione”.
Nelvia Di Monte