JENNE (526 abitanti, detti jennesi. A834 m slm). Sulle pendici del Monte Pratiglio, ridente ed accogliente località di villeggiatura, è sede del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini.
L’origine del nome "Jenne" è difficile da individuare e si perde, per dirla con Fogazzaro, "sepolta nella caligine de’ secoli": Secondo alcuni deriva dal latino "Janua", ossia "ingresso", "porta", ad indicare la posizione dominante dell’abitato sulla valle dell’Aniene. Altre fonti ne indicano l’origine nella parola "Genna" (traducibile come "luogo freddo"), o anche "Gehenna", "le porte dell’inferno". Quest’ultima possibilità sembra la più accreditata, e sarebbe suffragata, secondo alcuni, dal nome delle profonde grotte carsiche ai piedi del monte Pratiglio, sulle cui pendici giace il paesino di Jenne: le "grotte dell’Inferniglio". Difatti, la prima citazione storica della località è riscontrabile in una pergamena fatta redigere da Papa Leone IX, la quale conferisce all’Abbazia di Subiaco ed alle sue pertinenze (i suoi monti, colli e luoghi agresti) il toponimo di "Fundus Gehenna".
IL DIALETTO DI JENNE
A Jenne, sabato 22 ottobre 2011, organizzato dal locale Centro di Studi "Antonio Fogazzaro" per la diffusione della cultura e dell’arte nell’alta Valle dell’Aniene, si è tenuto nella Sala del Consiglio comunale un incontro sul tema dei dialetti in Val d’Aniene. Sono intervenuti tra gli altri, Vincenzo Luciani e Cosma Siani, sul tema: Jenne e i dialetti nella Valle dell’Aniene: tra riflessione e memoria. Interventi anche di poeti dialettali e cultori dei dialetti della Valle. In apertura e chiusura dell’incontro presentazione di testimonianze del dialetto di Jenne (alunni della scuola elementare / filodrammatica dei giovani jennesi). L’incontro è stato videoregistrato
1. Vocabolari grammatiche
A p. 507 del libro di Giacomo Orlandi, Il dialetto di Roiate, c’è una piantina dell’area esaminata nell’indagine linguistica in cui sono contrassegnati i confini delle zone in cui le finali in u oppure in o dei nomi e degli aggettivi maschili, una diversità che delimita e che circoscrive due distinte aree linguistiche. “Per la finale in u la linea di confine inizia da Bellegra, passa per Roiate, Arcinazzo, rientra a Subiaco, prosegue per Rocca Santo Stefano, Canterano, Gerano, Cerreto, Rocca Canterano, Agosta, Marano, Saracinesco, Anticoli, Arsoli e termina a Cervara. Per la finale in o la linea di confine parte da Olevano Romano, cioè a poca distanza a sud di Bellegra, prosegue per Capranica Prenestina, Palestrina, Cave, Genazzano, Paliano, Serrone e, dopo aver lambito la Ciociaria, si incunea, con sorpresa, ad Affile e Jenne; continua per Trevi nel Lazio, Filettino e termina a Vallepietra, dove si raffronta, a Cervara, con l’altro confine. (…) Nell’area delle finali in u esistono nomi ed aggettivi con finali in o, con la differenza che la diversità ubbidisce, in modo sorprendente, a questa regola ferma, precisa e costante: terminano in u tutti i nomi e gli aggettivi che in sillaba tonica hanno le vocali a – i – u: vinu, àsenu, capu, nasu, tittu, cavagliu; terminano in o tutti i nomi e gli aggettivi che in sillaba tonica hanno le vocali e – o: ókkjo, pétto, féro, cêo, mòneco, bbégljo. Questa regola tanto più è rigida e costante quanto più i nuclei abitati, lontani dalle vie di comunicazione, sono rimasti isolati e quindi immuni da influssi o da inquinamenti di altri linguaggi.”
Come già detto precedentemente, la Ciociaria è parte del Lazio ed è divisa in due parti: Marittima e Campagna. Trevi nel Lazio fa parte di quest’ultima e in particolare della frazione dell’Alta Valle dell’Aniene, una valle peculiare che ha una confluenza verso Roma anche dal punto di vista lessicale e fonetico dell’espressione. Nello stesso ambito della Valle dell’Aniene c’è differenza fonetica, grafemica e lessicale tra Filettino, Trevi, Vallepietra, Jenne, Subiaco. Il sostrato in questi paesi è lo stesso, le “calate”, cioè le inflessioni fonetiche, sono diverse ma diversa è anche qualche parte del lessico. Importante per questo tema è lo studio svolto dal professor Giacomo Orlandi, I Dialetti della Valle dell’Aniene.
Orlandi, in quest’opera, prende in esame pochi termini ricorrenti nella Valle dell’Aniene. In quest’area così circoscritta la struttura dei dialetti è quasi identica; i vocaboli generalmente si somigliano per la fondamentale etimologia latina. Ma, benché siano notevoli gli aspetti affini, è sorprendente constatare che molti vocaboli sono difformi tra dialetto e dialetto per una singolare caratteristica: pur mostrando, la palese provenienza latina e, nonostante i vari nuclei siano limitrofi, quei particolari vocaboli, i quali in ciascun linguaggio dialettale esprimono identico concetto o indicano la medesima cosa, hanno origine non dalla stessa parola latina, bensì da diverso sinonimo e assumono, perciò, una ben definita fisionomia.
Queste difformità, destano sorpresa quando sono avvertite, e in maniera spesso ricorrente nell’ambito di un limitato territorio quale può essere il distretto territoriale di Trevi nel Lazio, Filettino, Vallepietra, Jenne. Mentre Filettino risente molto l’influsso del napoletano cioè del Regno delle due Sicilie di cui faceva parte, Trevi e Vallepietra risentono meno o quasi per niente di quest’influsso. La fonetica di Vallepietra invece, è molto più simile a quella di Jenne che è più chiusa. La distanza in linea d’aria tra Jenne, Vallepietra e Trevi è pochissima. Tre paesi che dovrebbero risentire o per lo meno ripresentare la stessa fonetica in realtà presentano evidenti differenze.
Per capire questo discorso è bene riportare un esempio dei termini studiati da Orlandi che cambiano completamente pur trovandosi in paesi limitrofi della Valle dell’Aniene:
Ragazzo si dice a Jenne frabutto; mammoccjo a Trevi nel Lazio, Filettino Arcinazzo, Roiate, Serrone, Cevara; kjattu e kiattarégljo a Gerano e Roviano; bardassu a Olevano, Cave, Palestrina, Belle gra, Arsoli, Subiaco; warzittu a Rocca S. Stefano, Canerano, Rocca Canterano, Cerreto Laziale, Saracinesco.
Da un glossarietto di Luciana Flamini, ordinato in collaborazione con Mario Massimi, estrapoliamo alcune note grammaticali:
– mancanza di anafonesi: stregno ‘stringo’, ecc.
– metafonesi: capritto ‘capretto’, fazzulitto ‘fazzoletto’, frisco ‘fresco’, titto ‘tetto’, ecc.
– conservazione del monottongo latino: lo mele ‘il miele’, pede ‘piede’, ecc.
– dileguo della laterale preconsonantica: n’atra vota ‘un’altra volta’, puci ‘pulci’, pucini ‘pulcini’, ecc.
– esito –ll– > gl(i): aneglio ‘anello’, caglina ‘gallina’, cavaglio ‘cavallo’, chiglio ‘quello’, coglio ‘collo’, manteglio ‘mantello’, ecc.
– rotacizzazione della laterale postconsonantica: comprimenti ‘complimenti’, semprece ‘semplice’, ecc.
– lenizione dopo nasale e liquida: ’n ganna ‘in gola’, me ’ngennero ‘mi sporco di cenere’, dorge ‘dolce’, sciorda ‘diarrea (lett. sciolta)’, zamba ‘gamba (lett. zampa)’, ecc.
– assimilazione del nesso –nd-: fronne ‘fronde, foglie’, granne ‘grande’, mannà ‘mandare’,
– raddoppio delle nasali: cennere ‘cenere’, stommeco ‘stomaco’, vommito ‘vomito’, ecc.
– metatesi: crapi ‘capre’, crapiccio ‘capriccio’, criveglio ‘crivello’, crompà ‘comprare’, frebbe ‘febbre’, struppia ‘storpia’, ecc.
– metaplasmi di declinazione: vorgara ‘villana’, ecc.
– plurali neutri alla latina: ficora ‘fichi’.
– pronomi personali: iè ‘io’, isso ‘egli’, ecc.
– pronomi e aggettivi dimostrativi: chiglio ‘quello’, chella ‘quella’
– possessivo enclitico: mammota ‘tua madre’, matrema ‘mia madre’, pàtremo ‘mio padre’, ecc.
– cambio di ausiliari: so’ ditto ‘ho detto’, so’ smisso ‘ho smesso’, ecc.
– tenere per ‘avere’.
– condizionale in –ìa: croparìa ‘coprire’, ecc.
– saccio ‘so’.
Vocabolario
Nel pregevole libro Piro piruzzo. Filastrocche – conte – ninne nanne – cantilene da non dimenticare di M. Antonietta Bargellini è presente un Piccolo Vocabolario dal quale preleviamo:
a funimento (a conclusione), ciammotto (lumaca), cincio, cinciareglio (straccio; straccetto), ciocca (testa), iatro (l’altro), iorto (l’orto), iovo (l’uovo), iutto (ghiotto), mineglio (mignolo), muzzico (morso, pezzo), sagna (pasta), schiaffettone (ceffone), suricicchio (topolino).
Dal glossarietto di Luciana Flamini e Mario Massimi, ecco alcuni vocaboli:
accallocciarsi ‘stringersi’, accappà(re) ‘coprire’, accoppiaturo ‘coperta per il pane’, addomasse ‘riposarsi’, agliottà(re) ‘inghiottire’, alema ‘anima’, ambrudenza ‘influenza’, aritrucina ‘tuona’, arrangato ‘in preda ai crampi’, arrucinato ‘arroventato’, azzeccà(re) ‘salire’, bettuni ‘bottoni’, bocata ‘bucato’, braticola ‘graticola’, caglina ‘gallina’, candelotti ‘ghiaccioli di neve di tetti’, capodebarzi ‘precipizio’, carucina ‘carbone acceso, brace’, caùta ‘piccola apertura sotto le porte per permettere il passaggio di gatti e galline’, cercia ‘quercia’, cerolla ‘vestita male’, ciammotto ‘lumaca’, ciammaruca ‘lumaca’, cincio ‘straccio’, cionchia ‘fiacca’, cisbussi ‘scarpe’, codeca ‘cotica’, dedeca ‘dita’, degghiedro ‘dietro’, doa ‘due’, éssijo ‘eccolo’, femmona ‘donna’, frusta via! ‘pussa via! (detto al gatto)’, gliuffo ‘sedere’, gnerto ‘spesso, grosso’, icchi ‘qui’, immidia ‘invidia’, iutto ‘ghiotto’, labbera ‘labbro’, latterizia ‘itterizia’, lena ‘legna’, lincestra ‘lucertola’, locca ‘chioccia’, lucchià(re) ‘lamentarsi’, maddemà ‘questa mattina’, manicuto ‘cesto di vimini con manico’, manocchio ‘covone di grano’, martora ‘madia’, massera ‘questa sera’, medeco ‘medico’, mucco ‘viso’, nescuso ‘nascosto’, nespri ‘nespole’, ’nfusso ‘bagnato’, ’ngioffa! mangia!’, ’nzenzata ‘svampita’, osso pazziglio ‘malleolo’, palontella ‘salsiccia al fuoco col pane’, pavana ‘non battezzata; colorito strano’, petate ‘patate’, piria ‘gomitolo’, pisquia ‘goccia’, poce ‘pulce’, pongecà(re) ‘pungere’, prunca ‘prugna’, pucchipuglini ‘pidocchi delle galline’, pucini ‘pulcini’, pulacca ‘antica camicia da donna’, pulenna ‘polenta’, raffocecato ‘sgualcito’, raghecato ‘storto’, regnecato ‘curioso, brutto (?)’, revotà(re) ‘rivoltare’, scancina ‘gancio’, scapocerato ‘ferito’, scevezzo ‘balzo profondo’, schiamarola ‘schiumarola’, scincià(re) ‘distruggere’, scozzà(re) ‘rompere’, sdelombasse ‘sfiancarsi’, sgommareglio ‘mestolo’, sonco ‘sono’, sorece ‘sorcio’, soreglio ‘bicchiere di rame per bere’, sotaccio ‘setaccio’, spacio ‘spago’, spadorcia ‘pala per il pane’, spennecà(re) ‘penzolare’, spiritella ‘uva spina’, storzasse ‘strozzarsi’, stregne ‘stringere’, streia ‘strega’, sturcinata ‘storta’, sulo ‘solo’, surdo ‘sordo’, suricchio ‘falcetto’, vocca ‘bocca’, titto ‘tetto’, zazzicchia ‘salsiccia’, zippo ‘bastoncino’, zicarella ‘piccola’, zunzà(re) ‘ciucciare, bere’.
2. Proverbi e modi di dire
Un detto dialettale jennese recita: Ce jeste e ce revenèste, come dire che chi va a Jenne, poi ci torna volentieri!
Da un proverbio di Subiaco: Quandu Monte Calju mette le brache, vìnnite ju ’mbréglio e crómpate le capre; quandu piove alla parte ’e Jenne, piglia la zappa e va alle tènne;
3.Toponimi e soprannomi
Ancora dal glossarietto di Luciana Flamini e Mario Massimi, ecco alcuni soprannomi:
Angelella, Babbaleo, Baciarotto, Banchitto, Bandocchio, Barbaliscia, Barella, Barozzara, Bassetto, Battente, Baucciotto, Belancino, Bellapalla, Bettone, Bicchierino, Bifì, Bilancino, Biracchio, Bobbo, Bocalone, Boccione, Bonsignore, Bricchio, Brocca, Bruttopelo, Bu, Buritto, Buttafoco, Buzzichitto, Cacaccio, Cagnaccia, Calloro, Capannone, Capritto, Cardaia, Cardariglio, Carestia, Carnaccia, Carnevale, Cechitto, Cellero, Cerasaro, Ceraseglio, Chiappamosche, Chicchinitto, Chiò Chiò, Ciammotto, Cicciotto, Cichitto, Cifrone, Cincionpalla, Cincinello, Ciocitto, Cleoficchia, Coccione, Coccobello, Cornacchiolo, Coronara, Craparella, Cuccuio, Cuiella, Cupella, Cuzzo, Dartemia, Demeca, Diocantante, Farchione, Fallona, Filippone, Focazzaro, Focchiuto, Fomo, Frontona, Galante, Genovese, Giacobbe, Giovannella, Gliò Canaro, Gliò Cane, Gliò Mommo, Gliò ’Ngegnere, Gliò Panaro, Gliò Poccio, Gliò Sidiaro, Gliò Sellaro, Gliò Vavè, Grazianera, Grillo, Iaco, La Cervarola, La Doppia, La Gialla, La Mocetta, La Micchelette, La Monaca, La Muffa, La Mulara, Lancianaro, La Reppia, Lariola, La Spazzola, Laudese, La Zerla, La Zoppetta, Le Gatte, Letabbio, Luriteglio, Macalotto, Magnone, Malecazzato, Maione, Mammaméa, Manetta, Mao, Maria Longa, Mariola, Mariucciona, Martelluzza, Martelluzzo, Marziale, Massotti, Mazzocchia, Mazzone, Monecantonio, Micchelitto, Micitto, Micozzitto, Micozzo, Minziotto, Moretta, Moscatello, Moscetta, Muritto, Mutilato, Nblo Nblo, Ndollone, Nesta, Ngnic Gnacchi, Ninitto, Ninotto, Orzella, Paccuttella, Pallaccia, Pallino, Pallocchitto, Panaro, Pancotto, Papessa, Pappetta, Pazzozza, Pecchie Pecchie, Pellanera, Pellone, Peppacchione, Peppilicchio, Persighitto, Peruzzo, Petateglio, Petatella, Piato, Piatteglio, Piattella, Picchiolo, Picciccia, Pietroiaco, Pilato, Pilone, Pincareglio, Pinciocco, Pinghemeo, Pinzetta, Pipacchio, Pippilicchio, Pipposellaro, Pizzicato, Pizzitto, Pizzutesco, Pocchio, Polentina, Polese, Pucicchio, Pullacca, Purginella, Quadracchiella, Ranghella, Remenato, Riccetta, Rosso D’Ovo, Rosica, Ruzzicotto, Saccuccitto, Sandonadese, Sarocco Vecchio, Sbiraglio, Scafitto, Scafone, Scanniara, Scarpellitto, Scatara, Schioppitto, Sciaccuglietta, Sciacquaglia, Sciaddonne, Scioscitto, Scodellucce, Scozzuso, Scuccino, Stellone, Stenella, Stoccacerce, Stoccarati, Temporale, Tentisona, Teresella, Tranganella, Turzeglio, Turzone, Vargaretto, Volpegrigia, Zampognaro, Zaricchio, Zazzà, Zazzicchia, Zimeo, Ziricchio, Zippo, Zofferino, Zoppetta, Zoraide.
4. Canti, filastrastrocche, Indovinelli Giochi, Gastronomia, Feste&Sagre
Feste e sagre. 17 Gennaio: S. Antonio favaro con benedizione degli animali che vengono “abbelliti” con coperte, veli e addobbi vari. Dopo la cerimonia degustazione delle fave secche sbollite in acqua salata e del fallone (pizza di granturco cotta sotto la brace ), segue la Sagra della polenta con spuntature. Dal 14 al 17 Agosto: Festa di S. Rocco (Processione dell’Inchinata il 14; processione di S. Rocco il 15 (si attraversano tutti i rioni e si torna nella piazza dove si assiste allo scoppio de glio gireglio, grande girandola formata da bengala. Dal 16 al 19 agosto: marcia della Transumanza (120 km di marcia a cavallo in ricordo di quando ogni anno pastori ed allevatori delle compagnie di Anzio, Nettuno ed Aprilia si spostavano con le mandrie, per sfuggire al caldo ed alla malaria e raggiungere le più accoglienti montagne del loro paese di origine ed in particolare la Piana di Fondi). L’8 Settembre: festa della Madonna della Rocca. Nell’occasione si tiene la Sagra delle Pizze alla Padella e degli ndremmappi. Nel terzo sabato di settembre: Il ballo della pantasema, (grande pupazzo di legno e carta) la pantasema, ogni anno diverso, posto al centro della piazza, dopo un’allegra serata di canti, balli e degustazioni gastronomiche, viene bruciato tra fuochi d’artificio).
4.1. Canti
Stornello di Agosta e di Jenne: E se ju kiami mangu te responne, quissu c’è natu aglju nfirniglju ’e Jenne.
Filastrocche
Dal libro Piro piruzzo, alcune filastrocche:
Balla balla Pietro zoppo / non tenea no cincio addosso / se tenea non cinciareglio / ci ballea ancora meglio.
Canta il corvo / sulla quercia nera / freghete maè / che è primavera!
Checchereché commare Giovanna, / checchereché ha fatto la sagna, / checchereché ci ha misso iovo / checchereché non era bono / checchereché ci ha misso iatro / checchereché era ’nnacquato.
Pecoraro magna ricotta / va alla chiesa e se ’nginocchia / se glio leva io cappellitto / pecoraro beneditto.
Zumpa zumpareglio / scala scalareglio / zumpa le scale / sant’Antonio me fa male.
Giro girotondo / cavallo imperatondo / cavallo d’argento / che costa cinquecento / centocinquanta…
Dal glossarietto di Luciana Flamini e Mario Massimi, ecco un indovinello e una filastrocca:Tengo no fregnitto, / va nfregnenno / chisto e chiglio, / quando s’è nfregnato, / sempre a casa è ritornato. (cos’è? Il lievito per il pane).Senza cisbussi mustrenno le dita, / non le vidi che si senza vergogna? / Co le forbici spunti l’ogna. / senza cisbussi mustrenno ci va (cisbussi ‘scarpe’ o ‘calzini’).
Preghiere
Dal libro Piro piruzzo, “A letto, a letto” una preghiera molto diffusa anche nel resto dei paesi della Provincia di Roma: A letto, a letto / co la croce ’mpetto / co’ gli angeli cantenno / la Madonna predichenno. / La Madonna me disse / che paura non ci avessi / né de giorno né de notte / fino aglio punto della morte, / né de giorno né de dì / fino aglio punto de morì. / Ncapo aglio letto mé / ci sta iangelo pe’ me: / aglio lato dritto / ci sta Gesù Cristo, / aglio lato manco / ci sta io Spirito Santo, / de qua e de là / la Santissima Trinità, / chi ce vò bè, chi ce vò male / Dio ce possa perdonare. / Ie me coleco e non saccio / se m’arizzo, / prego grazie a Gesù Cristo / la confessione, / la comunione / l’oglio santo, / Padre, Figliolo / e Spirito Santo
Nello stesso libro figurano anche altre due preghiere: “Verbum caro” e “Dies illa”.
4.4 Gastronomia
La pupazza aveva i seni e portava le braccia curve sui fianchi (le maniglie per prenderla); il cavalluccio aveva sul dorso una specie di maniglia per favorirne la presa. Chicchi di caffè erano messi al posto degli occhi e si ricorreva ai carbuni per realizzare la bocca e gli occhi. Questa usanza è durata fino ad una trentina di anni fa. A Subiaco la pupazza veniva chiamata pigna, a Jenne mammoccetta, ad Arsoli palombella, a Cervara pignatella. Il cavalluccio a Subiaco veniva chiamato ju valle (aveva la forma di un gallo), a Jenne cavajo, a Cervara ju calluzzittu (galletto), ad Arsoli ju cavallucciu, a Pisoniano j fucile (fucile). l centro della piazza, dopo un’allegra serata di canti, balli e degustazioni gastronomiche, viene bruciato tra fuochi d’artificio).
Antichi sapori della terra jennese: gli “’ndremmappi”, pasta rustica con sugo di aglio, prezzemolo, alici, pomodoro e pecorino locale; la “pecora agliocallàro”, bollita per sei ore….; dolci e pane cotto a legna, polenta, lunghi, fragole di bosco, giglietti, moretti, e “ ciambellini ammortojati”.
5. Teatro – racconti
Quasi ottanta anni fa, nel 1930, la Società Filologica Romana nella benemerita collana dei Dialetti di Roma e del Lazio aveva scelto la Valle dell’Aniene quale area di avvio dell’indagine a tappeto sui dialetti della regione (che poi purtroppo non avrebbe avuto séguito): è il fondamentale volume di Merlo, Clemente, La Dama di Guascogna e il Re di Cipro, novella di Giovanni Boccaccio (Decam. I, 9), tradotta nei parlari del Lazio, I, Valle dell’Aniene, trascrizioni fonetiche con commento linguistico di Clemente Merlo (Roma, Società Filologica Romana, 1930), con 36 traduzioni per ben 31 località tra le quali Jenne con due traduzioni.
6. Poesia
Luciana Flamini è autrice fra l’altro della traduzione in dialetto jennese del Primo canto della Divina Commedia
Antologia
MARIA ASSUNTA CORIDDI
Pe nonna Maria
Si stata jo scrigno più prezioso e bejo dell’infanzia mea,
dentro te li tenìi i gioielli più luminosi che solo a mì te parea giusto donà.
Si stata la compagna più paziente e gioiosa dei giochi mei,
calma e bella me ’tte recordo, quando me raccontii le favole della vita tea,
e me te raccomanìi che susì tenea da esse puro chella mea.
Me recordo puro della malinconia téa,
e della solitudine che lesta lesta t’abbracciea.
Si stata glio dono più beglio della fanciullezza mea,
che manco jo tempo riesce a consumà…
E mo che so’ cresciuta
téngo nostalgia de chigli pomeriggi, de ’sti tempi d’ottobre,
a ride, a scherzà mentre lo vino de Collaffamato comincia a fermentà.
È susì che custodisco glio ricordo teo, come gl’amore nostro,
e come chigli giorni lontani che, senza rendeme conto,
m’hao sciuriati tra le mani.
(testo fotocopiato, 2012)
Divina Commedia canto I, traduzione in dialetto jennese di Luciana Flamini
Mezzo aglio cammino,
della nostra vita,
me retrovo pe na
serva scura,
che la dritta via
‘n’ci stea piu.
Quando provo a dillo
è na cosa tosta,
sta serva è aspra,
forte , servaggia,
che glio pensiero,
te fa mette paura.
Quanto è amara,
è peggio della morte:
ve voglio racconta
chi ci so trovato,
ce vo troppo tempo,
e po ve dico tante
cose che so viste.
Non me recordo,
comme ci so entrato,
ero piino de sonno,
an certo punto:
lasso perde e
menne vado.
Ma po , arrivato
aglio pede deglio colle,
proprio ando finisce
chella valle,
che pe sta paura
glio core me rescea fora.
Guardo pellaria e
vedo du spalli vestito
che luccicheano aglio
sole deglio pianeta,
che senneea pe dritto,
pe glio colle.
Allora chella paura ,
sera poco carmata,
dentro glio core,
mera durata,
chella notte la passeste
nfuriata.
E comme se t’affanni
pe sta paura,
rescio fora e me metto
vicino alla riva,
ando l’acqua fa rumore,
e me metto a vede,
L’anema mea, ancora
correa, correa,
me giro degghiedro
a vede ando passea,
e che non ci stea
piu na persona viva.
Lasso perde e
massetto npo,
quando me so repusato,
repiglio a cammina,
fino allerta deglio colle,
ma mentre camminea,
Me sembrea de sta firmo,
coglio pede pe terra,
uno denanzi, e uno
sembre piu degghiedro,
me giro e te vedo
che stea allerta
‘Nanimale grosso che nzo visto mai
forze era na lonza,
mattraversa denanzi sta strada
correa, correa,
comme glio vento,
tenea no pio a chiazze,
Era cattiva, e non messe
levea denanzi a mi,
non potea piu cammina,
me venea sempre nfaccia.
se stea pe fa giorno,
l’ora , quando glio sole,
Sarzea verso le stelle,
quando gliamore divino,
che movea chelle cose belle.,
sperea sempre, ma chesta vita mea
era poco cagionevole,
me facea ariccia sta pelle;
Era l’ora che glio tempo
cambiea npo, arrivea
na bella stagione,
npo me venea paura,
denanzi agl’occhi mei
vedo appari n’animale ,
Era no leone affamato,
sembrea che me venesse
contro, co na rabbia,
co glio capo dritto,
parea che me facesse trema.
A’n certo punto na lupa,
sembrea secca ma forte,
a tanta gente ce facea,
vive de paura, e ce facea
perde sta speranza,
a chigli che voleano,
Acquista , i sordi pe gioca,
ma io penziero i facea
rattrista, chella bestia,
non me dea pace,
me venea ncontro,
a poco, a poco,
Nella serva scura,
ando non ci sta
piu glio sole.
mentre menneea,
sempre piu a balle,
denanzi agl’occhi,
Me parea de vedeglio
comme ndebbolito,
zitto.
an certo punto,
vedo na cosa
aglio deserto—
misericordia!
vedea n’ombra e strillo!
chi si! si nomo vero!
o nombra! “ omo gia fui,”
me sento responne!
so morto!
I parenti mei erano
de patria mantovani
tutti e doa.
nasceste agli tempi
de giulio cesare,
so cresciuto a roma,
Quanno ci stea Augusto,
tempi de farzi
e de busciardi.
ero poeta e contea
deglio giusto,
figlio d’Anchisse
E era de Troia,
e fu bruciato.
ma tu perche reve
tutto annoiato,
perche no ve sopre
aglio colle, ando
Troveno poca felicita
tutti quanti?
ma tu Virgilio, (Dante)
addo le pigli stidee!
si no fiume de parole,
(respose npo vergugnuso)
Colla capoccia abbassata
degl’atri poeti,
chella poesia de Virgilio,
tellumina, te onora,
te da esempio e te guida.
tu si glio maestro meo,
Tu si glio primo,
glio meglio nsomma.
ma tu che vidi sta bestia
ando me so girato,
aiutame da chesta,
tu si saggio, chella
me fa trema i porzi,
e me fa gela lo sangue
dentro le vene .
a ti conviene passa
no pella salita deglio
colle, e trppo mpossibele,
Loco ci stanno le fiere,
po ncontra la lupa,
ma te conviene
attraversa
i regni d’oltretomba.
sto loco servaggio
Scuro , a Dante gli facea
soffri, gli stea ammazza,
vorrebbe retrova,
na condizione storica,
volaria schiarisse
sta coscienza,
Fino aretrova na vecchia
profezia , pe togliese nanzia
e retrova npo de giustizia,
chella bestia , ortre che
che non gli facea passa,
non gli facea manco sazia,
Era marvaggia , quando
magnea tenea fame
piu de prima.
so tanti gl’animali
che sassomigliano,
ma arrivera na profezzia
Che dice :
non se cibbera ne de tera,
ne de veltro, ma se cibbera
de sapienza, de amore,
e de virtu,
sulo allora sara cacciata
Chella lupa, senna da i,
da ogni parte, e se morera
de dolore, e senna da i dritta
anda riscita, aglinferno.
all’ora ci stara no sarvatore,
che non cerchera ricchezze,
ma se cibbera spiritualmente.
sara chella sapienza della
santissima Trinita, con gliamore,
deglio padre , deglio figlio,
e deglio spirito santo.
Dante an ncerto punto,
Dice esortanto er vicario,
che non cura ne l’argento,
ne gliaffanni, ma sara
considerato un sarvatore
dell’Italia, chesta pora Italia,
misera nfelice, ne moreranno
Tanti, da citta, a citta a tutte
le parti.
lanvidia der demonio,
de Lucifero, rescito
daglinferno, pe corrombe
tutto glio munno,
Ma recordate: ando si riscito,
l’ha tecce remannimo.
se po tu vo veni alla via
della sarvezza te faccio
da guida e tu cammina
commi, e tutti doa
Pe i lochi eterni!
se senteano de strilla,
erano disperati,
vedrai i morti de tanti anni,
che soffrano le pene
dell’inferno, e comme
Na seconda morte
pe ognuno, vidi chigli
che so piu contenti,
che vorrebbero azzecca
mezzo alla gente beata,
penzano e sperano de resci
da chiglio foco e da chelle
pene, intanto strillano
piu forte , e biastemano
contro chella dannazione
eterna, l’unione tra l’anema
e glio corpo, malediciano,
strilleno.
se po tu volissi veni commi
anema mea, nso degno
e co essa te lasso parti.
gliomperatore che regna
loco , non me fa passa,
Perche so stato ribelle
alla legge sea,
ie non credea che era
venuto Cristo.
a tutte le parti regna
e impera, e glio Creatore
Deglio munno,
dell’universo,
felice e chi prega,
chi gliarza ar trono.
ie che so poeta,
sto fora non pozzo rentra,
e pe mi sara na dannazzione,
Ma tu le sapii che ci stea
natra porta?
ando ci sta sempre
gliangelo e ci stanno
chigli che scontano le pene?
aglio paradiso chi ci truvi!
San Pietro colle ghiavi!
e se chella porta non ci sta?
non ci lassa manco passa?
(Jenne 14-9-2011)
Bibliografia
Fratticci, Giovan Domenico, Jenne. Itinerario fra storia, leggenda, costume e curiosità, Amministrazione comunale di Jenne, 2003.
Bargellini M. Antonietta, Piro piruzzo. Filastrocche – conte – ninne nanne – cantilene da non dimenticare, Stampa Lit. Lithoteam, 1988.
Flamini, Luciana-Massimi, Mario, 700 vocaboli jennesi (dattiloscritto, 2012)
Flamini, Luciana-Massimi Mario, 242 soprannomi jennesi (dattiloscritto, 2012)
Ultimo aggiornamento 6 dicembre 2012