Da sponda a sponda di Luciano Cecchinel

Recensione di Nelvia Di Monte

 

Attorno al tema centrale di questa raccolta – una vicenda familiare legata all’emigrazione negli Usa – si sviluppano tanti argomenti sociali e culturali, che trovano nel viaggio un possibile elemento unificante e suscitano riferimenti di forte attualità, avvalorati dall’insolita commistione linguistica tra italiano e inglese americano.

Si inizia con i viaggi obbligati di chi andò oltreoceano per cercare un avvenire migliore e poi dovette rientrare in patria quando la crisi del 1929 tolse il lavoro anche nella terra promessa. Come è accaduto ai nonni materni del poeta e alla madre Annie, nata in America ma costretta da piccola a tornare coi genitori nel paese veneto, lasciando nell’Ohio gli amici e un ambiente conosciuto, e senza conoscere una parola d’italiano. Nel testo homesick lullaby  (ninna nanna di nostalgia) è  riassunta la drammatica esperienza della bambina che rimane “a fissare l’immagine / dei compagni di là via / ma! pa! I don’t wanna stay / shall we back in the U.S.A.?” (mamma! papà! non voglio restare / torneremo negli Stati Uniti?). Poi ci sono i brevi ritorni dei relatives, parenti ormai americani, quasi in pellegrinaggio a visitare la casa degli avi e il cimitero: “qui a immaginare i loro passi / entro la vecchia chiesa / per vicoli e sentieri / a cercare di saldare i desideri / a frantumi di vite”.

Ma sono i tre viaggi dell’autore nella sponda oltreoceano ad essere determinanti per questa scrittura finalizzata a penetrare più a fondo in un paese che tanta parte ha avuto nella storia, nella cultura e nella mentalità di intere generazioni, e a riflettere sulla complessità del proprio presente. Il primo viaggio nel 1984, per incontrare i parenti nati o rimasti laggiù, costituiva  il tema di Lungo la traccia (Einaudi 2005), poesie scritte in un ampio arco di tempo, una perlustrazione degli stati orientali, sulla soglia dello sterminato Midwest, dove ritrovare le tracce di un’umanità che vi giunse in varie epoche e da vari paesi, mescolando lingue e fatiche, fortune e sconfitte.

Nella prima delle tre sezioni (da quella sponda) di questa nuova raccolta, Cecchinel proprio da lì riprende il percorso attraverso ambienti e memorie (“acri e acri di pianure e colline / distillano l’oscuro / di destini lontani”) che è di fatto una condivisione, nella consapevolezza che molto simile sia (stato) per tante persone affrontare uno sradicamento inseguendo il sogno di un futuro migliore. Mentre lo sguardo si posa su immensi paesaggi o indugia in negozi di anticaglie o stazioni abbandonate, l’ascolto cerca di captare quanto di tante vite ancora lì è rimasto, ma spesso di amare vicende prossime a perdersi “come acqua entro la sabbia / calore di fiamma nel gelo” non si avverte che un  bisbiglio, come quello di un manovale, di un minatore, di un vagabondo nei rispettivi testi, “con il durare sonnolento / di un lungo canto / di amarezza e nostalgia”. È una incessante sin-fonia quella che si va componendo (sottolineata dalla mancata punteggiatura, tranne i punti di domanda), un canto corale che emerge in sottofondo e si propaga via via che Cecchinel nei viaggi successivi del 1995 e del 2016 visita altri luoghi e città, spostandosi verso sud e verso ovest, quasi nella direzione della mitica frontiera.

Per il poeta ogni luogo – parchi con alberi millenari e incredibili fenomeni naturali, deserti assolati, riserve indiane, interminabili treni merci su binari che scompaiono all’orizzonte o sperduti minimarket – risuona di voci, perché è spazio di vite vissute delle quali resistono frammenti come sussurri nel vento, che solo la poesia e la canzone (quelle profondamente popolari) riescono a raccogliere in un ritmo che le trattiene ancora nel presente. Si comprendono così le frequenti citazioni e i molti riferimenti alla cultura americana, ai poeti più in sintonia con quella terra e i suoi sogni, Whitman innanzi tutto, ma non solo; e poi la musica country, gli spirituals, ma anche le canzoni dei giovani degli anni ’60, quelli che morirono in Vietnam: testi che conservano le parole e il modo di esprimersi di esseri umani spesso ai margini di una società multietnica dove solo il ricco non si sente straniero.

Per vicende personali ma soprattutto per affinità esistenziali – un nomadismo interiore, inquieto e sempre teso a chiedersi “quale quale il senso? Vero falso celato?” – l’autore si fa tramite di questa corrispondenza tra le due sponde, e la seconda sezione si sofferma sulle presenze americane nelle zone del Veneto dove lui risiede. Anche qui le prime poesie riguardano vicende familiari: il nonno, costretto a ritornare in Italia nel periodo fascista e perciò considerato suddito nemico, e la madre, allontanata dalla sua lingua e dall’altra patria perduta. L’omonimo testo annoda i temi della raccolta (“vivevo in me abbracciato / vite mancate / sogni di nuove ninnenanne / tintinnanti lungo celesti antenne”) e introduce una figura cardine, il giovane soldato statunitense di stanza in una base nel Veneto negli anni sessanta, che in un avamposto sul monte Cimone si divertiva a sparare per gioco con il fucile paracadutato dai connazionali ai partigiani durante la seconda guerra mondiale e portato dai ragazzi del luogo. Quel giovane soldato, Whisol, donerà al poeta la cagnetta Nancy prima di partire per il Vietnam e lì finire i suoi giorni. La Storia che cala pesante sugli individui, il dover partire senza far ritorno, la violenza politica di inutili conquiste colpiscono nello stesso modo popoli e persone, e la “rovina di vite spente / che sconvolge coordinate” giunge indifferente a tempi e luoghi geografici. Sul Cimone non sale più la strepitante libellula, il velivolo che trasportava lassù i soldati bambini ora dispersi in lontane paludi tropicali o tornati alle loro città: “e a poco a poco si spense / sempre più lontano il suo frastuono / lasciando così grande silenzio / come un irreale vuoto”. Restano brandelli di parole americane che accompagnano il lungo testo, come Paint it black, la canzone che il soldato ascoltava a tutto volume e inserita nel film di Kubrick citato nel titolo della poesia (dopo Full Metal Jacket).

Molto particolare  è  la terza sezione, costituita dal poemetto sundown medley (miscuglio del tramonto), un succedersi di paragrafi che mescolano frasi in italiano, in una prosa densa di poetiche espressioni, personali ricordi e descrizioni, domande inevase e pessimistiche considerazioni; e ampie citazioni e commenti su autori americani (poeti quali Whitman, Sandburg, Dickinson, i saggisti Emerson e Thoreau, i cantanti  Guthrie, Cash, Dylan, Bessie Smith, e tanti altri del filone folk), che richiedono traduzioni e lunghe note esplicative. Una forma di diario che accompagna il poeta nei suoi viaggi attraverso luoghi geografici e spazi umani, alla ricerca di quale senso sia celato in the Spirit of America, una terra simbolo di libertà e progresso che è andata trasformandosi nella patria di “grandi roditori del pianeta grandi affumicatori dell’etere”. Una full immersion in una cultura radicata nel proprio (e nostro) tempo e fonte di un dialogo mai pacificato tra sé e quell’altrove oltre l’oceano: “– perché sommesse hanno ansimato per loro le foglie di nuovi alberi tristezze di spossatezza e nostalgia e sussurrato ossessi uccelli le cantilene di nazioni straniere non più devono piangere quegli occhi di una perduta età –”.

Le tre sezioni di questo ripetuto vagabondare da sponda a sponda tracciano una poesia dal tono epico, un epos minore e proprio per questo così incisivo nelle sue immagini e in quel sound aspro e tenace, finalizzato a trattenere le voci di tante persone, alcune familiari e amate, altre incontrate nelle loro parole scritte o ascoltate, la maggior parte sconosciute ma tutte sentite umanamente vicine in un destino che nel mondo non conosce confini. È una poesia composta lungo diversi decenni, ma profondamente attuale nel mostrare il senso più vero (e più drammatico) di questa interconnessa globalizzazione: i loro passi / le loro voci ancora qui / perché ogni vita andata / lascia ad accendersi / inesauribile un bisbiglio / lungo la polvere sospesa.

 

Luciano Cecchinel Da sponda a sponda (Arcipelago itaca Edizioni, Osimo 2019)

 

Nelvia Di Monte

 

Pubblicato il 5 giugno 2020