La presenza viva delle cose di Laura Garavaglia

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

La Poesia non è solo unione di suono e senso; è un “fare” che si colloca al confine tra la parola detta e quella scritta, senza appartenere all’uno o all’altro mondo, tant’è che vive sia nello scritto delle parole e tra le parole, sia nella recitazione: modalità che la arricchiscono entrambe e la rendono unica, dal momento che l’ordito è lo scritto e la voce è la trama. Non si fa, però, nella “terra di nessuno” ma sempre nella realtà delle cose, nei confini che via via ci costruiamo a cominciare dall’età matura”Siamo solo ricordi all’orizzonte/ nella presenza viva delle cose.” Due versi, dei quali possiamo dire che vivano nella voce mentre vengono scanditi, e nei caratteri vergati sulla pagina: d’altronde siamo sicuri che lo scritto duri nel tempo e il suono e l’inflessione della voce, svaporino? Quel che conta è come risuonano dentro di noi: mai per una sola via.

Non è casuale dunque che l’acqua, e in particolare il mare, ricorrano in questa silloge “Mentre ci salutiamo/ i pensieri annegano/ nei mulinelli rapidi del fiume.” … “Sentire il respiro del mare/ l’incanto d’azzurro e di luce”  Niente è più mutevole dell’acqua di fiume e più inquieta del mare: di essi,  il suono- respiro, non si fa catturare dalla pagina scritta, ma lascia l’orma nei sensi, come altrove si dice “La memoria, amico, è fluido inganno”. E’ l’esistenza liquida, eco della società di Baumann? Ma, ecco, quasi in un universo parallelo, “La presenza viva delle cose”“Parole sospese tra i silenzi “. Che siano occhi o aria, le parole ci necessitano, non ne possiamo fare a meno; anche nel silenzio, pensiamo parole, o le ripensiamo nella memoria. Ciò che fa più male non è lo sguardo obliquo, né le parole-aria, ma la tranquillità e la rassegnazione che si compiono nell’assenza delle parole “Allora vai tranquillo,/ porta con te il bagaglio a mano/  della rassegnazione…”

Chi si sottrae a questa rassegnazione, chi può farcela? Forse soltanto chi non cede al dolore d’una “gamba rossa e gonfia” o al “canyon nel cervello, e il cratere nei polmoni” purché abbia accanto una voce amata a raccontare l’amore e la pace: che sia madre, padre, amico.

L’Autrice sembra dire che nella solitudine non c’è scampo, ma nella vicinanza sì, fosse anche virtuale, attraverso lo schermo di un computer “Il viso sullo schermo/ la voce, a volte, a scatti/ nel vuoto delle stanze.” o vissuta nello stesso dolore di madre che perde suo figlio “Si, tu lo conosci, anch’io lo conosco/ lo schianto che hai dentro,/ che ho dentro  e perdere un figlio in un giorno d’estate/ se intorno stormisce la vita…”

Anche nel tempo non c’è conforto: esso passa e non basta mai “Quest’ora è il limite azzurro/ immobile al giorno e alla notte.” Così, scelto il proprio vessillo “lo straccio più chiaro/ o quello più scuro./ Ma in fondo è lo stesso…/” si prosegue con passo veloce, con “fretta che è tutta umana” – persino il dolore è un’autostrada – per farsi “ricordi all’orizzonte”. Che cosa resta vivo dunque, se non la presenza delle cose?

Qui c’è la chiave che può aprire l’ultima porta: oltre le illusioni del tempo e della memoria, dell’amore, del cielo troppo azzurro nella “stanca stagione”… ci sono le parole. Siano prospettiva obliqua, altra, sulle cose, o aria che non arriva in fondo a sondare il mistero, o polvere che si vede solo grazie alla luce. La luce della Poesia.

 

 

Poesia 

 

 

A volte le parole sono occhi  

guardano obliquo il mondo. 

Scavano nel profondo 

prospettive diverse. 

A volte invece le parole 

si fermano nell’aria 

e non raggiungono 

gli angoli della vita. 

E i versi sono polvere 

dentro un raggio di luce. 

 

 

 

Lontananza

 

 

E dietro le cime il confine 

di quello che ho perso 

di quello che è stato. 

Quest’ora è il limite azzurro 

immobile al giorno e alla notte. 

Le luci si accendono 

e tutto ha quel senso di cose vissute 

altrove 

che non mi appartengono più.

 

 

 

 

Fine 

 

 

Si è sciolto nel silenzio di un saluto 

il tempo che non ci è bastato 

sfumato in cenere 

e non erano solo le parole  

le cose accumulate 

a chiudere nel solco la memoria 

la ruga profonda della vita 

due assi inchiodate sopra il cuore.

 

 

 

 

 

Yusuf 

 

 

Yusuf siede accanto a sua madre, il corpo riverso  nel campo.

La luce del sole ora taglia lo sguardo bambino. 

Al mattino i lampi nel cielo, il boato: 

forse un temporale, ma senza la pioggia 

che scioglie la terra in mille rigagnoli scuri. 

La guerra cancella i confini del senso. 

E forse era un gioco, sua madre dormiva 

le braccia incrociate sul ventre da ore 

e non si svegliava. 

E nella voragine nera finite 

le povere cose di casa. 

Yusuf non sa ancora, il padre  

e il fratello uccisi lontano 

oltre le dune di sangue 

 dall’alba al tramonto. 

Sua madre narrava  

racconti d’amore e di pace. 

Yusuf ora attende la sua voce.

 

 

 

Laura Garavaglia, La presenza viva delle cose, Puntoacapo Ed. Pasturana (AL), 2020

 

 

 

Laura Garavaglia è nata a Milano nel 1956. Vive e lavora a Como. Pubblicista, ha collaborato alle pagine culturali di vari quotidiani.  Ha insegnato materie letterarie nelle scuole superiori della provincia di Milano e della città di Como. Ha fondato e presiede l’Associazione culturale “La Casa della Poesia di Comoed è organizzatrice e curatrice del Festival Internazionale “Europa in versi” che dal 2011 si tiene a Como. Ha collaborato anche con il Festival di Letteratura “Parolario”, con la mostra di arte contemporanea Miniartextil (Como) e con il Festival “Poestate” (Lugano). È membro di giuria di svariati premi letterari. Le sue poesie sono state tradotte in numerose lingue. Sue poesie sono state inserite in molte antologie e in riviste letterarie italiane e straniere. Scrive come critico letterario su blog di letteratura. In poesia ha pubblicato: Frammenti di vita, 2009; Farfalle e Pietre, 2010; La simmetria del gheriglio, 2012; Correnti ascensionali, 2013;  Numeri e Stelle, 2015,  Per la sua poesia e per la sua attività culturale a livello internazionale ha inoltre ricevuto numerosi riconoscimenti.

 

 

 

Maurizio Rossi

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 5 maggio 2020