Rióne Munnu. Rione Mondo

Di Maria Lanciotti è l'Aperilibro n. 10

[Gennaio 2018] Rióne Munnu / Rione Mondo, poesie in dialetto sublacense di Maria Lanciotti, Edizioni Cofine, 2018, Roma, Collana Aperilibri, n. 10, pp. 32 autocopertinato, euro 5,00

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IL LIBRO                                  

I testi poetici di Maria Lanciotti, inseriti in questa raccolta (tra le finaliste del Premio Città Ischitella – Pietro Giannone 2017), rivelano una spiccata padronanza della lingua locale, per cui si riconosce la consuetudine, la familiarità del canto e del racconto densissimi in versi e componimenti di limitata lunghezza, eppure solidi e convincenti. La ricerca, l’evocazione di “qualcosa forse perduto o forse sperperato” è contrassegnata, in Rióne Munnu, da una nostalgia diffusa, eppure sempre circoscritta e “temperata”, tenuta a freno dall’educazione della voce lirica alla sintesi e alla rastremazione.

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L’AUTORE                               

MARIA LANCIOTTI, nata a Roma nel 1942, vive a Velletri (RM). Ha pubblicato numerosi libri in prosa e poesia. Giornalista pubblicista, collabora con alcune testate trattando tematiche sociali e di attualità, con particolare riguardo per l’ambiente.
Da qualche anno si è appassionata al dialetto della sua terra d’origine, Subiaco (RM), con notevoli risultati: nel 2016 ha vinto il Premio ‘Vincenzo Scarpellino’ per poesie inedite nei dialetti del Lazio e nel 2017 è stata finalista al Premio ‘Ischitella-Pietro Giannone’ con il poemetto "Rióne Munnu (Borgata Mondo)".
Tra le sue più recenti pubblicazioni ricordiamo: E dirti ancora, Ibiskos Editrice, 2012; Giraceo (Capogiro), Edizioni Cofine, 2013 (prima raccolta poetica in vernacolo); Se tu mi chiedessi, UniversItalia, 2013. Per Edizioni Controluce: Caligola riflesso, 2013 (libretto d’opera musicato dal M° compositore neozelandese David Griffiths); Storia di un cantastorie – Daniele Mutino una fisarmonica itinerante, 2014; Il Villaggio di Gennaro, 2016.

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NEL LIBRO                              

Da Staggiúni / Stagioni

La cassa s’ha ótàta,

nẕinente ji tarli hau finitu 

’e rósicane. 

Potarìa esse bbona
pe
gliu fóco,
ma tante léna
stau aggià a fracicasse 

a lla legnara.

La cassa s’è svuotata, / pure i tarli hanno smesso / di rosicchiare. / Potrebbe servire / per il fuoco, / ma tanta legna / sta già marcendo / nella legnaia.

Arià nu jornu nu furistéru
che èa scrima scrima.
S’assettà e magnane co niari
chello che tenèmmo.
Ce strénze nẕunu co lle parole
e gliu cantu a lla stésa,
co gliu scuardu
ntrasognatu
de perecrinu curiùsu.
Pioèa.
Tu attizzji ju focu
sbracènno faville.

Bufi voléenu
turciúni
réntro a gli occhji téi
nfussi.

Arrivò un giorno un forestiero / che andava per le colline. / Sedette e mangiò con noi / quello che avevamo. / Ci tenne uniti con le parole / e il canto a distesa, / con lo sguardo / incantato / di viaggiatore curioso. / Pioveva. / Tu ravvivavi il fuoco / sollevando scintille. // Gufi volavano / torcendosi / nei tuoi occhi / umidi.

Da Rióne Munnu / Borgata Mondo

Non ce sse oléa crée,
cuandu se nne parléa.
Sdeloncati passuni
e antiche jastéme,
ci sarimo magnatu
tutti
lo stesso pà
e osservatu
nu suju commannamentu:
ólesse bbe’.

Ju sogno de Giasucristu.

Non ci si credeva, / quando se ne parlava. / Abbattuti steccati / e divisioni ancestrali, / avremmo mangiato / tutti / lo stesso pane / e osservato / la sola Legge che conta: / amare. // Il sogno di Cristo.

Da Canẕone / Canto

Vajo cerchènno
caccosa
c’aglio perso
oppuramente sprecatu.
Ma no lle so ficcate
’n saccoccia
le lacreme ch’aglio
piantu.
Le cerco dapettuttu
pe fa rescì puro l’àre
e allentàne
j’anginu ’e gliu core.

Vado cercando / qualcosa / che ho perduto / o forse sperperato. / Ma non le ho messe / in tasca / le lacrime che ho / pianto. / Le cerco ovunque / per richiamarne altre / e allentare / l’artiglio del cuore.