79. Olevano Romano

OLEVANO ROMANO ( 571 m slm – 6.907 ab., detti olevanesi – 26,12 Kmq), sorge su di una rocca dei monti Prenestini, in prossimità della gola del Sacco.

1. I vocabolari e le grammatiche

 
A Fabrizio Lanciotti si deve Il vocabolario del dialetto olevanese che al suo interno contiene anche annotazioni grammaticali (es. la declinazione dei verbi, ecc.).
Tra i vocaboli selezioniamo: abbetènte (strumento con manico di legno e due denti in ferro o acciaio. Viene usato spesso per gli scavi di fondamenta su terreni duri), acciòmo (ridurre in pezzi), aggrocàta (uva ammalata), agnettichito (sciupato, dimagrito in modo esagerato, sin. annecciato), appelìmmene (turacciolo), appenzutà (fare la punta, alla matita o alle canne da usare per riformare i filari), arìglio (grillo), arquério (arcobaleno), aschie (niente, modo di rispondere: cosa ti ha dato? aschie), a stocco (uva o altro prodotto venduto quando è ancora sulla pianta), azza pè (si dice ai muli per fargli alzare la zampa), a zic’atro (fra un po’), barbacchie (le radici superficiali della vite che vengono tolte durante la zappatura), bardasso, bardassitto (bambino, bambinetto), beunzo scaricatore (bigonzo con fondo mobile usato per trasportare terra, sabbia, ecc. ed è possibile svuotarlo dal fondo senza scaricarlo dai muli), cacciaócchi (libellula), cacciuno (cane piuttosto piccolo), caronàro (scavo, effettuato a mano per dissodare un terreno mai coltivato o lasciato incolto per qualche tempo per ridurlo in coltura o, se già produttivo, per accrescerne i proventi), cattaóne (burrone), cazzòla (nastro che si legava alla zampa della gallina come segnale di riconoscimento), cestrìno (cestino di vimini con coperchio usato per trasportare piccole quantità di frutta o verdura dalla campagna), colemaréccio (punto più alto del tetto, formato da una linea di tegole che segnano la congiunzione di due o più lati), commanno (favore, cortesia, es. fammi un commanno), domanecétto (domani mattina presto), emmeto (alto muro fatto di sassi, messi ordinatamente l’uno sopra l’altro, senza calce, o di sola terra in un appezzamento di terreno a terrazze), fèca (solletico), felìme (fuliggine), fóri (terreno, campagna; vajo fóri, vado in campagna), fugno (fungo; funghi commestibili: fagno: porcino; famigliola: chiodino; lengua: lingua di bue, cresce sui tronchi a forma di lingua; ghiuppo o juppo: brisa rossa, porcinello rosso; ruella: di colori vari è frequente a gruppi nei boschi di latifoglie; vallozzo: galletto, gallinaccio o capo gallo, ricorda la cresta del gallo; veloccia: ovulo bianco. Tra i non commestibili: ferraro: boleto satana; manicciola: manina gialla); furùni (alla svelta, velocemente), iatto (gatto), immélla (manciata), inzita (castagna non pregiata che si sbuccia con facilità; contrariamente viene definita tartara), iva (sia l’albero di olivo che il frutto), lancèstra (lucertola), lèstra (pagliericcio, strato di paglia o fieno posto in terra, da usare come pagliericcio, giaciglio, nido di conigli preparato per l’arrivo dei piccoli. Vien detto così anche il letto su cui si è dormito senza mai rifarlo), lucicappèlla (lucciola), madonnelle (fiori dell’olmo), manócchio (fascetto di tralci tagliati dalla vite durante la potatura. Viene usato per accendere con facilità il fuoco), mattignaccia (a casaccio, dare qualcosa come capita, improvvisare), mazzólo (budella di maiale essiccate e condite con sale e pepe), ’ndruculùni (camminare a stento, a fatica, vacillare), nòttia (pipistrello), ’nzingà (indicare, mostrare la strada), osso pizzéglio (osso della caviglia, malleolo), otta (rospo), owe (bue), owo (uovo), pento pento (appena in tempo), piantiaro (porzione di terreno adeguatamente preparata con sterco o concime per porvi le sementi perché vi germoglino), pinnicallózzo (ghiacciolo, crosta di ghiaccio negli stillicidi di grondaie, fontane, ecc. a forma di stalattite), porcellitto di S. Antonio (coccinella), presmarina (rosmarino), randrocchése (granturco), ranicci (acqua congelata che cade dalle nuvole temporalesche a forma di chicchi di grandine), rappaio (grappolo d’uva), régheno (origano), reseco o cornetto (parte del tralcio della vite a due gemme (occhi) che viene lasciato durante la potatura affinché formi i tralci per l’anno successivo), ródio (persona grassa, che si muove con difficoltà), ruspo (libera raccolta delle olive, o altro, cadute in terra ed ivi rimaste dopo la raccolta), scàppele (camminare senza alcun peso, a mani vuote), sciucco (vestito, abito lungo), sciufiarella (scivolo, scivolarella; grossa roccia liscia, di solito presso fiumi e ruscelli), spampenà (togliere le foglie superflue che coprono l’uva prima di iniziare la vendemmia), stramba (foglie delle canne raccolte durante l’estate, essiccate al sole vengono usate per legare i tralci della vite), strillózzo (colui che estrae i numeri nel gioco della tombola), stroccià (mangiare prima del pranzo un tozzo di pane: troccio), técchie (piccole farfalle, tarli che si generano nei legumi secchi), temènzia (memoria, dimenticanza, far tornare alla mente), tòcca (zolla), trescarola (grosso tino quadrato, con doghe nel fondo a distanza di circa 1 cm una dall’altra, usato per pigiare pestando con i piedi le uve), tubacci (ferraglia, vecchie pentole, padelle, barattoli legati assieme. Era usanza che, la sera precedente l’Epifania, gruppi di ragazzi trascinavano per le vie del paese questi tubacci e vi picchiavano sopra con dei bastoni provocando un rumore assordante per ricordare alla Befana di iniziare il giro delle case e riempire le calze appese ai camini), tutto frutto (clausola che permette l’utilizzazione di un fondo con ogni sua possibilità produttiva), vecennare (le donne clienti del forno o le vicine di casa), veligna (vendemmia), vignano (atrio, luogo circoscritto, coperto, davanti la porta di casa), wàlleri (castagne cotte in acqua e sale), willivio (ombelico), zomparéglio (cavalletta).
 
2. I proverbi e i modi di dire
 
Rossi, Anna Maria, Jamicenne furuni furuni. Proverbi, modi di dire e filastrocche del dialetto olevanese
Da Lanciotti: I pe’ téttera (tergiversare, non avere validi argomenti, evitare); Le pecore contate se ’lle magna jo lupo; Jo frate vergognoso se’nne va co glio sacco vòto; Pera peruzza, chi l’ha fatta sente la puzza; Jasino dalla montagna, porta l’erba e se lla remagna; Chi dell’acqua ne fa spreco, pure la casa ne va arrèto.
 
3. I toponimi e i soprannomi
 

Un solo toponimo da Lanciotti: Acqua calla.
Un componimento di Andreina Milana è dedicato ai soprannomi olevanesi, a partire da quello della sua “casata”, Scarpafibbia, e per rimanere al suo cognome, per evitare confusioni (scopo primario dei soprannomi, appunto) ci sono poi i Milana de Lattanzio, dell’Inglesina e dei Bellezza. Altri soprannomi scelti in una lista davvero ragguardevole: Scannavento, Peppecelitto, Rinale, Streppacordini, Cacciaocchi, Chiavone, Ammazzapucini, Pistammerda, Zannone, Labberone, Caposaraca, Fammelume, Pelasorche, Pocacena, Pacchietta, Passaguai, Cacciabudella, , Stracciamerluzzo, Cellomatto, Centocurie, Scannavento.
In Milana, Andreina, Le mie radici sono presenti quasi tutti i toponimi di Olevano.
 
4. Canti – filastrocche-indovinelli – giochi- gastronomia- feste&sagre-altro
 
 4.1 Canti
 
4.2 Filastrocche, indovinelli, invocazioni, scongiuri
 
Tra le filastrocche ne segnaliamo da Lanciotti:
La prima accompagna il gioco con la palla Ciro Cironte: Ciro cironte / la palla sotto il ponte (viene fatta passare sotto la gamba) / si salta (si effettua un saltello) / si balla (un altro saltello) / si gioca la palla / si stà sull’attenti (portando le mani lungo i fianchi) / senza fare complimenti / si dice buongiorno (si porta la mano alla fronte e come per un saluto) / mi giro intorno (gira su se stesso) / mi giro e mi rigiro (gira nuovamente) / la testa mi gira / più non ne posso / palla pallina / cadi nel pozzo (battendo le mani due volte).
La seconda il gioco Scriccapapa: Fiocca, Fiocca la biancolina / ’nci stà pane né farina / ’nci sta rano da macinà / fiocca, fiocca se vò fiocca // Piove, piovècceca / la luna s’appiccica / s’appiccica aglio muro / alla jatta i ’ngènne jo cuio // Resci resci corna / mammetta è madonna / patreto è signore / resci resci ciammottone.
Sulle tradizioni locali il libro dell’Andreina Milani è una piccola enciclopedia. Filastrocche sono presenti in Rossi, Anna Maria, Jamicenne furuni furuni. Proverbi, modi di dire e filastrocche del dialetto olevanese
 
4.3 I giochi
 

In appendice al suo Vocabolario, Lanciotti figura un elenco di giochi di una volta con un loro sintetica illustrazione: Si tratta di: Barattolo, Battimuro, Alle belle statuine, Biglie, Bucetta, Sott’Occhio, Buzzico e Buzzico Rampichino, Ciro Cironte, Le Cocuzze, Lizza, Padre Gilormo, Pinè Pinè, Pane abbruciato, Padella, Pignate, Preché, Quattro cantuni, Ruzzica, Scarica Barili, Scroccapapa.
 
4.4 la gastronomia
 

(Da Lanciotti) Ciammèlle de magro: ciambelle. Dolce caratteristico olevanese. Ingredienti: zucchero, olio, vino bianco, anice, buccia di limone grattugiata, rosso d’uovo battuto per ungere. Frittéglio: impasto di farina cotto in padella con olio. Ingredienti: fiori di zucca e acciughe, cavolfiore o borragine. Gnoccacci: tipo di pasta fatta in casa, con farina, poche uova e acqua. Spesso vengono mangiate direttamente sulla spianatora anziché nel piatto.
Pampapato: dolce caratteristico di Natale. Ingredienti: noci, nocciole, farina, mosto cotto, uva passa, pepe.
Pizza recresciuta: dolce pasquale. Ingredienti: uova, zucchero, vino bianco, olio di oliva, buccia di limone, anice, lievito naturale.
 
5. I testi in prosa: il teatro, i racconti
 

Il Centro Anziani di Olevano Romano, L’Associazione S.C.A. Teatro “I Dialettali” di Bellegra. Venerdì 4 Giugno 2010 al “Teatro Istituto Liceale” hanno presentato il gruppo teatrale intercomunale “I Dialettali” in
“C’era ’na volta don Umberto”, Commedia brillante in tre atti scritta da Camillo Ceci
Paolo de Ciccio, presidente della Pro Loco  è stato in gioventù organizzatore di una filodrammatica parrocchiale e autore di opuscoli vari su: “Mercati e fiere”, “I pittori a Olevano”, “La Serpentara”, “Il vino cesanese”, “Casa Baldi” e di opere e soggetti teatrali in vernacolo. È morto nel 1993.
 
6. I testi di poesia
 

Il libro Le mie radici di Andreina Milana contiene numerose componimenti poetici in olevanese e in lingua che ruotano attorno alla vera grande passione dell’autrice: il suo paese. Non a caso il libro si apre con un testo “Paese me!” in cui la Milana si scioglie in un inno d’amore filiale: Tutto de ti me piace e prima la “tore”, / le colline daglio sole sempre baciate, / gli uliveti e le longhe filara allineate, / mentre jo sole tramonta e se ne more (…) comme ’na maggia, ecco m’appari tu: / l’anima se carma, m’addormo, m’arelasso. // La mmatina se m’aresbiglio de bonora, / me pari ’na cartolina che me ’ncanta / mentre jo celo d’azzurro tutto t’ammanta / e gni bellezza de ’na luce rosa te colora. // Je pe ti so’ ’na figlia affezionata, / tu si la madre tera che m’ha visto nasce, / me si aiutata a cresce quando ero ’n fasce / mo so’ anziana: so’ nonna e pensionata!. Sono dedicate al suo rione “Jo Sormaneto” molti componimenti, tra cui “Le femmene deglio Sormaneto” e “Le sormanetare” (un commosso ricordo, nome per nome delle donne della sua infanzia che tenevano quaccosa de speciale) e “P’areccontà jo Sormaneto…” (di cui ricorda nome per nome, le persone che ci abbitevano e hao lassato iecchi la storia). Non manca naturalmente il ricordo dei suoi cari, dai nonni Icilio e Natalina, a nonna Luisa, al padre, a un “amore” di tanto tempo fa (Dice lui: No’ m’arecunusci? ’Na vota je te jeva appresso! (…) So’ quarant’anni che ’n te vedeva, che t’ha successo?) incontrato per caso per le vie di Olevano, dopo quarant’anni, entrambi contenti d’essici arevisti e da nonni aretrovati.
Nella seconda parte del libro la Milana ci offre una serie di quadretti di vita tra ieri e oggi, in cui ripercorre episodi olevanesi dagli anni quaranta (“Le ragazze degli anni’ 40”) agli anni sessanta: “I favolosi anni ’60”), scorrendo i titoli dei componimenti si ricompone un mosaico di ricordi: “Il vino e il facchino”, “La fraschetta”, “Come si conservavano le ‘crasce’” (Le povere provviste di casa erano conservate sotto le reti, nella camera da letto, oppure alle travi del soffitto s’appendevano le cipolle insieme ai ‘pinnii’ d’uva e, dei pomodori, le rosse belle corolle) “Era solo un pagliericcio”, “La neve del ’56”, “Quando se jeva pe’ ruspo” (’N tempo de bisogno, de vera povertà, / quando era sempre troppo poco lo magnà (…) p’aremeddià zic’oglio, a fine staggione / se jeva pe’ ruspo alla tera deglio padrone. / Così, ’n mezzo all’erba e aglio fanganaccio, / s’areccolleva che poche ive jo poveraccio), “L’ara”, “L’agenzia di baliatico” (quando una mamma perdeva il figlio, spesso capitava, / un altro bimbo, preso a baliatico, con il suo latte allevava), “La sveglia alla befana”, “Era carnevale per tutti”, “Le colonie estive”, “Jo campo sportivo”, “Tra i cacciatori di una volta”, “Jo cesso” (Mo, a gni casa, armeno du bagni ci teo da sta, / chigli dell’età me, deglio cesso ’nse poto scordà. / Un tempo rentro alle casi, ci steva solo jo cesso. / Spesso, però, se troveva dafori aglio balcone, certe vote, pe’ cesso, ci steva solo ’n bucione). Nella terza parte “Artigianato e non solo” la Milana offre una galleria di ritratti di personaggi: “Marietta, nonna d’atri tempi” (Jo sciucco longo e glio zinale, / jo corsè, jo camicione e ’na scialletta / capigli bianchi acciuffati, sempre uguale, / la schina curva: chesta era Marietta, che vicino aglio foco, che storie arecconteva! / Teneva ’na voce dorge, che ficeva ’ncantà; / mell’arecordo, ancora, attenta l’ascoteva, / pe’ chesto, doppo anni, la stongo a repensà), “Cesare jo carzolaro” (l’ultimo rimasto tra i tanti di un tempo in cui la figura del calzolaio era molto presente), “Alfredo e Peppe, i molenari” , Carlo Fei, il maniscalco”, “Guido, lo stagnaro”, “Stradivario, una vita per la musica”, “Quintino Carletti, storiografo” (autore di un libro sulla storia di Olevano Romano), “Vincenzo Aceto, personaggio amato”, Gianni Quaresima, l’artista del ferro”, “Fernanda, la materassaia”, “Paolo de Ciccio, presidente della Pro Loco” (organizzatore in gioventù di una filodrammatica parrocchiale e autore di opuscoli vari su: “Mercati e fiere”, “I pittori a Olevano”, “La Serpentara”, “Il vino cesanese”, Casa Baldi” e di opere e soggetti teatrali in vernacolo. È morto nel 1993).
La quarta parte del libro è dedicata alle “Feste, devozioni e chiese parrocchiali del popolo olevanese”.
 
Angelo Nardecchia è autore di Spirale di incontri, Edizioni Ars Graphica, 1987, un libro di poesie in dialetto romanesco di un nativo di Olevano Romano. Dello stesso autore si possono leggere, in appendice a Il vocabolario del dialetto olevanese di F. Lanciotti, tre poesie in dialetto di Olevano di Angelo Nardecchia: “Beglio paese mejo mett’arempiagno” , “Quando la trippa me s’appiccicheva alla schina”, ‘’’N poro crapareglio che ’mm’ameva”. I componimenti sono formati da una serie di tre quartine rimate, in un dialetto ricco di termini agro-pastorali, in parte non più in uso. Molto significativa la seconda in cui si ricorda la vita agra della povera gente del paese: M’aremmèndo la mmatina a glio livaro, / che cià ’trippèmo, co le madonnélle; /e puro le crespigne qua piantiàro / paréva sdijunà, co lle ciammelle. // Pé beve, la fontana delle mule!… / A ddo le conche steven’ammucchiate, / co tante poveracce senza lume / paura da sciufià, co lle gelate.  Molto sentito e riconoscente il ricordo di un povero caprarello che ha saziato la sua grande con un misurino di latte: ’Gni vòta c’arivédo gliò Picocco, / mi ccià recórda ’n torno lo passato: / ci steva ’n craparèglio poro ’Gnocco / co chella mesurèlla, m’attrippato. // Sapéva, cà ’n portéva mmà’mmajòco; / ma isso me chiaméva da lontano / dicènnome chiomé so’ Carlo ’Gnocco, / vett’agnottì ’sto latte, piano piano. // Se quando che mme môro t’arecordi, / quà patrennòstro, sopr’acchiglio letto: / ma jè che te conoscio ’n tè nne scordi / te voglio dì, che singhi benedétto.
 
 
Antologia
 
Cenni biobibliografici
 

Camillo Ceci è autore della commedia brillante in tre atti “C’era na’ volta don Umberto” rappresentata ad Olevano il 4 giugno 2010.
Paolo de Ciccio, presidente della Pro Loco, è stato organizzatore in gioventù di una filodrammatica parrocchiale e autore degli opuscoli: Mercati e fiere, I pittori a Olevano, La Serpentara, Il vino cesanese, Casa Baldi e di opere e soggetti teatrali in vernacolo. È morto nel 1993.
Fabrizio Lanciotti è autore de Il vocabolario del dialetto olevanese.
Andreina Milana, nata a Olevano Romano, è autrice del libro Le mie radici.
Angelo Nardecchia, nativo di Olevano R., è autore del libro di poesie in dialetto romanesco Spirale di incontri (Edizioni Ars Graphica, 1987). Tre sue poesie in dialetto locale si possono leggere in appendice a Il vocabolario del dialetto olevanese di Fabrizio Lanciotti.
Anna Maria Rossi è autrice del libro Jamicenne furuni furuni. Proverbi, modi di dire e filastrocche del dialetto olevanese.
 
Bibliografia
Lanciotti, Fabrizio, Il vocabolario del dialetto olevanese, Subiaco, Angelo Mari, 1988
Milana, Andreina, Le mie radici (Ricordi di Olevano Romano, stampato in proprio
Rossi, Anna Maria, Jamicenne furuni furuni. Proverbi, modi di dire e filastrocche del dialetto olevanese
S. l., Edibiblio, 1994, presentazione di Guido Milana; prefazione di Guglielmina Ranaldi
Nardecchia, Angelo, Spirale di incontri, Edizioni Ars Graphica, 1987
 
webgrafia
 
ultimo aggiornamento 19-11-2011