“Vermiglia goccia” di Maddalena Pezzotti

Recensione e scelta di poesie di Maurizio Rossi

 

Ho mendicato/ per questa terra/ acqua e sale,/ saccheggiato/ le vie del cuore,/ ceduto al sonno/ fra braccia sconosciute./ Ho vissuto come un cacciatore,/ delle ere ho conosciuto/ solo il ferro.”

Scorro fra nomi/ a cui appartengo,/ a frammenti ricordo,/ le parole,/ le storie ritrovando/ a metà strada.”

Viaggiatrice per professione, viaggiatrice per scelta: emerge dalla sua poesia una sensibilità e una lettura intima non comuni. Mendicato…ceduto…vissuto…conosciuto, sono quattro verbi che descrivono il “viaggio” esistenziale e poetico, dove il saccheggio indica una ricerca insaziabile d’amore e la conoscenza della sola “era del ferro” sembra indicare da un lato i conflitti che agitano ogni parte del mondo, dall’altro un’ essenzialità di pensiero e di vita.

Ci sono moti che/ scalano, scovano/ ingegnosi, spostano/ avveduti carichi/ scomposti” L’Autrice legge e racconta la complessità, non come condizione data, dentro e fuori di sé, bensì come un incessante comporre e scomporre, tramite le pulsioni e i pensieri, “carichi avveduti”, cioè opportuni, ponderati. Non si può equivocare sulla poesia della Pezzotti: tutt’altro che un “sistema” filosofico o umanistico è posta al confine tra veglia e sogno, realtà e finzione, senza però scadere in un inganno. Ferraglia e ferro tornano più volte, come pure le proprie radici ripresentate e rappresentate dalla madre e dalle madri, in un continuum vitale interrotto di necessità, certo, ma per una ragione eternamente sconosciuta di taglio e di sutura.

Nella silloge, lampi di versi “Sono andata, sono venuta,/ sono tornata, mi sono perduta.” si alternano a composizioni più distese, a racconti di sogni che adombrano sequenze fotografiche, talvolta in ritmi incalzanti da cinepresa, dietro la quale sta la Poetessa. Non mancano le preghiere, itinerario in cui l’Autrice si affida alla Divinità-Madre, invocata in nomi e figure: dall’unzione sacrale del corpo – prima coscienza di sé – custodito come dono prezioso e dimora e tempio del divino; a sacerdotessa- strumento e testimone del sovrannaturale; all’ abbandono estatico, quasi amplesso; a consegna totale di sé, perché il cuore sia infine svuotato di peso e di ogni zavorra e divenga piuma, che può sollevarsi e volare oltre il velo e oltre il tempo di una parola.

La poesia della Pezzotti emerge da un ricco mondo interiore, di solitudine e di incontri, e si misura con i classici e con le altre culture; la sua costruzione non è artificio, il linguaggio tutt’altro che pedante. Non di immediata lettura, ma neppure arcana: nella serie “Officina” in cui raccoglie quattro liriche, l’Autrice ripercorre il viaggio suggestivo, il “farsi” della sua poesia, dalla carta ritagliata, ai fogli sparsi, al taccuino; dall’inchiostro della penna, ai caratteri, le parole, le linee inclinate al basso – quanto significato! – e poi riprese; alla voce che legge, alternata allo sguardo d’attorno. Infine il silenzio, dentro lo spazio percorso dal ciclo lunare – realtà e simbolo potente – laddove coesistono il presente, il verso passato e il futuro cercato e invocato.

Maddalena Pezzotti “Vermiglia goccia” Manni Editori, S. Cesario (Le), 2023

Sarò donna che prende

un treno, scende le scale

assente, aspetta a un semaforo,

riflette su un biglietto, fruga

fra la moneta e paga

un’altra corsa, non riconosce

la stazione, solleva un peso

sopra la testa, non può perdere

la coincidenza, torna sui passi e

sui luoghi, compare da dietro una tenda,

tiene stretto in mano un dolore.

 

 

 

Mille anni e un giorno tanto tempo è passato

la testa da un lato reclina.

La terra percorsa

da eserciti al galoppo,

il sangue disperso,

civiltà cadute, in rovina.

Stanco il cuore

che ha visto foreste

appassire e asciugarsi

antichi fiumi,

vegliato bozzoli e gusci

mai dischiusi nelle ore

immobili delle ere.

Solo riaccomodo la testa,

e ancora c’è un giorno

che deve finire.

 

 

 

Mi ha insegnato

mia madre le parole

magici eventi e misteriosi,

scandendone il suono

lo spazio riempiendo

di meraviglia.

 

 

 

Officina 4

I. Di nuovo poliformi le strisce/ e i coriandoli,/ sparsi tarocchi, scruto per ore. //II. Lo sguardo vaga in pochi centimetri /ossessivi di legno, sofà, trapunta fiorita. //III. Qualcosa che cerco, che non ricordo /non conosco, non trovo. //IV. Di repente vedo io e paziente raccolgo /e ancora interrogo e attendo, /e lascio che legga la voce quante /le volte necessarie. //V. Riconosco a strappi, nella distanza /il presente /nel verso passato del futuro postulando. //VI. E resto qui dove non c’è rumore, i/l vento tace, la luna compie il suo ciclo.//

 

Maddalena Pezzotti è nata a Gazzaniga, nel Bergamasco. Dopo la maturità classica, si è laureata con lode in materie umanistiche presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, con una tesi su temi relativi alla costruzione dell’identità nazionale nei conflitti coloniali.  Esperta internazionale delle Nazioni Unite in inclusione sociale, diversità culturale, equità e sviluppo, negli ultimi vent’anni ha vissuto in quattro continenti. E’ autrice di due libri, manuali e numerosi articoli, pubblicati dalle Nazioni Unite. Ha impartito conferenze, e lezioni accademiche, in venti paesi su migrazioni, protezione dei rifugiati, parità di genere, questioni etniche, diritti umani, pace, sviluppo, cooperazione, e buon governo. Ha prodotto documentari di contenuto sociale presentati a festival europei. È senior fellow in Teoria e politica della conoscenza presso l’Università nazionale interculturale dell’Amazzonia in Perù e membro del comitato scientifico della Fondazione Einaudi. Nelle sue molteplici attività ha conseguito svariati significativi risultati nell’ambito della promozione umana. Collabora con testate giornalistiche su affari esteri.

22/6/2023