Nel periodo estivo sono solito fare pulizia nel mio computer. Un esercizio, al tempo stesso, noioso e talvolta sorprendente.
Infatti mentre riguardavo la cartella dedicata al compianto amico professor Giuseppe Gaetano Castorina, sono rimasto sorpreso dalla lettura di questo file, titolo: “Berenice1”, che contiene cose per me sorprendenti e comunque degne da essere ricordate.
Non avendo altre notizie sull’autore di questo testo, lo firmerò “Berenice1”, sperando che l’autore – sospetto un assistente del prof. Castorina, si faccia vivo per rivendicarne la paternità.
Anche questo è un modo con cui amo ricordare grandi personalità, con i quali, fortunatamente ho potuto collaborare, nell’ambito del Premio Ischitella-Pietro Giannone (di cui egli è stato autorevole membro della prestigiosa Giuria). E insieme a lui. come non ricordare la sua amata inseparabile compagna Manuela Cipri.
Ed ecco il testo riscoperto. (vl)
[And to teach by his own example,
love and reverence to all things that
God made and loveth].
(S.T.Coleridge ,rime of the ancient mariner, v.v. 605-610)
Ho davanti a me il numero speciale di List scritto dal prof. Giuseppe Gaetano Castorina, Presidente dell’Associazione Eurolinguistica-sud, spentosi il 27 luglio 2013, e mi vengono in mente alcuni toccanti versi di Birago Diop:
Coloro che sono morti non sono mai partiti
Essi sono qui nell’ombra che si dirada
e nell’ombra che si ispessisce.
I morti non sono sottoterra
essi sono nell’albero che stormisce,
nel bosco che geme
essi sono nell’acqua che scorre,
sono nell’acqua che dorme.
essi sono nella capanna essi sono nella folla,
i morti non sono morti.
(da Souffles – 1947)
Fine linguista, allievo di Gabriele Baldini, Elio Chinol, Giorgio Melchiori e assistente di Vittorio Gabrieli, definiti da lui come “Mentori e interpreti dell’espressività dell’inglese”. La loro presenza nella vita di Giuseppe Gaetano Castorina è stata tanto importante da ricordarli in ogni suo libro.
Maestro di “vita” e di conoscenza, capace di condividere i suoi saperi con gli altri è stato ricordato da molti come un inguaribile giocatore di parole e un dispensatore di gioia e di serenità.
Egli ci ha lasciato il patrimonio del suo insegnamento con la generosità di un uomo rinascimentale e, in particolare, il suo lascito più prezioso, la concezione delle lingue considerate come un formidabile ponte, per unire e non dividere i popoli. Il suo impegno, per la necessità di un registro internazionale da applicare a tutte le lingue e l’idea di una comunicazione più vicina e più utile ai cittadini europei. Ai suoi studenti consigliava di non concentrarsi troppo sulla grammatica per imparare una lingua, ma sul lessico e sui processi di formazione di parole, comprendere la ricchezza e l’espressività del linguaggio figurato, ciò significava per lui saper comunicare.
Grande stimatore di Roman Jacobson, che aveva più volte incontrato negli Stati Uniti, di David Crystal con il quale si era confrontato all’Università di Verona, e di Eugene Nida, che aveva organizzato con lui all’Università La Sapienza un memorabile convegno sulla traduzione della Bibbia. Nida veniva spesso ricordato durante le sue lezioni per aver dato un grande insegnamento a molti traduttori, sostenendo l’importanza del rythm nella traduzione.
Parlando di lingue egli le ha sempre considerate tutte uguali, comprese quelle definite minori e che lui identificava come lingue locali, grande patrimonio da valorizzare, soprattutto per le radici e le espressività foniche.
Vincenzo Luciani sottolinea il suo impegno profuso nei dieci anni nella Giuria del Premio Ischitella-Pietro Giannone insieme ad Achille Serrao, Cosma Siani, Rino Caputo, Dante Della Terza, teso all’affermazione della poesia nei dialetti d’Italia. Sottolineando il suo costante sostegno al Centro di documentazione della poesia dialettale italiana Vincenzo Scarpellino e all’opera più complessiva tesa alla salvaguardia delle lingue locali. Una iniziativa non vista come chiusura campanilistica, ma come ampia apertura al confronto con le lingue del mondo.
Egli è stato per molti anni Decano degli anglisti italiani contemporanei e un europeista convinto; essere italiano era per lui limitante, amava definirsi europeo, perché sosteneva che solo con l’Europa la ricerca avrebbe potuto svilupparsi; questa è stata la spinta che lo ha portato a costituire l’Associazione Eurolinguistica-sud, insieme a diverse università europee, come la Universidad de Murcia, la Universitè Lille 3, la Universitatea Babeş-Bolyai Cluj-Napoca, la Universidade de Lisboa e la Universität Mannheim.
Coordinatore d’importanti progetti di ricerca e autore di numerose pubblicazioni scientifiche di livello internazionale, come Note di poetica inglese e la ricerca sul Petrarchismo nella poesia inglese, che lo portarono a essere chiamato alla Cambridge University come esperto del sonetto in Europa.
Riviste tra le quali Englishes – Literary, Linguistic and Intercultural Encounters, Quaderni – del Premio Acerbi e List – Quaderni di studi linguistici, mettono in evidenza l’importanza della ricerca linguistica per facilitare la conoscenza e la comunicazione tra i popoli.
Con i suoi libri, negli ultimi trent’anni, si sono formati migliaia di studenti da Cosenza, all’Aquila, a Roma. È stato l’istitutore di diversi Centri Linguistici e Presidente di diverse Scuole Superiori per Traduttori e Interpreti; promotore di Premi Letterari come il Premio Giuseppe Acerbi di Castel Goffredo, il Premio Letteratura dal Fronte di Cassino, Premio Pietro Giannone di Ischitella; componente di diverse giurie come il Gran Premio per il Doppiaggio del quale condivideva lo spirito e lo sforzo che molti traduttori e adattatori devono affrontare per poter confezionare un prodotto televisivo -letterario supportato da immagini. Membro della REI, la Rete di Eccellenza dell’Italiano Istituzionale e dell’Associazione Italiana di Terminologia – Ass.I.Term; vincitore di diversi progetti di ricerca europei, come OPTIMALE – Optimising Professional Translator Training in a Multilingual Europe, progetto Leonardo Da Vinci, programma d’azione comunitaria in materia di formazione professionale, sul tema Apprendere le lingue per educare alla cooperazione (ALPEC) che gli ha consentito di ottenere il riconoscimento da parte della Commissione Europea, con la consegna del Label Europeo per la formazione linguistica nell’anno 2005 e successivamente riottenuto nel 2009 con il progetto TOESP (Test of English For Specific Purposes), certificazione Europea rivolta al mondo universitario, con riferimento ai corsi di Laurea, di specializzazione e ai Master, certificando la competenza linguistica in ambito medicale, economico, giuridico, farmaceutico.
Dobbiamo a lui, quale esponente di punta della Letteratura e della Linguistica africana, la conoscenza in Italia di scrittori di Paesi anglofoni, quali il Premio Nobel Wole Soyinka, Bode Sowande e Ngũgĩ wa Thiong’o. Diverse immagini lo ritraggono insieme a Ken Saro-Wiwa, con il quale vantava una sincera amicizia. Spesso, durante le lezioni agli studenti, ricordava i suoi viaggi in giro per il mondo in compagnia di Claudio Gorlier e di Marcello Cappuzzo. Le sue doti di semplicità, di umiltà e d’impegno profuso nei suoi molteplici incarichi accademici, hanno contribuito all’internazionalizzazione nelle Università, creando un legame, un ponte con tutte le culture del mondo.
Grande è stato il suo amore per l’Africa per la quale ha organizzato incontri internazionali come quello con Yvonne Vera, giovane scrittrice dello Zimbabwe, morta dopo aver contratto, per le violenze subite, il virus dell’AIDS. Nel 2002 promosse, in ambito universitario, il Festa d’Africa Festival, giunto alla sua undicesima edizione, in collaborazione con l’attrice Daniela Giordano, ottenendo riconoscimenti di altissimo livello, nazionali e internazionali.
Membro fondatore dell’Associazione Italiana Studi Canadesi, con Giovanni Dotoli e Alfredo Rizzardi, ha contribuito a promuovere con i suoi saggi e i suoi studi la letteratura canadese, realizzando studi su importanti scrittori del Paese nord-americano, come Joe Fiorito, Penny Petrone, Nino Ricci, Anne Michaels e Margaret Atwood, per la quale aveva una grande ammirazione e tradusse una delle sue poesie più significative.
Marsh Languages
The dark soft languages are being silenced:
Mothertongue Mothertongue Mothertongue
falling one by one back into the moon
Language of marshes
language of the roots of rushes tangled
together in the ooze,
marrow cells twinning themselves
inside the warm core of the bone:
pathways of hidden light in the body fade and wink out.
The sibilants and gutturals,
the cave language, the half light
forming at the back of the throat,
the mouth’s damp velvet moulding
the lost syllable for “I” that did not mean separate,
all are becoming sounds no longer
heard because no longer spoken,
and everything that could once be said in them has
ceased to exist.
The languages of the dying suns
are themselves dying,
but even the word for this has been forgotten.
The mouth against skin, vivid and fading,
can no longer speak both cherishing and farewell.
It is now only a mouth, only skin.
There is no more longing.
Translation was never possible.
Instead there was always only
conquest, the influx
of the language of metal,
the language of either/or,
the one language that has eaten all the others.
(Margaret Atwood)
Lingue della Palude
Le arcane dolci lingue vengono zittite.
Madrelingua Madrelingua Madrelingua
Ricadono ad una ad una dentro la luna.
Lingua delle paludi,
lingua delle radici di giunchi avvinghiati
insieme nel limo,
cellule di midollo che si avviluppano
nel caldo cuore dell’osso
sentieri di luce nascosta nel corpo sfumano e si spengono.
Le sibilanti e le gutturali,
la lingua delle caverne, la mezza luce
che si forma nella gola
nel modulare la perduta sillaba per dire ‘ Io ’ che non
significa separazione,
tutte diventano suoni non più
uditi perché non più pronunciati,
e tutto ciò che una volta veniva significato da loro ha
cessato d’esistere.
Le lingue dei soli morenti
Sono anch’esse morenti,
ma anche la parola per dire questo è stata dimenticata.
La bocca sulla pelle, vivida e agonizzante,
non può più dire insieme benvenuto e addio.
È solo una bocca ora, solo pelle.
Non c’è più ardore.
La traduzione non fu mai possibile.
Invece ci fu sempre solo
conquista, l’influsso
della lingua dei nomi duri
la lingua del metallo,
la lingua del si o no ,
quella lingua che ha inghiottito tutte le altre.
Il poeta Luciani racconta di essere stato testimone privilegiato della passione che il prof. Castorina provava per i classici e in particolare per l’amato Leopardi, del quale ammirava la modernità del suo pensiero, espresso nello Zibaldone, in particolare la sua visione linguistica europeista:
… Da qualche tempo le lingue colte d’Europa hanno un buon numero di voci comuni… Non parlo poi delle voci pertinenti alle scienze, dove quasi tutta l’Europa conviene. Ma una grandissima parte di quelle parole che esprimono cose più sottili, e dirò così, più spirituali di quelle che potevano arrivare ad esprimere le lingue antiche e le nostre medesimi ne’ passati secoli; ovvero esprimono le stesse cose espresse in dette lingue, ma più sottilmente e finemente secondo il progresso e la raffinatezza delle cognizioni e della metafisica e della scienza dell’uomo in questi ultimi tempi; … grandissima parte, dico, di queste voci sono le stesse in tutte le lingue colte d’Europa, eccetto piccole modificazioni particolari, per lo più nella desinenza. Così che vengono a formare una specie di piccola lingua, o un vocabolario strettamente universale é [1214].
Il saggio, scritto per i Quaderni di List – Ritradurre le forme dell’Infinito, evidenzia l’importanza della traduzione nella poesia, come sottolineato dallo stesso Leopardi:
E ciò che più conta per il traduttore è l’ordine delle parole, il loro valore semantico in base alla posizione che hanno nella frase e nel periodo [2526].